Bambini tra timidezza e ansia
Alcuni bambini mostrano un’inclinazione naturale verso la socialità: a loro bastano pochi minuti per entrare in relazione con uno sconosciuto, per iniziare a porgli domande o anche solo per attirare la sua attenzione tramite lo sguardo ed il sorriso.
Altri bambini, invece, manifestano un certo disagio in presenza di persone nuove, e necessitano quindi di più tempo per intraprendere una conversazione o lasciarsi coinvolgere in uno scambio relazionale. Altri ancora possono provare un’ansia così marcata rispetto alle situazioni sociali, soprattutto quelle poco familiari, da manifestare i sintomi di una vera e propria fobia.
In alcuni casi, la paura si innesca solo in alcune situazioni, come ad esempio le feste di compleanno o le gite scolastiche. In altri casi, invece i sintomi d’ansia si manifestano in una molteplicità di contesti, inclusa la scuola. In quel caso può esserci il rifiuto o la riluttanza ad entrare in classe, e/o la presenza di sintomi di malessere fisico (tensione muscolare, mal di pancia, mal di testa) prima e durante l’orario scolastico.
A volte il disagio si manifesta anche con pianto e scoppi di rabbia nei confronti ad esempio del genitore, senza che il bambino riesca a spiegarne il perché. Questi comportamenti possono far pensare ad un “capriccio” o ad un atteggiamento provocatorio, ma in questo caso sono una conseguenza dell’ansia che il bambino sta provando e che non riesce ad esprimere in modo chiaro e consapevole.
Quando il timore degli altri condiziona il bambino nel suo funzionamento scolastico e sociale o si associa ad un marcato disagio, può essere necessario l’intervento di un professionista. Se invece il bambino mostra timidezza solo in alcune situazioni, il ruolo dei genitori può essere decisivo nel favorire lo sviluppo delle capacità relazionali e di socializzazione, anche nei contesti meno familiari.
Tuttavia non è sempre facile per un genitore capire quale sia l’approccio più funzionale da adottare rispetto alle paure del figlio. Da una parte infatti si vorrebbe alleviare il disagio che sta provando, anche a costo di farlo rinunciare ad alcune occasioni di socializzazione, dall’altro si comprende la necessità di spingerlo ad affrontare le situazioni temute in modo da superare gradualmente le proprie paure.
È importante prima di tutto esplorare il suo vissuto, chiedendogli di raccontare cosa sta provando anche con l’aiuto del linguaggio metaforico. Con diverse modalità, a seconda dell’età del bambino, possiamo aiutarlo ad identificare quello che viene definito il “nucleo della paura”, facendo domande come ad esempio: «Qual è la cosa più brutta che può succederti se vai a questa festa?».
Il timore principale potrebbe riguardare l’esclusione sociale («nessuno giocherà con me»), oppure il giudizio («penseranno che non sono capace»), o il fatto di essere al centro dell’attenzione («tutti mi guarderanno e mi vergognerò»). Non sempre i bambini riescono ad esprimere chiaramente qual è la loro principale paura, per questo il genitore mediante il dialogo può svolgere un ruolo fondamentale e guidarlo in questo processo di consapevolezza.
Il passo successivo è quello di cominciare a familiarizzare, cioè a “prendere confidenza” con le proprie paure, distinguendo tra pensieri (cose che la tua mente ti dice) e sensazioni fisiche (cose che senti nel tuo corpo). Il genitore può inoltre aiutare il bambino a “legittimare” ciò che prova: «A tutti può accadere di fare dei piccoli viaggi nel futuro con la propria mente e immaginare che accadrà qualcosa di brutto. Questo non vuol dire che andrà sicuramente così. La nostra mente a volte ci inganna, ma noi possiamo imparare a non cadere nel tranello».
È importante dunque incoraggiare il bambino ad affrontare le situazioni temute, accettando il rischio che ogni relazione porta con sé, dando la priorità al proprio desiderio di sperimentare e di crescere. Infine è fondamentale favorire un contesto ricco di relazioni sociali. Se avrà la possibilità di costruire e di coltivare rapporti di amicizia con persone diverse, il bambino potrà infatti sviluppare le proprie competenze sociali ed apprezzare la bellezza dello stare in relazione.