Basta interferenze della comunità internazionale
La situazione più difficile, al momento, è quella che si vive ad Abidjan, uno dei centri principali della Costa d’Avorio, e nelle città vicine: le banche sono chiuse, i trasporti pubblici quasi inutilizzabili, la gente non ha più contanti per fare acquisti. Nell’ultima settimana sono state chiuse le scuole. In qualche zona le lezioni sono ferme addirittura da un mese. In più, per una decisione politica tesa ad indebolire le aree a Nord e ad Ovest del Paese, per una settimana intera è stata interrotta l’erogazione della corrente elettrica, con frigoriferi inadoperabili per conservare alimenti e farmaci (ormai quasi introvabili, tra l’altro), rubinetti a secco e pozzi inutilizzabili in questa stagione a causa della scarsità d’acqua.
«Purtroppo – spiegano i due studenti ivoriani – nel Paese c’è una grande tensione e molta gente ha perso il lavoro anche a causa del blocco del settore turistico-alberghiero. Molte persone stanno lasciando Abidjan, cercando rifugio nelle campagne e nei centri più tranquilli per timore degli scontri che si stanno susseguendo. In città, infatti, scorrazzano delle formazioni paramilitari, che ufficialmente non patteggiano per nessuno dei due presidenti, affermando di voler semplicemente garantirer l’ordine pubblico, ma che in realtà appoggiano Gbagbo o Ouattara». Il desiderio più grande, di questi due giovani ivoriani, è che in Costa d’Avorio «torni la pace e che entrambi i presidenti, con responsabilità e per amore del popolo, prendano un impegno serio per il bene del Paese. Entrambi hanno i propri sostenitori, entrambi le proprie motivazioni, ma per questa voglia di potere sono già morte troppe persone».