Beethoven, l’eroico

A Roma, all’Accademia Nazionale Santa Cecilia, Semyon Bychkov dirige l'Eroica e il Quinto concerto per pianoforte e orchestra. Chiarezza di suono e nessuna passionalità esagerata segnano l'interpretazione del direttore russo-americano
Auditorium Parco della Musica

Un direttore come il russo-americano Semyon Bychkov è un personaggio unico nel panorama interpretativo attuale. Ha infatti un rispetto assoluto per la musica che dirige, manifestato sia dalla mancanza assoluta di divismo, sia dalla coscienza di svolgere quasi una cerimonia sacra: passo tranquillo, gesto eloquente senza essere pesante o agitato, vestito elegante, così come l’orchestra.

In effetti il Beethoven della Terza Sinfonia "Eroica" da lui diretto è una scoperta. Chiarezza di suono, colori trasparenti, mancanza di eccessi dinamici, anzi rispetto per pianissimi e fortissimi, per pause e “rallentando”, attenzione alle sfumature, nessuna passionalità esagerata. Lontanissimo da certe esecuzioni attuali hollywoodiane. Nel secondo tempo, ad esempio, la celebre “Marcia funebre” vede pianissimi al limite dell’udibile e genera un'atmosfera di tristezza così grande e lieve da commuovere. La leggerezza del terzo movimento, l’impeto del quarto sono belli, naturali e l’orchestra dimostra un gran bel suono, specie gli ottoni.

Quando poi esegue il Quinto Concerto per pianoforte e orchestra “Imperatore”, la collaborazione col giovane pianista russo Kirill Gerstein è perfetta. Il giovane sfiora la tastiera in luccichii bellissimi – forse troppo rapidi talora –, mai duri, anzi lievissimi e sognanti – il secondo movimento –, ma non vuole patetismi romantici, bensì un equilibrio sonoro limpido.

La limpidezza, la chiarezza è ciò che rimane di questo concerto. Ne esce l’eroismo beethoveniano chiarificato, preciso, senza sbavature e con un suono più dell’anima forte e sensibile dell’autore che quello di un grande spettacolo concertistico.

A Roma, all’Accademia Nazionale Santa Cecilia per la serie “Grandi interpreti”.

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