Balouo Salo: per coltivare la pace, costruite ponti
Quante volte ci siamo imbattuti nell’espressione “Autiamoli a casa loro”, spesso associata al fenomeno dell’immigrazione? Indubbiamente, la maggior parte delle volte vi fa ricorso chi afferma di volere ovviare al “problema”, o presunto tale, del flusso migratorio esercitando azioni progettuali effettive in grado di assicurare un futuro a quelle aree principalmente interessate da un vero e proprio svuotamento demografica dovuto la maggior parte delle volte a catastrofi ambientali, guerre e carestie.
Ora, al netto dell’effettiva percorribilità di tale approccio che non sta ad un cronista discutere, quali sono le effettive possibilità o i progetti in grado di non sradicare dalla propria terra e cultura decine di migliaia di persone? Ma soprattutto, chi è davvero disposto a farlo? E noi lo facciamo davvero?
Un ponte per salvare un popolo
Un esempio lampante e concreto è rappresentato da Balouo Salo, un progetto di beneficenza nel sud del Senegal, nella regione di Sedhiou (Casamance), finalizzato a migliorare le condizioni di vita di 80.000 persone che oggi soffrono la fame a causa della risalita di acque acide, che bruciano i campi di coltivazione, e di deficit infrastrutturali che impediscono l'accesso a risorse e servizi primari.
Si tratta di realizzare un ponte-diga nella vallata Tanaf Bolong (Villaggio di Tanaf), che favorirebbe così, oltre alla desalinizzazione del suolo rendendolo coltivabile per tutta la sua estensione (100 milioni di metri quadrati), il collegamento infrastrutturale tra le sponde e la nascita di rapporti sociali e commerciali oggi impediti per la presenza del fiume. Il nome deriva da un connubio di parole in lingua mandinga (cultura di maggioranza del Casamance, caratterizzata dalla saggezza dei saggi Griot): è l'unione di “ba” e “louo”, dove la prima vuol dire “mamma” e la seconda “cortile”.
Dunque se il “Cortile madre della vita” è la vallata che produrrà alimentazione e vita, Salo invece vuol dire “ponte” e, curiosamente, “preghiera”: “pregare per vivere” e “un ponte per la vita” o viceversa diventa perciò la ragione di un progetto che potrebbe cambiare l’intera esistenza di un intero popolo oggi sofferente e, pertanto, a forte rischio di emigrazione, almeno per i soggetti in forze.
Come aiutare chi?
A concepire l’idea, l’Associazione Balouo Salo, Onlus composta da giovani ingegneri, professionisti e docenti universitari uniti dal desiderio di abbattere le distanze culturali con principi di solidarietà e cooperazione: l’obiettivo è contribuire tramite le attività, benefiche e a carattere volontario, allo sviluppo dei Paesi in Via di Sviluppo, a migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti. In seguito al ponte, l’associazione si propone di realizzare un impianto di lavorazione del riso e dei cereali, abitazioni ecosostenibili, un centro medico e, insieme all'Associazione Al Demaro, un centro di formazione professionale sull'arte della musica, sulla produzione audio-video e sul settore della sartoria (molto diffusa in Casamance).
Il primo passo però è la realizzazione di quel ponte che ha lo scopo principale di desalinizzare una vallata attualmente invasa dalle acque salate del Casamance, che ne distruggono l'ecosistema causando anche malattie e infezioni ai soggetti deboli quali bambini e anziani. Gli effetti della desalinizzazione si produrrebbero per tutta l'estensione della vallata, lunga 25 km e larga in media 600 metri.
Costruire ponti per passare dalle parole ai fatti
Sono più di 128 i villaggi e 212 le comunità che potranno direttamente impiegare le loro conoscenze sui suoli, resi coltivabili, della vallata. Tra i più importanti, che si affacciano s quest'ultima, ci sono: Tanaff, Sanoufily, Boukarkounda, Kegnimacounda, Sambacounda Sango, Simbandi, Bissary, Baghere, Kenewall, senza contare che molte altre comunità potranno usufruire del suolo coltivabile. Il suolo della vallata è potenzialmente il migliore che esiste nella regione, per la coltivazione di riso e cereali (fonte primaria di alimentazione in Casamance), è caratterizzato da un’alternanza di strati di argilla e sabbia; le sponde sono invece caratterizzate da un sottosuolo adatto maggiormente alla coltivazione di frutti, ma non di riso e cereali.
“Se ci mancano i vestiti è colpa del sale, se manca il riso sul piatto è colpa del sale", mentre le donne del luogo dicono che “il sale porta via i nostri figli” dato che in questa regione manca la fascia di età emigrante, tra i 16 e i 35 anni. “Per coltivare la Pace, costruite ponti”, affermavano grandi testimoni come, tra gli altri, Giorgio La Pira e Giovanni Paolo II. Se davvero si intende affrontare il fenomeno dell’immigrazione dalla fondamenta per costruire un futuro di Pace, Balou Salo offre un’occasione per passare dalle parole, tante, ai fatti: per sostenere questa causa con le proprie possibilità ed essere informati è possibile trovare ogni informazione sul sito www.balouosalo.com