Basta un fiore
Negli ultimi decenni l’umanità ha acquisito nuova consapevolezza del problema ecologico. Motore di questo cambio sono, in particolare, i giovani che propongono uno stile di vita più sobrio con un ripensamento dei modelli di sviluppo, un impegno per il diritto di tutti gli abitanti del pianeta ad avere acqua, cibo, aria pulita, e una ricerca di fonti di energia alternative. In questo modo l’essere umano può non solo recuperare il rapporto con la natura ma anche lodare Dio avendo scoperto con stupore la sua tenerezza verso tutta la creazione.
È l’esperienza di Venant M. che, da bambino, nel suo Burundi natale si svegliava all’albeggiare con il canto degli uccelli e percorreva, nella foresta, decine di chilometri per andare a scuola; si sentiva in piena sintonia con gli alberi, gli animali, i ruscelli, le colline e con i propri compagni. Avvertiva la natura vicina, anzi, si sentiva parte viva di un ecosistema in cui creature e Creatore erano in totale armonia.
Questa consapevolezza diventava lode, non di un momento, ma proprio di tutta la giornata. Qualcuno potrebbe chiedersi: e nelle nostre città? «Nelle nostre metropoli di cemento, costruite dalla mano dell’uomo tra il frastuono del mondo, raramente la natura si è salvata. Eppure, se vogliamo, basta uno squarcio di cielo azzurro scorto fra le cime dei grattacieli, per ricordarci Dio; basta un raggio di sole, che non manca di penetrare nemmeno fra le sbarre d’una prigione; basta un fiore, un prato, il volto di un bambino…» (C. Lubich, Conversazioni, in collegamento telefonico, a cura di Michel Vandeleene, Opere di Chiara Lubich 8.1; Città Nuova, Roma 2019, p. 340).