Bentornata piccola goccia
Sul bosco, piove. Una gocciolina si posa sul fianco della montagna e, sentendosi salutare: «Ciao, piccola goccia, bentornata», si guarda attorno perplessa. Poi chiede: «Chi è che parla qua?». La goccia ha usato un tono spavaldo, ma in realtà ha paura.
«Sono io, la montagna», risponde la voce di prima, una voce calma e profonda. «Allora, ciao montagna… ma perché mi hai detto bentornata? Io non sono mai stata qua!». «Sì, tu, piccola goccia, sei nata qui. Io ti ho vista scaturire dalla roccia: eri limpida e fresca e nel cuore avevi un desiderio più forte di te che ti spingeva ad andare lontano, incontro a un’avventura lunga e affascinante. Così ti ho guardata saltare allegramente, giù lungo il pendio che porta a valle. Ti ho sentita ridere e cantare con le tue sorelline, mentre scavalcavi i sassi del torrente. Poi ti ho osservata percorrere, tranquilla, il lungo fiume, lento e maestoso. E infine ho potuto ancora vederti (per questo noi montagne siamo così alte) mentre spalancavi le braccia e ti gettavi nel mare, insieme a migliaia e migliaia di tue sorelle, arrivate da luoghi diversi e lontani. Quella è stata l’ultima volta in cui ti ho vista. Quando non ho più potuto seguirti con lo sguardo, ti ho seguita con il cuore. E ho aspettato. Noi montagne sappiamo aspettare. Per questo siamo così immobili. Ho aspettato che il sole ti attirasse verso il cielo, sotto forma di vapore. Ho aspettato che il freddo ti facesse condensare. Poi ho spiato, nell’odore del bosco, nel comportamento degli animali, l’arrivo della pioggia. Ho aspettato ogni momento, da quel lontano giorno in cui sei scaturita dalla roccia. E ora eccoti qui, gocciolina: bentornata a casa!».
«Grazie», risponde la goccia, ma già incomincia a sbadigliare. Bisogna capirla: in fondo è solo una piccola goccia e ne ha fatta di strada! Adesso ha bisogno di dormire. Ma prima di chiudere gli occhi, aggiunge: «Qui mi sento al sicuro». La goccia piccolina si addormenta. La montagna, col suo silenzio, veglia su di lei.