Bergoglio: Sacerdoti in mezzo al popolo

Papa Francesco torna sulla sua convinzione che i sacerdoti debbano stare tra la gente. Un’idea che non vale solo per i preti. La lezione del coronavirus
Foto LaPresse/ Claudio Furlan

Venerdì 24 aprile, nella consueta omelia pronunciata a braccio nella messa delle 7 celebrata nella Residenza di Santa Marta, papa Francesco, a proposito della pagina evangelica della moltiplicazione dei pani e dei pesci, è tornato su un tema a lui caro: la vicinanza dei pastori al popolo loro affidato. «Gesù forma gli apostoli a questo atteggiamento pastorale di vicinanza al popolo di Dio – ha detto –. Un popolo di Dio che stanca, perché chiede sempre cose concrete». E ancora: «La struttura non fa la pastorale: è il cuore del pastore che la fa».

Ma c’è di più. Nel suo breve discorso, il papa è tornato su un tema parallelo al primo, quello della naturale tendenza di chi in un gruppo, in una chiesa o in un partito, si ritrova vicino al vertice: la tendenza elitaria. «Gesù – ha proseguito papa Francesco – amava essere con la folla, cosa che invece gli apostoli non volevano, perché a loro piaceva restare col Signore per ascoltarlo o magari per riposare». Ancora: «Gesù cercava di formare i discepoli alla vita della gente. I discepoli si sentivano privilegiati, si sentivano una certa aristocrazia, e così Gesù insegnava loro facendo dei gesti, che li portavano a stare vicini al popolo di Dio».

Certamente papa Bergoglio si rivolge in primo luogo ai pastori, o a sacerdoti e religiosi, ma il suo discorso è certamente estensibile a tutti coloro che fanno parte di una qualche élite. La tentazione di sentirsi al di sopra del popolo è vera per ogni gruppo sociale, in particolare per quelli che hanno grandi o piccole motivazioni ideali, che li dovrebbero naturalmente portare a essere sempre in mezzo al popolo e a servirlo. Spesso l’allontanamento arriva senza che ci si accorga della deriva elitista, seguendo finalità ottime nelle intenzioni, poco alla volta, pensando che svolgere un compito amministrativo o dirigenziale esimia automaticamente dall’imperativo di essere in mezzo al popolo per servirlo. Tale deriva colpisce soprattutto le curie, i cerchi magici, i circoli che diventano un direttorio, le giunte ufficiali o meno, tutti quei comitati e quelle commissioni i cui membri si sentono investiti da missioni fuori dal comune, cioè fuori dal popolo, lontani da esso anche se in suo favore.

C’è un ulteriore elemento che Bergoglio ha messo in luce: la dimensione pedagogica. «Gesù continuamente insegnava, chiedeva, faceva gesti per far crescere i discepoli, perché diventassero pastori». È compito dei pastori insegnare, certo; ma non solo dei pastori, anche dei politici, degli educatori, dei maestri di tutti i generi. La condizione è ancora una volta quella di restare in mezzo al popolo a cui si può così insegnare con credibilità. Anche in tempo di coronavirus, e forse ancora di più. Il digitale ha obbligato i maestri a far lezione, a dare i loro insegnamenti anche a distanza, escogitando tutti i mezzi per far sentire ad allievi e studenti, cioè al “popolo”, che non erano distanti da loro, ma al contrario più vicini di prima.

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