Com’è bello questo Fra Diavolo
È davvero simpatico il bandito che presso Terracina deruba i forestieri, tutti, e in particolare la coppia inglese, lui Lord Rocburg e lei Lady Pamela, lui amante dei viaggi e lei delle avventure piccanti, senza accorgersi del Marchese di San Marco, che le fa la corte con tanto di serenata, ed è proprio il famoso e pericoloso bandito. Di lui vanno a caccia i carabinieri, guidati da Lorenzo, innamoratissimo di Zerlina, che il padre, oste, vuol far sposare al ricco del paese contro il suo volere. Ma, ovvio, non ci riuscirà, grazie alla cattura di Fra Diavolo e ai soldi della coppia inglese.
Il soggetto è tutto qui, un po’ scontato ma anche con il lato avventuroso e sorridente, molto”italiano” che ricorda sornione gli inglesi del Grand Tour e che Daniel Auber fa trionfare a Parigi nel 1830 su libretto di Eugéne Scribe. Un’opera comique: dialoghi parlati, ma poi presto musicati, un ritmo gioioso da cima a fondo con le inevitabili malinconie di Zerlina, i sospiri di Lady Pamela (che assomiglia ad una Marylin Monroe sovrappeso), le canzoni a filastrocca di Fra Diavolo, gran seduttore oltre che bandito (un Don Giovanni di provincia, ma astuto), cori militareschi, couplets e concertati statici, alla Rossini, destinati poi a scatenarsi nel finale d’atto.
La musica è bella, mai noiosa. Lo spiritello rossiniano sprizzante è onnipresente, ma siamo nel 1830, il pathos romantico alla Bellini è nell’aria ed anche la citazione mozartiana nella serenata ha un suo perché. Ma Auber non è un imitatore, bensì un talentuoso assimilatore che carica l’orchestra di colori ora spumeggianti ora teneri ora di seduzioni notturne alla Comnte Ory miste a preghiere e sa far cantare bene le voci. Di suo ci mette l’ésprit francese elegante, mai pesante, di una fine ironia sparsa in salsa scintillante lungo i tre atti.
A Roma l’opera non arrivava dal 1884: eppure, era popolarissima fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, come risulta anche dal film del 1933 di Stanlio e Ollio. Perciò la ripresa si può definire “storica”. Sul podio il giovane Rory Macdonald è un direttore che una volta tanto non ha deluso le attese: esperto, coscienzioso, attento ai colori e alle dinamiche, per nulla divo, musicalissimo. L’orchestra lo ha seguito, ma qualche sezione (violini primi) avrebbe potuto dare di più. John Osborne è un Fra Diavolo contagioso, canto lineare e pulito, recitazione duttile come tutto il cast ben preparato.
Divertente la regia di Giorgio Barberio Corsetti, che sposta l’azione agli anni Cinquanta, servendosi uno scenario mobile in 3D (costato poco e riciclabile) su cui si proiettano brani fumettistici giocosi a creare (e a commentare) l’aria d’una commedia ilare come è appunto Fra Diavolo. Scelta davvero azzeccata, perché l’opera di Auber lascia un senso di leggerezza, di melodia bella da cantare e da sentire, di gioia di vivere e di esser al mondo a combinare qualche guaio, che poi finisce bene per gli innamorati, e non troppo male per gli altri. Con buona pace del bandito seduttore che ci lascia la pelle. Da riascoltare e rivedere.