Bene la Settimana sociale di Trieste ma tuteliamo l’autonomia degli eletti, intervista a Maria Elena Boschi

L’impegno politico dei cristiani alla prova di questo momento storico. Intervista alla presidente del gruppo “Italia Viva - Il Centro - Renew Europe” alla Camera dei deputati. Serve una difesa comune ma pari investimenti in cultura. E soprattutto una vera diplomazia europea
Maria Elena Boschi alla Camera ANSA/MASSIMO PERCOSSI

L’onorevole Maria Elena Boschi, presidente del gruppo “Italia Viva – Il Centro – Renew Europe” alla Camera dei Deputati, ha partecipato di recente a Loppiano (FI) ad un convegno organizzato dal Movimento Politico per l’Unità dal titolo “Una politica delle relazioni per sfidare il presente, immaginare il futuro”. Al convegno erano presenti la presidente di Mppu Argia Albanese, il presidente di Azione Cattolica Giuseppe Notarstefano, gli onorevoli Silvio Franceschelli del Pd, Fabrizio Rossi di Fratelli d’Italia e Marco Bentivogli animatore di Base Italia.

Onorevole Boschi, cosa pensa del movimento che si vede negli ultimi mesi, in cui l’associazionismo cattolico dopo la settimana sociale di Trieste cerca un rinnovato dialogo con la politica, nel rispetto dei ruoli?
Il pensiero cristiano coi suoi valori ha contribuito in modo fondamentale alla nostra carta Costituzionale e i cattolici sono stati in prima linea nella guerra di liberazione dal nazifascismo.

L’Unione Europea ha solide radici cristiane così come la scelta di dar vita a organismi internazionali perché i rapporti tra stati non si basassero sulla legge del più forte. La chiesa ci ha aiutato a scegliere il blocco delle democrazie liberali durante la guerra fredda. Se il tempo di un partito espressione dei cattolici è ormai finito, non è esaurito il contributo che il pensiero cristiano può dare oggi alla società e alle nostre istituzioni. Ben vengano, quindi, un ritrovato interesse e una nuova vivacità del contributo cristiano alla vita politica purché’ non si traduca nella volontà di alcuni di rivendicare dei posti “in quota” nelle liste dei vari partiti. Se la ricchezza del mondo delle scuole, dell’università, dell’associazionismo, dei movimenti cattolici si riducesse all’ambizione di singoli sarebbe ben poca cosa.

Penso che il Santo Padre abbia avuto la forza di individuare delle sfide etiche e politiche nuove prima di molti Governi e Paesi, chiamando le migliori menti a confrontarsi. Penso, per fare degli esempi, alle sfide migratorie, dei cambiamenti climatici, dell’intelligenza artificiale, delle frontiere della ricerca scientifica. L’umanesimo dei valori cristiani è una componente essenziale di riflessione

Come ha iniziato il suo impegno in politica, ha avuto anche esperienze nell’associazionismo?
Ho avuto da parte dei miei genitori un bellissimo esempio di impegno in politica e nelle istituzioni locali come servizio disinteressato alla comunità. Si sono conosciuti ed innamorati quando entrambi erano volontari in una campagna elettorale per la DC e poi hanno sempre condiviso passione politica e impegno a livello locale.

Nella mia vita, invece, la politica è arrivata quasi per caso, come un tornado che ha stravolto tutto.

La mia formazione è stata quella di tante ragazze cresciute come me in un paesino di campagna tra studio e parrocchia.

Sono stata chierichetta prima e catechista poi. Ho partecipato attivamente alle catechesi per i giovani della diocesi, con bellissime esperienze di pellegrinaggi e incontri per giovani, comprese alcune giornate mondiali della gioventù.

