Benedetto XVI e i grandi carismi storici
Ebbe non poche difficoltà a fare accettare al mondo accademico una visione dinamica della Rivelazione, con un Dio che entra nella storia umana e accompagna il suo divenire. Gli studi giovanili su Agostino di Ippona e Bonaventura da Bagnoregio fecero comprendere a Joseph Ratzinger che Cristo non è il culmine, la fine della storia, ma il suo centro e, in una dimensione costantemente profetica, la apre al futuro, alle «sempre nuove irruzioni dello Spirito – come si esprimerà nella maturità – che rendono sempre viva e nuova la struttura della Chiesa». Nasce da qui la considerazione che il futuro papa Benedetto XVI ha riservato alle «ondate di movimenti, che rivalorizzano di continuo la vita della Chiesa nella sua missione universale e nella radicalità del Vangelo». In questa lettura storica (mi riferisco al suo indimenticabile intervento al Convegno sui Movimenti ecclesiali, il 27 maggio 1998) indica sei grandi “ondate” carismatiche, carismi storici che si concretizzano in persone facilmente individuabili, i grandi santi che segnano la storia della Chiesa e mantengono viva la Rivelazione.
La prima è costituita dal monachesimo delle origini che, iniziato da Antonio, ha un suo culmine in Benedetto, figura che, come vedremo, ha inciso talmente su Ratzinger da fargli assumere il suo nome una volta eletto papa. Segue la seconda ondata monastica caratterizzata dal movimento missionario che porta alla Chiesa le popolazioni germaniche e slave dando inizio all’Europa cristiana. Anche qui i volti concreti di Colombano, Bonifacio, Cirillo, Metodio… È poi il tempo di Cluny e di Bernardo di Chiaravalle. Nel Duecento l’esplosione del movimento evangelico con Francesco e Domenico. Nel Cinquecento quello dei Chierici Regolari con Ignazio, fino alla grande ondata carismatica dell’Ottocento con le congregazioni missionarie.
All’interno di queste grandi correnti carismatiche, parti integranti, essenziali, della natura e della vita della Chiesa, si muovono miriadi di sante e santi, ognuno con la propria espressione evangelica e il proprio contributo alla missione della Chiesa. Tra il 2006 e il 2008 papa Benedetto ha dedicato le sue catechesi del mercoledì a ben 118 santi e sante, a partire dagli apostoli fino a Teresa di Lisieux. Ha ripercorso la storia della Chiesa mostrandola costellata dei più diversi carismi.
Il 9 aprile 2008 dedica la sua catechesi a san Benedetto di Norcia, «fondatore del monachesimo occidentale, e anche Patrono del mio pontificato». La predilezione per questo santo risale al tempo della sua giovinezza, quando frequentava un’abbazia benedettina in Baviera, e si è alimentata dallo studio delle fonti. Emblematico il discorso al Collège des Bernardins a Parigi il 12 settembre 2008, un’autentica lezione magistrale sulle origini della teologia occidentale e delle radici della cultura europea legate alla cultura monastica. Ricorda come, nel grande sconvolgimento prodotto dalla migrazione di popoli, i monasteri divennero «i luoghi in cui sopravvivevano i tesori della vecchia cultura e dove, in riferimento ad essi, veniva formata passo passo una nuova cultura». Non era un obiettivo voluto di per sé, ma il frutto di una scelta di vita, del quaerere Deum, cercare Dio. I monaci «nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio. Dalle cose secondarie volevano passare a quelle essenziali, a ciò che, solo, è veramente importante e affidabile». Per conseguire questa meta la via era Parola di Dio «che, nei libri delle Sacre Scritture, era aperta davanti agli uomini». «La ricerca di Dio – continua papa Benedetto – richiede quindi per intrinseca esigenza una cultura della parola… escatologia e grammatica sono interiormente connesse l’una con l’altra. Il desiderio di Dio include l’amore per la parola, il penetrare in tutte le sue dimensioni… Così, proprio a causa della ricerca di Dio, diventano importanti le scienze profane che ci indicano le vie verso la lingua… Benedetto chiama il monastero una scuola del servizio di Dio… Ma questo comporta proprio anche la formazione della ragione, l’erudizione, in base alla quale l’uomo impara a percepire, in mezzo alle parole, la Parola”.
In questa lezione papa Benedetto parla di san Benedetto di Norcia o di sé stesso? Vi è quasi una identificazione. Papa Benedetto ritrova in san Benedetto ciò che ha costantemente guidato e caratterizzato tutta la sua vita: l’anelito alla ricerca di Dio, l’amore per la sua Parola, la cultura e la ragione che si sposano con la fede.
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