Azzardo, poteri e interessi
Abbiamo recentemente incontrato il senatore M5S Giovanni Endrizzi in un dibattito dedicato alla “Industria dell’azzardo” per commentare, assieme al professor Maurizio Fiasco e all’avvocato Attilio Simeone della Consulta nazionale contro l’usura, il recente lavoro sul tema promosso dall’Istituto universitario salesiano di Torino a partire dalle dimensioni problematiche della diffusione dell’azzardo nel quartiere “Barriera” del capoluogo piemontese.
Il contrasto alla diffusione incentivata dell’azzardo è una delle istanze che il M5S ha cercato di promuovere con più convinzione. Il divieto di pubblicità imposto a questo settore, ad esempio, è uno degli obiettivi raggiunti con il “decreto dignità” dell’agosto 2018, con il Conte 1 assieme alla Lega, ed entrato in vigore, alla scadenza dei contratti ancora in essere, a partire dall’agosto 2019.
Il passaggio dall’opposizione al governo rappresenta sempre un momento che obbliga a fare i conti sulla possibilità effettiva di realizzare quanto promesso. Lo stop alla pubblicità è solo il primo passo di una strategia che mira a cambiare l’indirizzo politico che ha condotto l’Italia al vertice del consumo di azzardo a livello mondiale, con 108 miliardi di euro raccolti nel 2018 che hanno prodotto circa 10 miliardi di euro per l’Erario e più meno altrettanto per le aziende della filiera.
Toccare le entrate dello Stato e gli interessi delle grandi società del gambling non è affatto un’impresa semplice. Infatti, il giorno successivo al convegno sull’industria dell’azzardo, nella sala stampa della Camera si è tenuto il convegno su “I danni del proibizionismo in Italia– Il pericolo di uccidere il Gioco Lecito” promosso dall’Istituto Milton Friedman con l’intervento del deputato di Forza Italia, Andrea Ruggieri. Cerchiamo, quindi, di fare il punto con questa intervista.
Sembrava impossibile e invece il divieto di pubblicità dell’azzardo è ormai in vigore. Esiste il pericolo di passi indietro in materia?
Il “decreto dignità” era una grande rivoluzione! Tuttavia le linee guida adottate da Agcom, l’Autorità preposta a far rispettare il divieto, vorrebbero introdurre in modo surrettizio una quantità di eccezioni, che sono francamente incompatibili con il concetto chiaro della legge: divieto “Totale”: Cosa non è chiaro di questa dicitura? Il Branding che vediamo ancora nelle partite di calcio è pubblicità. Il sottosegretario all’Economia, Villarosa lo ha ribadito bene con una circolare: invita Agcom a rivedere un testo pieno di scarabocchi giuridici (ne cito uno: la legge dello Stato dovrebbe soccombere di fronte a provvedimenti amministrativi) e ammonisce i concessionari: in caso di violazioni della legge o di colpevoli omissioni nel controllo della filiera, le concessioni possono essere sospese e nei casi estremi e reiterati anche revocate. Firmata la circolare, pochi giorni dopo il Governo è stato sfiduciato a mezzo stampa. Bene: oggi “cambiamento” è difendere la coerenza sulla tutela sociale e notificare al più presto la circolare.
L’ostacolo al divieto di sponsorizzazione di attività sportive sembra aggirato con operazioni come quella di Lottomatica e Coni nell’operazione “vincere da grande” che trova ampio spazio su grandi testate nazionali. Cosa ne pensa?
Il divieto vuole evitare che l’industria dell’azzardo associ i propri marchi a valori portanti: cultura, ambiente, salute. Se lo immagina un centro anziani “Fai Bingo nella Vita!”, un ospedale civile “Giocate Bene Fratelli!”, Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci-casa”! Non riesco a ridere. Lo sport è negli interessi fondamentali e virtuosi dei nostri ragazzi. Non può divenire il cavallo di Troia per operazioni di marketing in un settore che, pur essendo legalizzato, rappresenta un forte fattore recessivo sul piano culturale e, a ben vedere in termini di “costo-opportunità”, anche economico, occupazionale e finanziario.
C’è intenzione del governo di riconsiderare il sistema delle concessioni dell’azzardo alle società commerciali?
