BAGLIONI & RAMAZZOTTI: due come loro
In commovente sincronismo i due paladini più amati del pop italiota si sono riaffacciati sui mercati con due dischi imparentabili nella genetica e diversi nel carattere, nello stile e nell’umore: esattamente come ha da essere tra le opere di un padre e del più affine dei suoi figlioli. Partiamo dalle similitudini. Il brizzolato dell’agro romano e l’ombroso borgataro appartengono all’identica dinastia dei cantautori nazional-popolari: capostipite il primo, erede designato il secondo. Mestiere identico dunque: raccontar la vita senza troppi arzigogoli intellettuali anche a costo di banalizzarla. Linguaggio semplice, giri armonici elementari, metafore stereotipate ma comprensibili, facce da poster. Canzoni facilmente riproducibili e storpiabili dai fruitori, perfetto complemento d’arredo per la Standa e gli autogrill, sottofondi ideali di caciare balneari, trasferte gitaiole e struggimenti da cameretta di condominio. Anche se tali panni stanno stretti ad entrambi: al divin Claudio perché con l’età ha maturato ambizioni di più alto lignaggio e febbri analitiche al limite del logorroico, all’altro perché i recenti travagli privati stanno generando inquietudini più crepuscolari di quelle consentite da codesto ambito espressivo. Il risultato delle rispettive fatiche è comunque sostanzialmente identico: Sono io – L’uomo della storia accanto (Sony) e 9 (Bmg) sono due dischi che piaceranno a chi li ha amati in passato, e risulteranno insopportabili a quanti hanno sempre trovato stucchevoli le loro canzoni. È curioso tuttavia rilevare come ciò sia avvenuto attraverso modalità e “strategie” piuttosto diverse. Il Baglioni odierno è un uomo a metà del guado della vita epperciò indeciso se continuare a nuotare in avanti o tornare alla rassicurante riva di partenza; da qui un disco ondivago e stilisticamente dubbioso, a tratti nostalgico nel riproporre canzonettismi antichi, a tratti cocciutamente proteso verso una complessità espressiva figlia della maturità anagrafica e dei garbugliamenti di una pop-star divenuta tale per destino più che per attitudine. Ramazzotti ha invece scelto di trapiantare tormenti del suo presente sul modello stilistico dei suoi anni ruggenti: un ritorno al passato contaminato dai fardelli di un oggi pieno d’incertezza e di malinconie. E poco conta se le canzoni del primo assomiglino troppo spesso a delle elucubrazioni in musica e quelle del secondo a delle compilation di pensierini da quinta elementare. A loro modo esprimono con sincerità fotografica i rispettivi presenti di due artisti (almeno nell’accezione contemporanea del termine) che stanno presumibilmente vivendo un identico dramma professionale: cantare la vita della gente comune senza viverla davvero, senza conoscerla se non attraverso ricordi sempre più lontani. Colmando l’abisso che li separa dal mondo reale col talento (loro e dei collaboratori di contorno) e la tempra di due personalità caratterizzate al punto da renderli immediatamente riconoscibili, perfino quando si sforzano d’apparire diversi. Sarà forse per questo che le tredici canzoni di Baglioni e le altrettante di Ramazzotti suonano come avessero almeno dieci anni. Ed è questo il loro limite, e la loro forza. CD NOVITÀ RADIOHEAD HAIL TO THE THIEF Capitol Ci sono dischi che hanno bisogno di più tempo di altri per poter essere valutati compiutamente. L’ultima fatica di Thom Yorke e soci appartiene in pieno alla categoria. Per ora possiamo solo dire che è un album più facile dei due impervi precedenti, vicino all’avanguardismo modernista ma accessibile di Ok Computer, a tutt’oggi il loro capolavoro assoluto. Aggiungiamo però due legittimi sospetti: che la band britannica sintetizzi il meglio del p o s t – ro c k attualmente in circolazione, e che il recupero della “forma canzone” rappresenti un passo in avanti, molto più che un pentimento revisionista. TRIBALISTAS TRIBALISTAS Emi Cinquantamila copie oggi valgono già un disco d’oro. Impresa comunque notevole per questo neonato trio carioca guidato dall’estroversione di Carlinhos Brown e l’intensità di Marisa Monte. Un disco fuori dai luoghi comuni dell’esotismo per raccontare al meglio il Brasile odierno, la sua gente e la sua delicata poesia.