Benij e Fede: fenomenali o fenomenici?
Il loro album di debutto, 20:05 era divenuto disco di platino in un amen; sull’onda lunga del boom, hanno pubblicato la loro autobiografia intitolata Vietato Smettere di sognare e anche il libello pubblicato il mese scorso è finito in testa alle classifiche italiane, disarcionando penne del calibro di Carofiglio e Gamberale. E dire che in due non arrivano a cinquant’anni…
Due ragazzi acqua e sapone, con l'aggiunta di un tot di gel per aggiornare il cliché. Arrivano da Modena, anche se si sono conosciuti su YouTube. Ed è lì che, a suon di cover, hanno cominciato a costruire la loro fortuna.
Un’iperbole simile a molte altre, che si sta dipanando in questo presente secondo un copione insieme inatteso e scontato, ma che in ogni caso suggerisce più d’uno spunto di riflessione per indagare su quel che sta sotto il successo di questa coppia di giovinotti.
Innanzi tutto, ed è quasi pleonastico affermarlo, che oggi chi punta al bersaglio grosso dei mercati (o anche solo a campare con la musica), non può pensare di riuscire a farlo grazie a un mecenate o all’intuito di un investitore: tocca rimboccarsi le maniche e far da sé, sgomitare sul web dimostrando la legittimità e la consistenza dei propri sogni; ergo ci va talento e la capacità di mostrarlo al massimo, determinazione, quel minimo di personalità necessario a non finire nel gran calderone degli epigoni, simpatia, pragmatismo, e possibilmente un faccino giusto. A quel punto, aggiungendoci un po' di fortuna, e una serie di coincidenze a fiancheggiare, ce la si può anche fare…
Ai due succitati è successo, e in pochi mesi sono passati da anonimi Carneadi della Bassa a superstar: il contratto con una major discografica, un disco tutto loro dopo una carrettata di riletture dei loro idoli che li aveva consacrati sul web, e adesso anche l’autobiografia per Rizzoli.
I due giovanotti sono quello che appaiono: due ottimisti innamorati della vita al presente; cantano con inflessioni adolescenziali e fin troppo manierate l’infinita banalità di orizzonti e pensieri bassi, sui quali si dipanano sentimenti elementari, buonismi centrifugati in salsa adolescenziale, ma che suonano genuini proprio perché non fanno nulla per sembrare più di quel che sono.
Fin qui la bella favola, e un futuro da giocarsi: ma mettendo in campo altri e non meno decisivi ingredienti, perché è proprio adesso che viene il bello, e il difficile. Adesso ci va lungimiranza, occorre non farsi stritolare dalle pressioni mediatiche, saper distinguere le sirene dei faccendieri da chi ha davvero la capacità di aiutarli a crescere, e mantenere credibile la loro amicizia. Perché nella post modernità la fatica d’arrivare al successo è niente rispetto a quella che gli occorrerà per riuscire a mantenerlo.
Questo è ciò che la bella favola di Benji e Fede ci insegna, e ciò che gli auguriamo di imparare al più presto.