Benedetto XVI in Germania
Il papa è per la terza volta nella sua terra, dopo il viaggio a Colonia nel 2005 e in Baviera nel 2006
«Non è turismo religioso, e meno ancora uno show». È il papa stesso a dirlo, in un’intervista rilasciata alla trasmissione televisiva tedesca Wort zum sontag del canale pubblico Ard sul significato del suo viaggio in Germania cominciato oggi. Il motto scelto è: «Dove c’è Dio, là c’è il futuro». E il papa spiega che «dovrebbe trattarsi del fatto che Dio torni nel nostro orizzonte, questo Dio così spesso totalmente assente, del quale però abbiamo tanto bisogno». È un Dio invisibile e non materiale, che non è possibile toccare come qualsiasi oggetto, eppure «dobbiamo di nuovo sviluppare – aggiunge Benedetto XVI – la capacità di percezione di Dio, capacità che esiste in noi». Attraverso la natura, la grandezza del cosmo, ma anche attraverso la tecnica, la razionalità, la bellezza. Perché il mondo «è costruito in maniera razionale». Oltre che nella parola di Dio e nella vita dei grandi santi e nelle «persone semplici di cui nessuno parla». «Questi giorni – conclude il papa tedesco – vogliamo impegnarci per tornare a vedere Dio».
Il papa è atterrato stamane in Germania per un viaggio di quattro giorni tra Berlino, Erfurt, Etzelsbach e Friburgo per un totale di 18 discorsi in agenda e molte sfide da affrontare: come l’assenza di alcuni parlamentari al Bundenstag, cortei, proteste assortite di vario genere e il secolarismo dirompente in Germania con uno dei tassi di non religiosità più alti d’Europa. Solo il 47 per cento della popolazione afferma di credere in Dio.
A Erfurt l’appuntamento ecumenico più rilevante, nella città dove studiò Martin Lutero, con rappresentanti della Chiesa evangelica. Unità tra le chiese perseguibile attraverso la diversità, «estirpando alla radice il veleno delle divisioni».
E proprio questi temi – dialogo ecumenico e con altre fedi e ri-evangelizzazione – saranno le maggiori sfide del viaggio del papa in Germania.
Nel tragitto in aereo non poteva mancare la domanda sugli abusi sessuali da parte di ecclesiastici compiuti sui minori, che hanno portato ad alcuni cattolici ad abbandonare la Chiesa. «Posso capire che davanti alle informazioni sugli abusi – ha detto il papa–, soprattutto se sono stati compiuti su persone vicine, uno dica "questa non è più la mia Chiesa: la Chiesa era per me forza di umanizzazione e moralizzazione, se i suoi rappresentanti fanno il contrario, non posso più vivere con questa Chiesa". Ma anche se nella Chiesa ci sono scandali e umanità terribili bisogna rinnovare la consapevolezza della specificità di essere Chiesa, imparare a sopportare questo e lavorare perché mai più si ripeta». «Distinguiamo –ha proseguito Benedetto XVI – la motivazione specifica di quelli che si sentono scandalizzati da questi crimini che sono stati rivelati negli ultimi tempi dalle altre motivazioni dell’abbandono, che sono molteplici nel contesto della secolarizzazione: penso che di solito queste uscite sono l’ultimo passo in lunga catena allontanamento dalla Chiesa».