Baciami ancora
Esce il 29 gennaio l'atteso sequel de "L'ultimo bacio" di Gabriele Muccino. Un film corale che dipinge un modo di essere che esiste, anche se non dappertutto e se non è l'unico.
Esce il 29 gennaio l’atteso sequel de L’ultimo bacio di Gabriele Muccino, il film che a suo tempo fece epoca e segnò la storia del costume. Diciamo subito che, a parte la durata eccessiva (2 ore e 19 minuti! Ma perché oggi si fanno film così lunghi?), il film convince. Muccino è cresciuto come i suoi giovani “eroi” – si fa per dire: un ritratto, secondo il regista, delle attuali generazioni di quarantenni e ispirati, ha affermato sempre Gabriele nella trasmissione di Fazio Che tempo fa, a «persone effettivamente conosciute».
Troviamo Carlo (Stefano Accorsi) e Giulia (Vittoria Puccini) coppia con figlia sull’orlo del divorzio, che muove le fila della narrazione. Ecco poi Marco (Pierfrancesco Favino) sposato con Veronica (Daniela Piazza), vero macho, che però non riesce ad avere figli; Adriano (Giorgio Pasotti dallo strano parrucchino biondastro) che torna dall’estero dopo la prigione per spaccio di cocaina e cerca il figlio che ha lasciato in fasce; Paolo (Claudio Santamaria), depresso cronico con un rapporto difficile con Livia (Sabrina Impacciatore); e infine Alberto (Marco Cocci), idealista antiborghese.
Un film dunque corale, in cui le storie dei singoli, con tanto di pargoli, si intrecciano e si scombinano. Perché Giulia, in attesa di divorzio, sta con Simone, attore “cane” (come si dice in gergo) e sfruttatore (come succede), Veronica si prende una cotta per il giovane artista narciso Lorenzo (Primo Reggiani) e resta incinta; Adriano incontra una separata con due figli, Adele (Valeria Bruni Tedeschi)…Insomma, così va il mondo, o meglio l’Italia dei quarantenni, secondo Muccino. Figli in cerca di padri, mogli in crisi, mariti psicologicamente instabili. Nessuno vive in pace, la serenità non esiste. Siamo tutti “scoppiati”?
Non è, a ben vedere, una commedia, ma sembra piuttosto un dramma pieno di dolore, fatto da persone che non riescono a trovare una via d’uscita da situazioni in cui sono precipitate senza accorgersene. A quarant’anni, però, non si può essere superficiali come certi trentenni, bisogna prendersi delle responsabilità, fare scelte che restino, è il ritornello sottinteso al mosaico delle storie di questi amici, che poi, alla fin fine, tanto amici sono restati fino ad un certo punto…Muccino sa condire il ritmo con astuzia, fra comicità e drammi, e alla fine sono l’amore (Giulia e Veronica restano incinte) e la vita a farsi strada, benché tortuosamente. E fra mille esitazioni. Perché quel “baciami ancora” di Carlo a Giulia fa sperare in una riappacificazione, vincendo le mille disillusioni, e potendosi forse perdonare. Ma la tragedia non è lontana: lo dicono la morte di Paolo, lo strazio di Livia.
Che fatica vivere oggi per i quarantenni, ma soprattutto che fatica per i poveri figli di questa generazione indecisa, che conosce una dimensione di vita piatta e senza gioie. Certo, esiste solo questo tipo di gente? Probabilmente no. E sta forse in questo un limite del film, un po’ troppo categorico nei personaggi umani rappresentati. Ma son quelli che Muccino conosce, e su di essi snocciola il racconto.
Bisogna dire che la musica di Paolo Buonvino è quanto mai efficace, insieme alla canzone finale scritta appositamente da Jovanotti, e gli attori recitano, quasi tutti, assai bene. Accorsi è cresciuto, la Impacciatore convicente, la Puccini molto credibile. I migliori restano Favino, imperdibili i suoi momenti tragicomici, Santamaria, in quella che è forse la sua miglior performance, e il preciso Pasotti. Un po’ più sotto Daniela Piazza e Primo Reggiani, che dovrebbe darsi finalmente una mossa nella recitazione.
Conclusione. È un film da vedere? Sì, perché ha ritmo, apre alla speranza (di questi tempi, poi…) e dice un modo d’essere che esiste (in modo agrodolce, come usa oggi). Anche se non dappertutto e se non è l’unico. Nel prossimo sequel auguriamo a Muccino di scoprirlo e di raccontarcelo.