“Bambini mai nati”: per loro, a Marsala, nasce un registro

Approvata dal consiglio comunale a larga maggioranza una delibera che istituisce uno spazio all'interno del cimitero. Siamo nel profondo sud siciliano, un comune di 83.000 abitanti, uno dei più popolosi dell'isola  
un feto

Bambini mai nati. Per loro, a Marsala, nasce un registro. Il consiglio comunale si è espresso a maggioranza. Solo tre i voti contrari. La delibera comporta una modifica al regolamento cimiteriale e individua un’area, uno spazio cimiteriale dove potranno riposare i poveri resti dei bambini mai nati, fino alla 28° settimana dal concepimento. Sparisce la dicitura “prodotti abortivi”, che li qualifica come “cose”. Da oggi saranno “bambini mai nati” perché a loro, per motivi diversi, per cause naturali o per aborto procurato, è stata negata la vita.

Nel registro ogni bambino sarà annotato con un nome di fantasia e nel cimitero ci sarà un piccolo cippo con il numero annotato nel registro.

La delibera è stata proposta dalla consigliera comunale Giuseppa Piccione,  di centrodestra, che ha  ribadito «l’importanza che la politica ha nel promuovere la cultura della vita». È una svolta importante su un tema oggi divisivo, come 40 anni fa. Secondo alcuni sottolinea la cultura della vita, il diritto di ogni bambino ad esistere, dal momento in cui quella nuova vita è iniziata, nel grembo materno, anche se non ha mai visto la luce. Altri lo considerano lesivo del diritto della donna che sceglie liberamente e legalmente di abortire, discriminante nei confronti di chi sceglie di interrompere la gravidanza. Qualcuno ha sollevato un problema normativo, ritenendo illecita l’istituzione del registro. C’è chi auspica l’intervento del garante per la privacy, a garanzia di chi vuole che la propria scelta individuale sia tutelata. Il registro, per la verità, non individua nessun legame familiare e attribuisce al feto solo un nome di fantasia.

Il dibattito è aperto, appena attutito dal clima ferragostano. Ma tutti sanno che, su questi temi, durerà a lungo.

Il dibattito non prescinde dagli schieramenti e dalle logiche ad essi collegati. In Italia non si è ancora riusciti a scindere la condivisione dei temi etici dall’appartenenza politica.

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