Barbieri, la poetica dell’inespresso
Genio dei linguaggi poetici del bianco e nero, Gian Paolo Barbieri ha esposto al 29 Arts in progress gallery di Milano – e in molte altre città d’Europa, in una mostra itinerante – la rassegna “In viaggio. Poetica dell’inespresso” per la Milano Photo Week 2017. Viaggi inediti in paradisi tropicali incontaminati, Tahiti, Madagascar, Seychelles, sulle tracce di Gauguin, dopo aver dedicato una vita alla fotografia di moda e ritratto donne bellissime illuminate “ da luce particolare che le rende ancora più affascinanti” .
L’ incipit è Dioniso, la forza primordiale, lo spirito selvaggio di Nietzche, la forma riscattata nel ritorno al candore, al mito primigenio , al profumo -“Noa –Noa” – fragrante della terra, delle radici. A differenza della tecnica della Polaroid, poetica del tonalismo dei grigi e utilizzata in Cavallo bianco frontale a Thaiti nel 1989, la tecnica vintage dei sali d’argento degli stessi anni ’80 con i suoi contrasti netti evoca l’andamento di un fregio simbolista; così come lo descrive Munch, «capace di librarsi nella luce dopo aver raggiunto gli abissi più profondi»; quello che Arnold Shonberg dichiara della Terza Sinfonia di Gustav Mahler il 12 settembre 1904, «il vedere l’ anima come nuda, completamente nuda, un paese misterioso, selvaggio con le sue voragini, i suoi abissi trasfigurare».
Per Gian Paolo Barbieri il lontano, l’ inesprimibile è una realtà famigliare; l’esperienza del sud, dell’ acqua : «Dover partire, voler partire…sono sempre stato attratto magneticamente dal lontano. Sento il sud, l’ acqua. Da bambino mio padre mi buttava nel Naviglio ad Abbiategrasso e mi tirava fuori alla Darsena…è un sentimento, forse un destino». Per Gauguin, «l’essenziale in un’ opera è trasmettere quello che non è esprimibile»; come nei personaggi di Dovstoevskij, è celato per sempre – osserva Oscar Wilde – il segreto della loro esistenza.
Il rapporto di Gian Paolo Barbieri con la storia dell’ arte e la storia della letteratura è dichiarato e disincantato.Si ritrova nella letteratura di Dostoevskij nell’istante della visione quando, nell’Uomo Ridicolo, dopo aver veduto la bellezza dei figli del sole, la loro allegria infantile, la terra non ancora toccata dal peccato, dopo aver visto la verità, sottolinea l’ incapacità di incarnarla in parole. Per Gian Paolo Barbieri, come per Dovstoevskij, nel mito le forme del sogno sono così nitide e reali da essere «incoronate di verità», cioè di quell’ armonia che azzera il confine tra realtà e sogno. Cittadino di un mondo sovra- temporale, veduto un Eden pre-istorico, ha la certezza di non poter essere compreso dalle comuni categorie logiche, proiettato tutto nel ricreare infiniti istanti di raffinata bellezza sovra- temporale. Gian Paolo Barbieri vede in un istante intuitivo sovra- temporale, quel balenare improvviso dell’ incanto di bellezza e armonia, intreccio di sogno e realtà, nel profumo di terre incontaminate, in un enigma di archetipi atavici purissimi, a Tahiti, in Madagascar, alle Seychelles. Questa musicalità quasi esicasta, sinfonia di elementi diversificati rimanda per Piero Adorno alla “Poetica del fanciullino ” di Pascoli .
L’essenziale in un’opera d’ arte per Gauguin – osserva Beniamino Vizzini in Ab Origine. Dal Primitivismo di Gauguin all’ Età dell’ Oro di Dovstoevskij, a cura di Beatrice Tetegan – consiste esattamente in ciò che non è espresso e nell’esperienza della prospettiva inversa di cui parla Pavel Florenskij, un’inversione del punto di fuga «nel cuore, nell’ inesprimibile, centro da cui sgorga la primitiva essenzialità senza parole o l’ iconicità della visione che è vedere nel non- vedere proprio dell’ idea».
Nella tecnica della polaroid la dinamica di Gian Paolo Barbieri è tutta istinto, incanto, scoperta. Cavallo bianco frontale evoca una modalità espressiva che sceglie l’ immediatezza, i toni medi, la poietica delle sfumature della gamma cromatica dei grigi, i chiaroscuri. La fotografia diviene poetica dell’ indeterminato, del “tonalismo”.