Becchetti, sul coronavirus niente panico ma UE cambi rotta
Anche davanti al quadro fosco della recessione indotta dall’espandersi del Covid 19, il professor Becchetti non perde l’approccio positivo che lo contraddistingue, senza ignorare le enormi difficoltà che vive il nostro Paese. La fiducia è il primo fattore che muove una società, ma su quale fondamento? Lo raggiungiamo telefonicamente e lo troviamo soddisfatto dopo aver potuto svolgere una lezione a distanza con 200 studenti della facoltà di Economia dell’università di Roma Tor Vergata. L’economista, promotore della finanza etica e dell’economia civile, è stato, come noto, chiamato da poco a guidare un gruppo di lavoro di esperti su economia e sviluppo sostenibile presso il ministero dell’Ambiente.
Come si affronta questo momento acuto di crisi? E cosa possiamo fare per offrire una risposta?
Ci troviamo davanti ad uno shock di domanda che mette in seria crisi interi settori che fondano i loro consumi sull’incontro fisico tra le persone dove non è possibile adottare il lavoro a distanza, come turismo, spettacolo, organizzazione di eventi e ristorazione. Una crisi che produce un effetto a catena negativo su tutta l’economia. Ciò che dobbiamo evitare è la caduta anche dell’offerta, con lo stop della produzione e della logistica per evitare uno shock di offerta ed una carenza di beni.
E come si può intervenire?
Da una parte con le politiche fiscali espansive, sospendendo il pagamento delle imposte e le rate dei mutui per le imprese e finanziando la cassa integrazione per i lavoratori in difficoltà. E questo interviene sul lato domanda con gli oltre 7 miliardi di euro previsti dal governo, senza trovare ostacoli dai vincoli europei.
Ma non è evidente che parliamo di cifre insufficienti?
Al momento non sappiamo quanto durerà questo momento acuto del pericolo da contagio e quindi la migliore strategia è quella di offrire la risposta adeguata a seconda della gravità e dell’estensione della situazione. Gli strumenti economici per intervenire esistono e bisogna solo saperli adottare. Mi sembra, invece, necessario prestare attenzione al settore bancario che è l’anello debole del sistema.
Alle banche non si chiede “solo” una moratoria dei mutui e degli interessi?
Certo ma gli enti di credito possono sopperire a questa mancanza di denaro con l’intervento di ricapitalizzazione da parte della Banca centrale europea. Non sarebbero aiuti contrari alle regole della concorrenza, ma interventi mirati a coprire la carenza di entrate per l’evento eccezionale del coronavirus.
Ma questa scelta non è il contrario della politica della Bce che sta stressando le banche perché cedano al più presto a grandi società specializzate i crediti inesigibili (npl) che si trovano in bilancio?
Esatto. La banca centrale deve invertire completamente la rotta se vuole che l’intero sistema non collassi.
Non è allora il tempo di riprendere le proposte innovative che avete avanzato in parecchi economisti di far acquistare alla Bce almeno il 60% del debito dei Paesi dell’Eurozona per poi convertirlo in prestiti senza interessi (perpetuity) vincolati ad interventi sociali e infrastrutturali?
Certo lo stato di emergenza estrema che ci troviamo a vivere può essere l’occasione per fare ciò che in condizioni normali non abbiamo avuto il coraggio di compiere. Penso anche alla proposta degli eurobond che va nella stessa direzione di un rischio condiviso tra i diversi Paesi Ue. Ma temo che tale idea verrà rifiutata fino a quando non saremo tutti nella stessa barca e cioè quando (cosa che ovviamente non dobbiamo sperare) il virus non metterà altre economie dell’Unione nella stessa situazione della nostra. Quello che l’Ue è disposta a concedere è la massima flessibilità nella percentuale di indebitamento per spese legate all’emergenza, ma la condivisione dei rischi e l’apertura di una nuova stagione di eurobond è un’altra cosa. Ovviamente una banca centrale può fare tutto ma deve esserci la volontà politica. Ed è nei momenti straordinari che si fanno scelte coraggiose. A livello europeo e italiano.
Cosa si può fare, ad esempio, sul piano nazionale?
A mio parere, ad esempio, avviare lo sblocco di tanti cantieri tramite la nomina di un responsabile unico di procedura, assieme alle scelte per la transizione ecologica e all’incentivazione dello smart working, senza far venir meno il rapporto personale che stiamo riscoprendo nella sua importanza proprio quando viene impedito per motivi sanitari.
È l’intero centro destra stavolta a chiedere di destinare i 30 miliardi di euro dell’intero avanzo primario (cioè la differenza positiva tra entrate fiscali e spesa pubblica) alle spese straordinarie invece che al pagamento degli interessi del debito. Si può fare?
Bisogna tener conto che dipendiamo dalla fiducia dei mercati finanziari, soggetti a crisi di euforia e di panico. Il mancato pagamento degli interessi sarebbe un messaggio negativo per coloro che comprano il nostro debito con effetti imprevedibili. Abbiamo altri strumenti praticabili, come detto, se l’Ue saprà ascoltarci.
La borsa di Milano, intanto, perde oltre l’11%. Come si fa a fermare l’ondata di panico?
In certi casi è possibile e auspicale sospendere gli scambi per eccesso di perdita o di rialzo. Ma dobbiamo anche tener conto che negli ultimi dieci anni i fondi d’investimento hanno guadagnato mediamente circa il 9 percento all’anno. La correzione poteva esserci. E bisogna anche considerare che in questi momenti paura e panico producono correzioni perfino più marcate di quanto necessario. Ma anche dimostrare fiducia e saper attendere l’inversione di tendenza che arriverà dagli investimenti destinati a sostenere le necessità di famiglie e imprese, con la cassa integrazione generalizzata, la sospensione delle imposte e altre misure del genere. Certo resta determinante la trattativa per una vera svolta della politica della Banca centrale europea nel segno della solidarietà.