Yemen, stragi di bambini e politica

Una guerra assurda è quella che si svolge attorno a Sana’a. Con una drammatica crisi umanitaria di cui pochi si interessano e combattimenti asimmetrici, tra militari regolari, ribelli e mercenari
EPA/ANDY RAIN

La recente denuncia di Tamer Kirolos, direttore di Save the children in Yemen, è accorata: fra aprile 2015 e ottobre scorso «circa 85 mila bambini yemeniti potrebbero aver perso la vita a causa della fame estrema… Per ogni bambino ucciso da bombe e proiettili, dozzine stanno morendo di fame», e di epidemie.

Oggi in Yemen ci sono circa 400 mila bambini che soffrono di grave malnutrizione e 46 mila potrebbero morire entro l’anno. E altri 11 milioni hanno bisogno di assistenza immediata, secondo i dati forniti dall’Unicef.

In Occidente questo messaggio è arrivato all’opinione pubblica non tanto tramite appelli e denunce quasi invisibili quanto con la straziante foto della piccola Amal, del fotografo e premio Pulitzer Tyler Hichs, pubblicata dal New York Times.

Ma intorno alla guerra nello Yemen le preoccupazioni dei potenti sono di ben altra natura: sembra che l’ultimo dei loro pensieri sia per i bambini e il massacro di un popolo.

Per esempio, il principe saudita Mohammed bin Salman (MbS), che questa guerra l’ha voluta e guidata, non riesce a digerire la tenace resistenza degli houthi filo-iraniani e sente soffiare sul collo il rischio di vedere ridimensionato il finora incondizionato sostegno fornitogli dal presidente Trump.

Infatti, con lo scandalo per la brutale eliminazione del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, che la Cia ritiene voluta da MbS in persona, l’opinione pubblica americana si sta chiedendo perché gli Usa debbano continuare a sostenere le mire di onnipotenza del principe saudita. Senza parlare del pericolo rappresentato dall’ostilità e dalle ambizioni più o meno celate della Turchia che, come Khashoggi, sostiene una concezione dell’Islam sunnita legata ai Fratelli musulmani, in opposizione alla rigida impostazione wahhabita dei sauditi e di alcuni Emirati del Golfo.

Ma cosa c’è dietro questa guerra che sta distruggendo lo Yemen e la sua gente? C’è un complicatissimo e tossico intreccio di armi e potere. E non si tratta evidentemente di un fatto locale, ma di un episodio della famosa “Terza Guerra Mondiale a pezzi” che insanguina l’intero Medio Oriente. Una guerra in cui i milioni di profughi che tanto preoccupano gli europei potrebbero essere soltanto uno degli effetti collaterali.

Per quanto riguarda nello specifico il conflitto in corso da quasi quattro anni nel Sud della penisola arabica è utile, per capirci qualcosa, cominciare a chiedersi chi combatte contro chi e con quali armi.

A sostegno del cosiddetto governo ufficiale yemenita c’è un’alleanza finora sponsorizzata e armata dagli Usa, composta da alcuni Paesi arabi sunniti: oltre all’Arabia Saudita che guida la coalizione, partecipano Bahrein, Egitto, Kuwait, Sudan ed Emirati Arabi Uniti (Eau).

A sostegno dei cosiddetti ribelli houthi c’è invece l’Iran, perché essi sono prevalentemente zayditi, cioè una variante degli sciiti. In più, nello Yemen meridionale vi sono ampi territori controllati da gruppi jihadisti affiliati ad «l-Qaeda ed altre zone in mano al Daesh. A scanso di equivoci: sunniti, sciiti, zayditi e alawiti (siriani), come pure Al-Qaeda e Daesh sono tutti musulmani.

Ne deriva che le armi agli houthi le forniscono prevalentemente gli iraniani, quelle della coalizione sono gentilmente fornite tramite gli Usa (tra l’altro con enormi navi che passando da Livorno approdano a Gedda).

Da dove arrivino le armi per i jihadisti ufficialmente non si sa, ma sono comunque tante, sia le armi che i sospetti. I soldi, soprattutto i petrodollari, ai sauditi non mancano. Gli altri si arrangiano e da qualche parte evidentemente li trovano.

Manca però ancora un tassello a questa lucida follia: chi combatte? Si potrebbe ingenuamente immaginare che siano gli eserciti a combattere. Non è così semplice.

Gli houthi naturalmente non sono un esercito, in quanto ribelli organizzati sulla base di alleanze fra le tribù yemenite del Nord. Sono comunque combattenti numerosi, ben addestrati ed esperti del territorio, che è la loro terra.

La coalizione a guida saudita, invece, ha grossi problemi militari. In pratica sauditi e alleati hanno sofisticati mezzi aerei che sganciano bombe come piovesse, ma sono molto carenti per quanto riguarda i combattenti a terra.

L’esercito saudita sarebbe infatti piuttosto scarso come qualità, addestramento e numeri. Gli alleati proprio non hanno i numeri, e la qualità ce l’hanno solo i militari di Abu Dhabi, ma anche loro sono pochi.

La soluzione individuata sono mercenari ingaggiati tramite contractor. Migliaia di ugandesi, sudanesi, senegalesi, libici, ma anche colombiani, panamensi, salvadoregni e cileni. In pratica poveri che per campare combattono e uccidono altri poveri.

 

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