Ballando con le stelle
È un esempio di buona televisione. Partita in sordina quattro anni fa su Raiuno, si è rivelata la trasmissione di punta del sabato sera, per quasi un lustro, vincendo quest’anno l’Oscar della tivù, come migliore programma dell’anno. Un dialogo interessante instaurato tra palco e realtà, testimoniato dall’aumento del 50 per cento degli iscritti alle scuole di ballo in questi ultimi anni, sull’onda lunga del successo della Carlucci & company.
Se oggi, dunque, il varietà si presenta come un prodotto in buona salute, anche in termini generali di ascolto, lo deve ad alcuni meriti strutturali. L’idea, basata su un format della Bbc, Strictly come dancing, è semplice e vincente allo stesso tempo: far gareggiare dodici coppie, formate ciascuna da un ballerino professionista, il maestro, e da un concorrente vip, l’allievo, che impara, tra un valzer e un cha cha cha, a gestire il proprio corpo sul palcoscenico, al di là dei talenti e delle inclinazioni.
Ogni coppia si sottopone al giudizio di una giuria di qualità, la cui presidente è la severissima ex campionessa di ballo Carolyn Smith. Il varietà riesce a coniugare la passione per il ballo con il reality, che è però limitato al tempo delle prove, senza obbligare i concorrenti ad una convivenza forzata. In un tempo in cui, proprio grazie ai reality, si sdogana l’idea che per diventare gente di spettacolo siano sufficienti la fortuna e un po’ di vis polemica, meglio se indirizzata ai propri maestri, Raiuno propone qui un’esperienza diversa: i concorrenti, infatti, in sala prove sudano, piangono, cadono e si rialzano; possono discutere con il proprio maestro, ma con un rispetto di fondo, che oggi appare d’altri tempi, e che è garanzia dell’armonia della coppia.
I risultati si vedono in diretta tivù. Nonostante la palese difficoltà di alcuni concorrenti, i balli sono eseguiti con professionalità, dando quel tocco di leggerezza al programma che ben si coniuga con la dimensione della gara, con i suoi colpi di scena e le eliminazioni che mantengono alta l’attenzione dello spettatore. L’orchestra dal vivo accompagna impeccabilmente ogni performance, creando spettacolo in ogni momento, e il suo direttore, Paolo Belli, si è rivelato una vera spalla per la conduzione.
E poi, c’è lei, Milly Carlucci. Negli anni ci ha abituati alla sua professionalità, al suo garbo. Milly fa tante cose, e parecchie le sa fare bene: presenta e tiene la diretta benissimo, balla e canta, può sostenere un dialogo in inglese con qualsiasi ospite internazionale. Oggi è anche autrice. È vero, come dicono alcuni suoi detrattori, che parla a mitraglietta, ma riesce pure a far silenzio nei momenti giusti. Silenzio che, alternato alla musica, garantisce il ritmo più adatto: un elemento fondamentale per una trasmissione del genere.