Bagnasco fotografa un Paese turbato

Il presidente della Cei nella prolusione d’apertura del consiglio permanente denuncia il disagio morale, la fibrillazione politica che paralizza l’Italia, la debolezza etica. Un'attenzione particolare ai giovani
card Angelo Bagnasco

«Un Paese complesso, a disagio, disorientato». La fotografia dell’Italia scattata dal cardinale Angelo Bagnasco nella prolusione d’apertura al consiglio permanente della Cei non offre molte note di colore. Ad Ancona, sede scelta dai vescovi in vista del prossimo congresso eucaristico di settembre, il presidente della Conferenza episcopale mostra evidenti segni di preoccupazione e usa parole forti per esprimere l’allarme della Chiesa sullo spaesamento in cui sta vivendo la società italiana.  «Attentato alla coesione sociale», «stravolgimento del concetto di coscienza», «desertificazione valoriale», «debolezza etica», «disastro antropologico», sono solo alcune delle espressioni usate da Bagnasco nell’esaminare l’Italia di oggi.

 

Le 15 pagine del suo discorso sono una radiografia delle sofferenze del Paese e della gente, a cui «la Chiesa e i suoi pastori sono molto vicini» e quindi ben consapevoli  dei problemi reali. «Il senso di spaesamento che perdura, non come un’atmosfera artificiosa e momentanea, ma come stato d’animo concreto, affatto passeggero è evidenziato in più passaggi della prolusione sia che si parli della libertà religiosa, che della crisi economica, che del relativismo morale. Bagnasco evidenzia una sorta di ubriacatura generale, che da una «rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé»: un vero e proprio «disastro antropologico».

 

Il cardinale sottolinea con forza, che «chi fa il furbo non va ammirato né emulato». E questo vale anche per chi evade il fisco e ruba, dimenticando la prospettiva sociale contenuta nei comandamenti.

 

Veemente il monito del porporato alle istituzioni. «Chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda». E ammonisce i poteri che non solo si guardano con diffidenza, ma «si tendono tranelli, in una logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni». «Si respira un evidente disagio morale, prosegue il presidente della Cei, mentre si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci – veri o presunti – di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza» e chiede di «fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate, dando ascolto alla voce del Paese che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia senza avventurismi». Questa fase di fibrillazione politica e istituzionale e di debolezza etica rischia di trasformarsi per il cardinale in un «attentato alla coesione sociale che potrebbe lasciare nell’animo collettivo segni anche profondi, se non vere e proprie ferite».

 

I giovani sono l’altro motivo di preoccupazione di Bagnasco. Nel suo discorso li cita ben 14 volte e li chiama «generazione inascoltata o non garantita, in debito di futuro». La crisi economica che attanaglia le famiglie e che richiede una «revisione degli stili di vita» e una maggiore solidarietà anche nella distribuzione della ricchezza ha spesso in loro le prime vittime: non lavorano, non vedono prospettive, si sentono estranei al Paese. Eppure proprio loro, che nelle proteste contro la riforma universitaria avrebbero meritato più ascolto, secondo Bagnasco sono i veri cercatori di «ideali alti». «Bisogna che essi sappiano che nulla di umanamente valevole si raggiunge senza il senso del dovere, del sacrificio, dell’onestà verso se stessi, della fiducia illuminata verso gli altri, della sincerità che soppesa ogni proposta, scartando insidie e complicità». La strada facile del successo, insomma, è pura illusione.

 

Ma nel discorso del cardinale non sono presenti solo ammonimenti. C’è la gratitudine per l’Italia portavoce delle istanze di libertà religiosa per i cristiani presso l’Unione Europea e poi c’è la fiducia, la speranza che la fede religiosa, non relegata ad esperienza privata possa «far fronte alle intemperie, poiché ciascuno di noi è testimone di esperienze positive, capaci di rinvigorire». Un rinvigorimento non solo da auspicarsi, ma da tradurre in quotidiane azioni di rinascita civile da cui i cristiani non sono esclusi.

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