Baryshnikov, nella Parigi anni Trenta

Il celebre ballerino in veste d'attore in "In Paris-a play", da un racconto del premio Nobel Ivan Bunin: incantevole storia d'amore tra due immigrati russi
Baryshnikov

Mikhail Baryshnikov: superstar della danza, coreografo, fotografo, autore di libri per bambini, direttore artistico del suo centro multidisciplinare newyorkese, attore. E quant’altro. Ma soprattutto e più semplicemente ballerino, noto ovunque dopo avere abbandonato l’Unione Sovietica nel 1974, scegliendo di fuggire dal Kirov per trovare asilo negli States della libertà e del sogno americano. È bastato il suo nome a creare l’evento al festival di Spoleto. La sua sempre luminosa presenza in scena, questa volta in veste d’attore.

Una storia esile quella di “In Paris-a play” tratta da un racconto di Ivan Bunin (premio Nobel 1933) e diretta dal regista Dmitry Krymov, ma che ben si calza al raffinato e carismatico interprete. Ambientata nella Parigi degli anni Trenta, racconta un'incantevole storia d'amore fra due immigrati russi: lui un ex generale dell'Armata Bianca, lei (Anna Sinyakina) una giovane cameriera, bellissima e malinconica, che lavora in un ristorante per transfughi e immigrati dalla Russia. Qui si conoscono, cominciano a frequentarsi. Ma il loro amore, nato timidamente, avrà brevissima durata: lui morirà improvvisamente.

A rendere corposa la poetica vicenda di solitudine e di perdita, è l’impianto visivo e scenografico multimediale: una mobile pedana circolare; una parete con una porta centrale; un tavolo ed una sedia di cartone; una serie di gigantografie di foto d’epoca e di cartoline, già in platea e poi tirate sul palcoscenico. Tutto questo illuminato nella semioscurità da una continua sequenza di parole e didascalie proiettate in movimento su tutta la scena, che accompagnano e supportano i brevi dialoghi. Alla lingua russa i due protagonisti alternano il francese, mentre un coro di camerieri (la compagnia del Laboratorio Teatrale di Dmitry Krymov) in diversi ruoli, e una soprano, intonano struggenti canti russi che evocano ricordi e sentimenti di nostalgia.

Non privo di ironia, lo spettacolo scorre con leggerezza ed eleganza accendendosi nel finale di bagliori inventivi. Basti la scena in cui la giovane donna si libra nell’aria come una delle spose volanti dipinte da Chagall, mentre Baryshnikov accenna
agli unici momenti di danza: muovendosi col suo paltò nero rigirato in rosso diventa un toreador, memoria, forse, di quell’Escamillo della Carmen destinato ad essere sopraffatto dal destino.

Al 55° Festival dei Due mondi di Spoleto, Teatro San Nicolò

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