E poi lo studio, il liceo classico dove ho mosso i primi passi come rappresentante degli studenti e poi la laurea in giurisprudenza. Negli anni in cui lavoravo come giovane avvocata a Firenze, con alcuni amici, costituimmo un’associazione culturale/politica per lavorare su proposte per la città. E poi l’incontro con Matteo Renzi ma soprattutto con il suo modo di fare politica, la trasformazione della città come sindaco, le assemblee aperte ai cittadini nei vari quartieri e la Leopolda, un bellissimo laboratorio di idee e una fucina di talenti.

Da lì, come volontaria, è iniziato il mio percorso politico che mi ha consentito di bruciare le tappe e di avere l’onore di essere eletta alla Camera e di diventare ministra giovanissima. La politica è arrivata all’improvviso ma è diventata una passione vera, oltre che un impegno che cerco di onorare con dedizione, serietà, preparazione.

Per lei cosa significa essere in politica da cristiana, diversi amministratori contattati in questi mesi hanno lamentato di sentirsi un po’ lasciati soli dal mondo ideale da cui provengono, vale anche per lei?  Quando mi sono candidata per la prima volta ne parlai con il mio parroco e lui mi suggerì di pregare ancora di più. Aveva sicuramente ragione. La preghiera è un grande sostegno, specie nella solitudine con cui devi prendere decisioni importanti, assumerti responsabilità, soprattutto al Governo. Se preghi non sei mai realmente solo.

Soprattutto la preghiera e il legame con la famiglia aiutano a non perdersi, a restare chi sei senza lasciarti sviare dal troppo successo o dai fallimenti. Poi però ho sempre cercato di farmi guidare dalla Costituzione nel mio lavoro, cercando di rappresentare al meglio tutti laicamente, secondo coscienza. Non è un equilibrio facile da trovare per chi crede. Sbagliando a volte magari, ma ho sempre provato a far fruttare i talenti in senso evangelico. Il mio scopo è sempre stato fare politica per provare a migliorare la vita degli altri, eliminando le ingiustizie e accendendo la speranza. La politica può essere bellissima perché ti dà il potere di far accadere le cose.

Mi capita di confrontarmi con il mondo della Chiesa o dell’associazionismo cattolico, su alcuni temi ma non è mai stato un legame strutturato o politico e, tutto sommato, non penso sia un male che ci sia uno scambio ma sempre con grande rispetto dell’autonomia e libertà delle scelte. Gesù per primo ha detto “date a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare”.

Molti, non solo cattolici ma appassionati all’idea di un mondo in pace, sono combattuti tra l’esigenza di un passo avanti in Europa verso la difesa comune e l’obiettivo di un disarmo graduale per arrivare alla pace, ci dice una parola su questo.
Tutti vogliamo la pace. Cattolici e non cattolici. Chi può desiderare il dolore, i lutti, le ingiustizie della guerra? Anche la nostra Costituzione la rifiuta. Però non ci si può limitare al pacifismo da slogan, ridurre la complessità delle relazioni tra popoli solo a dei buoni propositi per tenersi la coscienza al riparo. Occorre, impegnarsi, fare la fatica di costruire le condizioni della pace, partendo dal bellissimo insegnamento di Chiara Lubich “amare l’altrui patria come la propria”. Lei che aveva vissuto l’orrore della guerra sapeva quanto fosse importante la pace ma anche lavorare per garantirla. Penso che avesse ragione De Gasperi quando diceva che andava costruita una vera Unione europea, con una politica estera comune, così come una difesa comune, un solo esercito ma anche una identità condivisa, “un soffio vitale”. Ecco per me il suo insegnamento vale anche oggi. Serve una difesa comune ma pari investimenti in cultura. E soprattutto una vera diplomazia europea.

Noi, con Renzi, chiediamo dal primo giorno un inviato speciale Ue in Ucraina. L’Europa ha rinunciato a giocare quel ruolo che ha provato a svolgere meritoriamente la Santa Sede con il cardinale Zuppi. Speriamo che i flebili segnali di una possibile pace non siano fuochi di paglia.

 

Qui il link al video dell’incontro promosso dal Mppu Italia

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