Barocco ieri e oggi

Dido & Aeneas, di Henry Purcell tratto dall'Eneide di Virgilio, con coreografie fascinose è uno spettacolo da vedere
Dido e Aeneas

Certi spettacoli vanno visti. Dido & Aeneas, prologo e tre atti di Henry Purcell dall’Eneide di Virgilio ‒ è uno di questi. In primo luogo, per l’eccellenza della musica che regala  un flusso melodico purissimo, nelle arie e nei declamati, sino a quel conclusivo Lamento della regina abbandonata dall’eroe troiano: preludio ai dolori di creature come Euridice, Giulietta, Norma, Lucia e Butterfly, ossia delle eroine infelici del melodramma. Una musica del genere ha un corrispettivo nell’arte barocca, come nella teatrale tela del Guercino (Roma, Galleria Spada) del Suicidio di Didone, musica drammatica di colori che “cantano”. Ma l’unica opera dell’inglese Purcell conosce, oltre al canto e ad una orchestra di piccole dimensioni, la danza. Come di regola, secondo l’uso dello stile francese e, prima, italiano.

 

Così Sasha Walttz, regista e coreografa, ha improntato la sua visione del lavoro, con intuizioni fascinose e neo-barocche. In primo luogo, facendo sì che la coppia degli amanti infelici – Enea e Didone ‒ fosse costantemente accompagnata ‒ meglio “spiegata” – da due rispettive “controfigure” danzanti, così che musica e balletto parlassero insieme. Non solo, ma il coro ‒ personaggio da tragedia greca ‒ quasi onnipresente sul fondo pressoché neutro della scena, agisce anch’esso come musica danzata, in coreografie ora assemblate ora scomposte ora ritmiche.

Ma c’è di più. L’inizio del lavoro, con il dio Sole sorgente dal mare ‒ viene immediato il pensiero all’affresco romano dell’Aurora di Guido Reni cui parrebbe richiamarsi  ‒ vede osservatore e narratori tuffarsi nel mare, in un vasca sul palcoscenico dentro la quale fluttuano corpi  in una sorta di danza sottomarina. Poi, quando compaiono le streghe (un personaggio che non c’è in Virgilio, ma forse di radice scespiriana, come immagine del Fato avverso) le danze si raggruppano in vortici, in corpi oscillanti come un’altalena nello spazio: uno spettacolo nello spettacolo, con lunghi silenzi e intervalli dalla musica vera e propria: un neobarocco nel barocco.

Certo, la musica rischia di venire talora un po’ penalizzata, anche se il direttore Christopher Moulds alla guida della Akademie fur Alte Musik Berlin è energico ed equilibrato, come i protagonisti, il soprano Aurore Ugolin e il basso Reuben Willcox. Ma è un rischio da correre, perché certi momenti – inizio e finale in particolare – sono di una bellezza visiva tale che esalta la musica di Purcell, una delle più belle dell’intera storia dell’opera.

 

Al Teatro dell’Opera di Roma, fino a domenica 18

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