Bergoglio riceve il primo ministro del Vietnam

L’interesse di Bergoglio per le vicende dell’Estremo Oriente fa sperare in una più utile presenza della Chiesa nel continente
Papa e Nguyen

Il papa ha incontrato il 18 ottobre il primo ministro della Repubblica Socialista del Vietnam, Nguyen Tan Dung. E il17 settembre è stata diffusa la notizia di una lettera del papa inviata al presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, con l’invito a recarsi in Vaticano «per dialogare sulla pace, per contribuire così alla presa di decisioni in modo multipolare, per garantire un superiore grado di governance al servizio di una società planetaria più fraterna e con maggiore equità sociale».

Papa Francesco non sta fermo e con lui tutta la diplomazia vaticana lavora e si muove efficacemente; c’è un’attenzione particolarmente attiva verso l’Asia, che ospita il 60 per cento della popolazione mondiale; una regione del mondo fiorente in fatto di business, di sviluppo, di grandi progetti ed investimenti, d’innovazioni tecnologiche e un grande bacino che produce tutto per tutti nel mondo. Guardare all’Asia significa guardare al futuro del mondo.

Al papa certo non fanno gola i numeri e le cifre statistiche che interessano gli economisti, quanto invece le persone in carne e ossa e il fatto che in Asia poco ancora si conosca l’annuncio cristiano. Un continente che però ha un interesse religioso sempre più forte: sono migliaia i siti cristiani o pseudo cristiani nella Cina comunista (come spesso viene definita) e le parole più ricercate nel web cinese riguardano la religione.

Perciò,chiamare il presidente della Cina in Vaticano e incontrare il premier vietnamita sono due gesti di un’eccezionale importanza. Non si può sperare in una pace dell’umanità senza l’apporto della Cina: questo è chiaro, ma come coinvolgerla, quando i media occidentali la mostrano come un dragone, pronto ad attaccare?

Si sa che Bergoglio desidera una partecipazione attiva della Cina in Medio Oriente, la regione con più conflitti al momento. Questo avvicinamento con il Vietnam è sicuramente un passo importante, preparato con cura certosina da circa 20 anni, un sogno che arriverà al suo coronamento. Un avvicinamento difficile e non indolore: la Chiesa cattolica vietnamita per anni ha subìto la tentazione della spaccatura tra una Chiesa patriottica e una Chiesa clandestina. Un progetto che in definitiva non è mai andato in porto, per il fervore apostolico di molti prelati vietnamiti, non ultimo il card. Nguyen Van Thuan, sempre più in “odore di santità”.

Dal 1984 ho seguito le vicende di questo Paese che mi ha anche ospitato per cinque anni: lotte, imprigionamenti, tradimenti, rilasci, confische dei beni, resistenza, ammirazione e paura verso la Chiesa. La Chiesa vietnamita ha passato tante prove, ma ora viene fuori da anni bui rinvigorita, fiorente e con una determinazione verso il futuro che costituiscono l’unicità del fervore vietnamita. Per i cattolici vietnamiti, come per quelli cinesi, non c’è nessun conflitto d’interesse tra essere nazionalisti ed essere cristiani!

Non dobbiamo dimenticare che oltre allo sviluppo economico c’è in Asia anche una corsa agli armamenti. Basti pensare al conflitto tra Corea del Nord e Corea del Sud, che formalmente godono solo dell’armistizio di Panmunjeon ancora del lontano 1953; non c’è ancora un trattato di pace vero e proprio: colpa di chi? In seguito a tutta la questione coreana, il Giappone, in questi ultimi due anni, è ricorso a un vero e proprio riarmo, passato non certo inosservato agli occhi degli altri Paesi che ricordano ancora le vicende della Seconda guerra mondiale con tutte le loro terribili conseguenze.

Tra Cina e Vietnam c’è il contenzioso dell’arcipelago delle Spratly Islands, ricchissimo di petrolio e conteso tra Malaysia, Taiwan, Filippine, Cina e Vietnam. In queste contese c’è chi semina armi e chi semina pace, come papa Bergoglio. Speriamo che prevalga la ragione umana e la saggezza millenaria asiatica, che ci insegna una massima importissima: "Tian Xia Yi Jia", cioè "sotto il Cielo un'unica famiglia".

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