Bartolomeo I: «Papa Francesco è un fratello»

A conclusione della cerimonia per il conferimento del dottorato honoris causa come "maestro dell'unità", il patriarca di Costantinopoli si è fermato con i giornalisti. Nelle risposte si parla della comunione con la chiesa di Roma, del dramma dei profughi siriani, della pace in Medioriente e del rapporto con i Focolari
Bartolomeo I e Maria Emmaus Voce

«E’ normale e naturale che mi senta felice e commosso di avere il primo dottorato honoris causa che l’Istituto universitario Sophia ha voluto dare a qualcuno. Io sono il primo, ne sono felice, ma la mia gioia e la mia felicità è il messaggio di papa Francesco più che il dottorato». Bartolomeo I ha iniziato così la breve intervista, concessa ai giornalisti a conclusione della cerimonia di consegna dell'onoreficenza, all'auditorium di Loppiano, la cittadella dei Focolari.

E ha proseguito commentando le parole di Francesco: «Attraverso il suo messaggio il Papa ha voluto onorarmi ancora una volta di più, sono onorato che la sua alta persona ha voluto anche esprimere in questa occasione la sua determinazione di lavorare sempre di più per l’unità delle nostre chiese sorelle».

Bartolomeo traccia anche il suo programma pastorale, anticipando le domande dei cronisti: «Da nostra parte, e cioè da parte del Patriarcato ecumenico, sono felice di poter assicurare Sua Santità, e voi tutti che mi ascoltate, della simile determinazione della nostra Chiesa di Costantinopoli per far progredire il dialogo ecumenico in genere, ma particolarmente tra la Chiesa ortodossa e la chiesa cattolica, perché noi siamo delle Chiese sorelle, perché abbiamo tante cose in comune, siamo molto più vicini che con altre chiese e denominazioni cristiane e perciò dobbiamo avanzare. Questo era il messaggio che il Papa ci ha dato venendo a Costantinopoli l’anno scorso per la nostra festa patronale. Questo è il desiderio comune che abbiamo espresso a Gerusalemme nel maggio 2014 quando ci siamo incontrati in Terra Santa per celebrare e sottolineare il 50° anniversario dell’incontro storico dei nostri predecessori».

Indimenticabile per lui resta anche l'invito di Francesco per l'inizio del pontificato:« Abbiamo avuto una mezz’ora di incontro privato, abbiamo detto che dobbiamo lavorare e pregare intensamente per l’unità delle nostre chiese, per la ricomposizione dell’unità del corpo di Cristo che è la Chiesa. Allora questa sera avverto la sua determinazione rinnovata attraverso il suo messaggio e mi sento felicissimo. Tornerò a Istanbul domani sera più forte, più sicuro che a Roma ho un fratello che desidera tanto lavorare con noi e pregare per far accelerare l’unità delle nostre Chiese».

 

Stiamo avvicinandoci ai 50 anni del primo incontro tra il Patriarca Athenagoras e Chiara Lubich ad Istanbul. Era il 13 giugno 1967…

«Uno degli ideali del Movimento dei Focolari è l’unità della chiesa. Chiara e i suoi collaboratori hanno lavorato molto. Chiara ha visitato 23 volte a Athenagoras a Costantinopoli. Poi ha incontrato Dimitrios e poi me. Nel 2008, ho visitato Chiara nell’ospedale Gemelli pochi giorni prima della sua morte. Sono sicuro che stasera Chiara è con noi, senz’altro è con noi, con la sua presenza spirituale e con la sua preghiera. Si rallegra con noi e prega per l’unità delle nostre Chiese. Tra un mese riceverò a Costantinopoli i vescovi amici del Movimento. Avremo una riunione a Halki nella scuola di teologia, che purtroppo rimane ancora chiusa, e lì avremo l’occasione di ricordare tutti insieme Chiara e pregare per il riposo della sua anima e per esprimere le nostre esperienze e la nostra volontà di lavorare per l’unità delle Chiese. Poco fa ho incontrato l’arcivescovo di Bangkok. Verrà anche lui e molto altri cardinali e vescovi. Noi come chiesa di Costantinopoli siamo felici, siamo pronti ad accoglierli e scambiare le nostre esperienza e ricambiare il bacio della pace tra Oriente e Occidente».

 

Un appello per la pace in Medio Oriente, per i cristiani perseguitati…

 

«Preghiamo ogni giorno. Dico che la soluzione di questo problema o piuttosto di questa tragedia è far terminare la guerra in Medio Oriente, in Siria. Se la guerra continua i profughi verranno ogni giorno di più verso l’Occidente. La tragedia continuerà. I grandi poteri del mondo devono mettere fine a questa guerra fratricida che continua da quasi cinque anni, che ha messo fine alla vita di 340 mila innocenti. In Turchia, come sapete, abbiamo 2 milioni di profughi dalla Siria. Il governo turco ha aperto le braccia e le frontiere, ha accolto questi poveri uomini, famiglie, ragazzi… ha aperto scuole per i ragazzi siriani. Ma non basta perché i profughi continuano a lasciare il Paese a causa della guerra. Bisogna terminare con la guerra».

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