Ballet Lausanne a Caracalla
Non smette di entusiasmare, Maurice Béjart, attraverso la giovinezza dei ballerini del Ballet Lausanne: prolungamento della sua inesauribile creatività. Fra i protagonisti della danza del Novecento, Béjart con i suoi settantacinque anni è ancora sulla breccia per la continua tensione sperimentale che lo anima, sconfinante in linguaggi sempre contaminati: abbracci trepidi fra culture d’oriente e occidente, azzardi di accostamenti anche irritanti e magari non sempre congeniali. Mai legato però ad una formula fissa. Teatrante- filosofo per definizione, culturalmente onnivoro, il coreografo- regista francese ha attraversato universi estetici e ideologici i più vari, percorso cammini impervi fin dagli anni Cinquanta alla ricerca di nuove possibilità espressive per il balletto. Fino ad oggi. Ne è prova, ad esempio, Elton-Berg uno dei brani presentati nell’incomparabile scenario delle Terme di Caracalla per la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma. Sull’onda di quell’eclettismo musicale che è tipico della sua estetica, Béjart indaga ancora una volta i rapporti tra la danza e la musica. Ripropone la stessa coreografia creata su tre Lieder di Alban Berg, trasportandola sulle note della canzone Nikita di Elton John. Sono due mondi sonori diversissimi, che la danza di quattro esseri unisce nella continuità di spazio e di tempo in un istante della vita. In omaggio al luogo magico delle rovine romane, la serata si è aperta con l’aggiunta di una breve coreografia ispirata agli Uccelli di Aristofane. Vediamo tutti gli interpreti in scena entrare ad uno ad uno, assumere una posizione, attendere gli altri e poi dare inizio ad una danza di grande coralità. Basterebbe vedere quest’ingresso, semplice e lineare, intenso per gestualità e presenza scenica, per capire cosa significhi comporre un balletto. In Prélude a l’après-midi d’un faune, sulla musica di Débussy e reso famoso nel 1912 dagli innovativi gesti di Nijinsky – spigolosi e di profilo, ispirati ai bassorilievi -, Béjart ricrea passi e movimenti smorzando la carica di sensualità che invece caratterizzava la coreografia del leggendario interprete. Non è più il fauno che sogna delle ninfe immaginarie, ma sono le ragazze a sognare il loro eroe: appaiono e subito scompaiono lasciando la scena ai fantasmi reali da lui evocati. Su musiche tradizionali di flamenco, Juan y Teresa è un curioso viaggio nella letteratura spagnola del secolo d’oro, attraversato da due vagabondiattori, vagabondiattori, scaltri e un po naif, che si scambiano vari ruoli. Sept danses grecques, infine, sulla musica di Mikis Theodorakis, è una di quelle coreografie in cui la dimensione corale affascina per l’impatto armonioso delle masse dei ballerini simile ad un corpo unico e palpitante. Il brano fluisce tra il rigore matematico di una cantata di Bach e il calore del mediterraneo orientale. L’approccio di Béjart con le differenti civiltà è sempre stato quello di cercare di “diventare l’altro e non di dipingerlo”. Così per capire le radici del popolo greco evitando le citazioni più folkloristiche, crea un balletto – tra il classico e il contemporaneo, coi soli costumi bianchi dei ballerini in sala studio – che evoca profumi e colori del mare, il suo soffio salmastro, il lutto e la gioia di danzare di una collettività. Che contagia il pubblico come una grande onda marina Agenda Roma Festival del teatro ungherese. Nell’ambito della grande rassegna italiana Ungheria in primo piano – un progetto artistico e culturale per ri-conoscere l’anima europea dell’Ungheria – l’Eti promuove questa rassegna (al Quirino, dal 10 al 20/9) ospitando il Teatro dell’Operetta di Budapest con La principessa della Csárdás di Imre Kalman; il Balletto di Gyor che ha coreografato la festività ebraica di Purim; quindi l’opera lirica Háry János del Teatro delle Marionette di Budapest; e in chiusura il Teatro Katona Jòsef, diretto da Tamás Ascher, con Il mese del boia, del giovane drammaturgo Kornél Hamvai. Metamorfosi – festival di confine tra teatro e circo. Una nuova manifestazione per una nuova forma di spettacolo. Curata da Giorgio Barberio Corsetti e dalla sua compagnia Fattore K, sarà ospitata in un grande chapiteau montato nel Parco Archeologico degli Acquedotti. In scena Le Metamorfosi di Ovidio, regia di Barberio Corsetti (dal 21/9 al 6/10); i francesi del Collectif AOC in La syncope du 7, con giocolieri, trapezisti, danzatori e musica dal vivo (14-16); e Les Colporteus con Deux l’air, duo comico per corda volante, corda liscia, giocoleria e cascade (25/9 e 1/10). Per informazioni 06.6624626. G.D.