Barbie, sette ragioni per cui è un tormentone
Il nuovo film, che vede come regista Greta Gerwig e attori di grande spessore come Margot Robbie e Ryan Gosling, ha “sfondato il botteghino” superando il miliardo di dollari di incassi a livello mondiale. Porta con sé un forte messaggio femminista, è ormai noto ai più, veicolato però attraverso la commedia e l’esagerazione tipica di un film di fantasia. La trama è abbastanza lineare. Si incentra sull’avventura di Barbie stereotipo, la classica bambola molto femminile che si immagina quando si pensa allo storico giocattolo dell’azienda Mattel. Sembra però che il suo mondo non sia più così perfetto. I piedi le diventano piatti, non più adatti alle scarpe con il tacco, e la sua routine (sempre la stessa) sembra non essere più così “magicamente semplice”. Barbie sta diventando umana, e per risolvere il problema deve andare nella realtà e capire perché la ragazza che gioca con lei non la ama più come prima. Grande sorpresa, si ritroverà un mondo totalmente diverso da quello che immaginava da Barbieland: tutto sembra essere all’inverso.
Ecco la prima ragione, quella forse più importante di tutte, per cui questo film è diverso da molti altri: mostra la delusione che ha una ragazza, crescendo, nel vedere che il mondo in cui vive non è fatto a sua misura. Vittima di molestie, verbali e non. Declassata in un sistema patriarcale, sebbene “camuffato”. Costretta a essere come piace agli altri, tutt’altro che sé stessa, perché non sarebbe “femminile”. Tante le ingiustizie che Barbie stereotipo vive sulla sua pelle e mostra alla platea, soprattutto a coloro che non le hanno vissute e che le sottovalutano.
Secondo motivo per cui Barbie è così popolare è che è diventato una sorta di manifesto femminista, soprattutto grazie al ruolo di America Ferrera, anche lei nota attrice che nel film accusa tutte le etichette attribuite alle donne. Terza ragione, tutto questo è inserito in una cornice per famiglie in cui la commedia è forse la caratteristica prevaricante che sdrammatizza e alleggerisce, pur non nascondendo. Anzi, il fatto che ci siano molte scene comiche rende il film gradevole. I protagonisti sono interpretati da attori molto espressivi. Un esempio: il CEO di Mattel è interpretato da Will Ferrell, noto per i suoi ruoli ridicoli e comici in altre pellicole come Zoolander o Elf – Un elfo di nome Buddy.
Quarta ragione, il messaggio contro la mascolinità tossica e il patriarcato, difficile da fraintendere, su cui si ironizza molto grazie anche al personaggio di Ken, interpretato da Ryan Gosling. La felpa con la scritta “I’m Kenough” (Sono Ken-sufficiente) che indossa alla fine del film è molto comica ma anche significativa: Ken è Ken anche senza Barbie.
Quinta ragione, non è la prima volta che Barbie va sul grande schermo, anzi per decenni Mattel aveva diffuso decine di film animati con grande seguito. Il primo uscito nel 2001, Barbie e lo schiaccianoci, fino ad arrivare nel 2023 al quarantaduesimo. Perciò una grande folla di appassionati e nostalgici era pronta ad assistere a questo nuovo esperimento live-action.
Eppure, negli ultimi tempi, la popolarità del giocattolo non ha fatto che diminuire, ed ecco forse una sesta ragione per cui questo film è unico, in quanto rappresenta anche una gigantesca operazione di marketing. Secondo un articolo del Corriere della Sera: «Dopo che nel secondo trimestre il fatturato netto complessivo della Mattel, penalizzato dal calo dei consumi che ha colpito il settore, è diminuito del 12% su base annua, a 1,09 miliardi, il presidente e amministratore delegato Ynon Kreiz si aspetta una crescita nel secondo semestre delle vendite di bambole, in continua contrazione negli ultimi tempi». Già l’attesa per il film aveva fatto salire le azioni dell’azienda. Mattel, tra l’altro, «ha creato un’azione di marketing con più di 100 marchi che hanno tappezzato di rosa la bambola». È dopo l’uscita del film che l’azienda di sandali Birkenstok ha dichiarato un aumento delle vendite del 110%. Le scarpe, rappresentate nel film in contrasto con i tacchi rosa a spillo, forse sono diventate un po’ un simbolo di ribellione. Ma, a prescindere dalla ragione, è sicuro che la crescita esponenziale sia stata causata da Barbie.
Settima e ultima ragione, le polemiche che si sono alzate intorno al film. Il pubblico è spezzato, ci si chiede se il tema è stato toccato nel modo giusto o se si poteva fare di più. Molti uomini si sono sentiti toccati e infastiditi dalla rappresentazione della mascolinità. Certo è anche che Barbie poteva essere innovativa per il 1959, quando Ruth Handler la inventò con l’obiettivo di donare a sua figlia e alle sue amiche qualcuno in cui immedesimarsi, non da accudire. L’idea era quella di passare loro l’insegnamento che potessero diventare qualsiasi cosa, astronaute, cantanti, dottoresse… Oggi però quel messaggio si è un po’ perso. Rimane nell’immaginario comune l’idea della Barbie stereotipo, appunto: una Margot Robbie bellissima, senza cellulite, sempre con i tacchi e vestita a puntino. Nella realtà non è così, ed è bene che Barbie abbia fatto trasparire questo ultimo, importante, messaggio.
Prepariamoci ad un secondo film sulla scia del primo, già in programma.
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