Bancomat a secco e cittadini in crisi
Esattamente da cinquanta giorni, l’India sta vivendo uno dei momenti più imprevedibili e complessi della sua storia recente. Nel novembre scorso, infatti, con una mossa improvvisa che ha colto tutti di sorpresa, persino la Reserve Bank of India, il governo Modi ha deciso di ritirare dalla circolazione le banconote da 500 e 1000 rupie, sostituendole con nuova cartamoneta.
Il Paese è piombato nel caos con una serie di problemi che nessuno poteva prevedere. Il processo, definito demonetisation – demonetizzazione, ha avuto due effetti immediati: i negozi da subito hanno cessato di accettare i due tagli, anche se il cambio e il deposito in banca teoricamente potevano avvenire fino alla fine dell’anno e, con i bancomat non ricaricati tempestivamente con nuovi biglietti, si sono create interminabili file davanti sia alle banche che agli erogatori automatici. Ci sono, poi, stati imprevisti quasi paradossali.
I bancomat spesso non potevano procedere alla erogazione perché i nuovi tagli – da duemila e da cinquecento rupie – erano più piccoli di quelli erogate in precedenza dagli stessi congegni. La decisione del governo, soprattutto per la gente più povera, ha provocato una vera e propria emergenza che sembra, per ora, non avere fine, nonostante le assicurazioni del primo ministro. Nel paese asiatico, infatti, la stragrande maggioranza delle operazioni, compresi gli acquisti di prodotti per la sopravvivenza giornaliera, avveniene con i contanti. E la penuria di liquidità si percepisce e provoca disagi alla vita quotidiana sia nelle metropoli che nei villaggi.
«Ovviamente – mi diceva un importante imprenditore della città di Kottayam nello stato del Kerala – chi soffre sono i poveri. Con la possibilità di ritirare solo poche migliaia di rupie a settimana dai conti bancari – sono le restrizioni governative a dettare le norme – chi soffre non siamo noi, che possiamo avere anche dieci, a volte venti, conti bancari per via del business. Sono coloro che sono pagati a cottimo o su base giornaliera che non hanno i soldi per comprare il riso e le vettovaglie per la sopravvivenza quotidiana.
Con queste misure, il governo Modi mira alla riconversione dell’enorme quantità di denaro in nero che ancora circola nell’immenso Paese. Nel 2010 la Banca Mondiale aveva stimato che il denaro in nero ammontasse a circa un quinto del prodotto interno lordo dell’India. Cifre da capogiro. Inoltre, si vorrebbe con questa mossa limitare anche l’evasione fiscale. Tuttavia, la crisi in cui si dibattono milioni di indiani va ben al di là delle interminabili code ormai quotidiane.
Infatti, quattro quinti dei lavoratori in India fanno parte del cosiddetto settore ‘informale’ o ‘precario’ e vengono impiegati e retribuiti quotidianamente e in contanti. La mancanza di liquidità a causa della sparizione dei due tagli incriminati, che rappresenta un incredibile 86,4% del valore totale dei contanti in circolazione, significa che i datori di lavoro che assumono con contratti a giornata non sono più in grado di assicurare alcuna retribuzione. Milioni di persone sono, quindi, senza lavoro. Qualcosa è successo anche a livello di economia generale. Per esempio, sono crollati sia il mercato dell’automobile – del 18,7% – che quello degli scooter – del 22%. Per non parlare del collasso dell’edilizia.
In cinquanta giorni la vendita di appartamenti e case è scesa del 44%, secondo i dati riportati dal quotidiano The Hindu. In effetti, tutti sanno che per acquistare una casa o un appartamento in India metà della somma – alcune volte anche di più – veniva pagata in nero o, addirittura, con trasferimenti all’estero. Il governo Modi, quindi, ha ottenuto dei risultati e, in qualche modo, è riuscito a toccare i gangli scoperti delle colossali riserve in nero che minano l’economia di uno dei più grandi Paesi del mondo.
Ma la storia appare molto più complessa. Infatti, come una vera Idra di Lerna che continuava a produrre nuove teste non appena una veniva mozzata, il processo di demonetizzazione ha messo immediatamente in moto nuove forme di ‘mercato nero’. Si sono trovate centinaia di migliaia di banconote da duemila rupie abilmente contraffatte già in circolazione da diverse settimane, ma soprattutto, si è ricreato un cambio in nero legato al fatto che il turismo si sente strangolato dalle decisioni governative. Uno straniero, infatti, arrivando in India può cambiare solo 80 euro a settimana e con questi non va lontano. Cominciano nuovamente a proliferare vari cambi illegali, vantaggiosi per chi arriva in India, eppure erano un lontano ricordo dopo le riforme degli anni Novanta realizzate dall’allora economista Manmohan Singh, Ministro delle Finanze, e poi Primo Ministro per due mandati consecutivi.
Nel suo discorso di fine anno, il 31 dicembre, Modi ha presentato alla nazione tutti i vantaggi ottenuti o che si avranno con questa mossa. La sua popolarità non è scesa anche per le sue capacità di vero leader populista, capace anche di attirare investimenti stranieri, come ha fatto partecipando ad un importante convegno di indiani residenti all’estero, che si è tenuto nei giorni scorsi a Bangalore. Rivolgendosi a loro, il Primo Ministro ha assicurato che, innanzi tutto, l’India è la loro patria e che aumenteranno gli incentivi per il ritorno di capitali o per investimenti nel loro Paese di origine.
Ma ci sono anche altri pareri, che circolano fra la gente comune, critici verso Modi e il suo governo. E qualcuno ipotizza anche precise strategie politiche. Nei prossimi mesi, infatti, ci saranno le elezioni locali in alcuni stati fondamentali, fra i quali l’Uttar Pradesh e il Punjab. In India i leaders politici organizzano una campagna elettorale incoraggiando le folle a partecipare ai comizi. Per assicurare una presenza massiccia, a volte oceanica, si pagano persone semplici, dai villaggi o dagli slum e si organizzano bus o jeep per assicurare la loro presenza. È una prassi seguita da tutti i partiti. Normalmente queste mance vengono retribuite con banconote da cinquecento o mille rupie. Con questa mossa, assolutamente a sorpresa, tutti i partiti dell’opposizione sono rimasti spiazzati e non hanno ora le riserve di questi tagli e, dunque, non possono assicurare una presenza adeguata ai loro comizi.
Quello che è certo è che il governo Modi continua sulla sua linea di populismo fondamentalista. Una delle varie forme, in uno stile tipico del sub-continente, di un fenomeno ormai mondiale.