Azzardo di stato, i punti da risolvere

Cresce la protesta delle aziende delle slot contro le norme del decreto dignità. Considerazioni sulle scelte politiche necessarie per andare alla radice della patologia sociale. A colloquio con Marco Dotti
ANSA/ ALICE FUMIS

Esiste un quadrato di piazza Montecitorio, davanti al palazzo della Camera, destinato, sotto vigile osservazione della polizia, alle manifestazioni di protesta di ogni genere. Lo frequentano spesso i rappresentanti dei gestori del mondo dell’azzardo legale che criticano gli effetti del decreto dignità sulla loro attività, paventando la perdita di migliaia di posti di lavoro.

In effetti, coerentemente con l’impegno portato avanti negli anni di opposizione ai precedenti governi, il M5S è stato l’artefice di alcuni provvedimenti importanti nel settore, a cominciare dal divieto della pubblicità che dovrebbe andare in vigore questa estate 2019. Ma la materia è continuamente sotto attacco. Una recente sentenza del Tar del Lazio ha dato torto ad un regolamento orario del comune di Anzio, ma le imprese del settore vogliono di più e reclamano certezze.  Sembra aver capito bene il nocciolo della questione Massimiliano Pucci, presidente dell’associazione di gestori slot Astro, che rivolgendosi ad agipro news, agenzia di stampa del  settore, ha affermato che «parte del Governo» è convinta  «che i soldi spesi per il gioco sottraggono denaro all’economia reale. Non si abolisce più il gioco per combattere le ludopatia ma per far circolare il denaro in altri settori economici. Principi che suonano arcaici e che sembravano archiviati sui libri di storia ma che stanno riemergendo».

Oltre al solito artificio di usare la parola “gioco” al posto dell’ “azzardo”, che è il suo contrario, l’esponente del mondo delle slot ha colto, stigmatizzandola, l’analisi comune a molte delle associazioni che cercando di contrastare il fenomeno dell’azzardo di massa indotto negli ultimi anni in Italia.

Le norme  introdotte nel decreto dignità sono, tuttavia, solo la parte iniziale di una serie di interventi radicali che sarà difficile portate avanti, come ad esempio la messa in discussione delle convenzioni con i grandi concessionari, tipo Lottomatica.

Cerchiamo di fare il punto della situazione con Marco Dotti, docente universitario e redattore di Vita, cioè la realtà editoriale che, come Città Nuova e Avvenire, è al centro di un movimento culturale che pone la questione azzardo come rivelatrice degli assetti di potere politico e finanziario nel nostro Paese.

A che punto stiamo?
Il flusso di denaro mosso nel 2018 dall’azzardo legale, nonostante i piagnistei del settore, è aumentato e tutti nella “filiera” ci guadagnano. Detto questo, credo vadano poste questioni alte, non di dettaglio a questo governo: siamo disposti a continuare così?

Secondo te, quali passi avanti ha fatto in materia il governo in carica?
Il governo si è insediato a giugno, uno dei suoi primi provvedimenti è stato il divieto totale di pubblicità su tutte le piattaforme. Un importante e fondamentale passo avanti. Un divieto a cui ora deve essere data attuazione e, soprattutto, sanzione. Sono i tanti comportamenti scorretti – soprattutto di società dell’azzardo che operano nella zona grigia delle scommesse online e imperversano sui cartelloni pubblicitari degli stadi, poi ripresi ad arte dagli operatori televisivi, anche del servizio pubblico – ancora in atto. Ora il problema è stato posto, si è proposta una soluzione e le contraddizioni che ne nasceranno, se nasceranno, in fase di attuazione integrale del decreto saranno contraddizioni istituzionali. Ma qui, oltre alle sanzioni, serve controllo sociale, serve la presa di coscienza che la responsabilità è di tutti, in primis degli operatori dei media. Che, non a caso, sono stati i più tenaci (ben più dei grossi concessionari dell’azzardo legale) nel contrastare il divieto totale di pubblicità. Il governo ha preso atto di un cambiamento nella sensibilità sociale rispetto al gambling. I media sembra che ancora tardino a farlo. Sul fronte delle norme del Decreto fiscale, è stata approvata, ma con un articolo alquanto confuso e confusionario concepito dalla Lega, una lotteria filantropica. Qui il tema è esattamente l’inverso: perché dovremmo legare la filantropia alle dinamiche di gioco e dovremmo “istituzionalizzare” la riffa? Questo è un passo indietro. Mentre un passo né avanti, né indietro è quello della manovra. Si sono alzate le tasse e si sono modificate le percentuali di vincita sulle macchinette, che ora a quanto pare verranno nuovamente modificate. Non voglio sminuire, ma non griderei “al lupo!”. Il lupo c’è già, e non da ora divora le sue prede.

Quali sono i nodi irrisolti, dal tuo punto di vista?
Mi limito a un punto: tutto viene ancora tenuto sotto il “cappello” del Ministero dell’Economia (Mef). È ora che di questo settore ricominci a occuparsi il Ministero degli Interni, come era prima della “svolta” degli anni Novanta. Se il mandato del Mef è far quadrare i conti, mandato del Ministero degli Interni è garantire contenere questo fenomeno che, come dimostrano le ultime inchieste, è sempre più veicolo, oltre che di predazione sociale, anche di riciclaggio e finanziamento per attività occulte. (Parlo ovviamente di istituzioni,  non ho alcuna simpatia, anzi, per l’attuale ministro e la sua “visione” disumana. Ma in Italia si personalizza tutto e, di conseguenza, si depotenzia la possibilità di intervenire sui fenomeni e sulle loro logiche, che sono sempre complesse) .

Esistono dei punti nevralgici da colpire per far crollare l’impalcatura dell’incentivo di massa dell’azzardo?
Ne vedo tre. Il primo consiste nel togliere la vendita dei prodotti dell’azzardo dai locali a libero accesso (es. dai tabaccai e in primis per macchinette e gratta e vinci) e responsabilizzare penalmente i concessionari rendendoli responsabili in solido di tutto ciò che accade dentro locali che portano le loro insegne (come accade per il sub appalto). Cosa che ora non avviene: lo Stato non sa realmente chi opera per e in suo conto sul territorio, quindi sui territori accade di tutto. In secondo luogo bisogna controllare gli algoritmi. Ho chiesto da tempo che vengano resi pubblici, ad esempio, i codici degli Nrg, i number random generator che gestiscono le Vlt, le macchinette iperveloci che macinano migliaia di euro all’ora. Quando avremo gli algoritmi, capiremo di che cosa stiamo parlando. Come terza sfida vedo la necessità di spostare il focus istituzionale dalla “sfiga” e dalla “patologia” al sociale. Voglio dire che questo fenomeno ha impatti sistemici su tutti, anche i non giocatori. La patologia dei singoli rientra nel contesto di un sistema malato. Finanziariamente malato: non a caso grandi fondi di investimento stanno investendo nel settore azzardo e grossi gruppi di tale settore si sono buttati sul mercato dei crediti deteriorati. Insomma, dobbiamo mettere insieme i saperi e farli parlare, non dividere tutto in compartimenti stagni (di questo si occupano i clinici, di quest’altro i funzionari del Mef, etc.). Questo allargare lo sguardo ci permetterà di affrontare il problema e al contempo darci un mandato chiaro: il legame sociale è sotto attacco. L’incentivo è vitale per questo sistema. Un sistema per cui la patologia non è una conseguenza comportamentale di un “gioco irresponsabile”, ma l’obiettivo stesso di questo business che si gioca sulla vita umana.

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