È una domanda per il Governo. Certamente, se lo Stato che, per Costituzione, ha doveri di tutela della famiglia, dell’infanzia, della gioventù, della salute, del risparmio, si lega “contrattualmente” a privati che perseguono lucro, si crea un pesante conflitto tra interessi. Poi non ho ancora capito perché, rispetto alla gestione diretta dello Stato, un concessionario dovrebbe poter dare maggiori garanzie contro l’infiltrazione mafiosa, quando ha sede nei paradisi fiscali e non dice nemmeno chi sono i suoi soci finanziatori: azionariati di queste società potrebbero tranquillamente essere in mano a politici o mafiosi (senza con ciò accostarli automaticamente). Quando poi scoppiano le inchieste, i concessionari si arroccano come “parte lesa”.
Come è stato possibile che il gruppo Lottomatica abbia beneficiato, con il decreto fiscale del 2017, da parte dell’Agenzia Dogane e Monopoli, di una proroga di 9 anni delle lotterie istantanee senza alcuna procedura di gara pubblica?
Già: come è stato possibile? A suo tempo mi battei contro quel regalo, in violazione di principi di trasparenza, anticorruzione, tutela erariale… quantomeno di opportunità politica e pudore verso l’opinione pubblica. Niente da fare. E restai colpito per un attacco davvero inatteso che mi arrivò dall’interno. Vado avanti. Il tempo è galantuomo.
Il teorema che Lottomatica fosse l’unico concorrente interessato e che si rischiasse in gara di ricavare meno degli 800 milioni di euro contrattati “brevi manu” cadde: Sisal avviò contenzioso perché, a suo dire, avrebbe almeno pareggiato tale cifra.
Si può rimettere in gioco l’intero sistema tornando ad una gestione pubblica di tale attività?
Ho parlato con qualche funzionario dell’Agenzia delle Entrate; diciamo che non è impossibile. Stiamo parlando di una misura che richiede una costruzione complessa, ma realizzabile. Oggi abbiamo maggiori urgenze in sequenza da affrontare, ma è necessario costruire una task force di competenze integrate per mettere in cantiere questa ipotesi a medio-lungo termine. Il settore è avanti: dietro alle “manine” ci sono fior di cervelli; e noi?
Nel frattempo quali strategie si possono adottare per indurre l’attenuazione della incentivazione dell’azzardo?
Dobbiamo agire innanzitutto sulla domanda: smettere di incentivare l’azzardo (epocale è stato il divieto di pubblicità, ma va difeso, sennò…), adottare strategie che rendano l’azzardo gradualmente meno appetibile. In secondo luogo potenziare le capacità di contrasto all’illegalità, specialmente gli strumenti di controllo sulla rete Internet: per ora stiamo solo rallentando una corsa a precipizio.
Infine misure che disincentivino l’offerta: a quel punto non dovremmo più temere il viraggio verso l’online illegale. Fondamentale in questo senso è quanto emerge dal Piemonte: la legge che ha distanziato l’offerta di azzardo da scuole, ospedali e chiese, ha fermato l’emorragia, anzi ha dato ossigeno alle famiglie: l’impoverimento da azzardo si è ridotto del 30%.
Chi dice che l’online è aumentato, guardi i numeri: l’incremento è stato inferiore alle altre regioni che non hanno le stesse tutele. A beneficiarne sono le famiglie, i bambini a cui vengono restituite migliori cure genitoriali, ma anche gli imprenditori: i quasi 20 miliardi di perdite nette in Italia, sono sottratte in buona parte alle classi meno abbienti: andrebbero spesi in altre filiere, a vantaggio di imprenditori e dell’occupazione.
Considerando, appunto, il caso italiano non come esempio di legalizzazione ma di incentivazione di massa, non esistono gli estremi per una commissione di inchiesta per appurare cosa è accaduto nel nostro Paese, tra complicità e collusioni, e trarne elementi di soluzione?
Si, sarebbe interessante trovare la verità storica su quella che considero una strage sociale. Negli anni ‘90 nei Sert le persone affette da Disturbo da Gioco d’Azzardo erano quasi zero. Con l’esplosione dell’azzardo di Stato le casistiche stanno schizzando verso l’alto; in provincia di Treviso i malati di gioco d’azzardo nel 2015 erano 305, nel 2018 sono stati 354. Nei primi sei mesi di quest’anno già 253. E vengono pressoché tutti dal comparto “legalizzato”. Aggiungiamo che, nel frattempo, le mafie non sono risultate parimenti penalizzate, Anzi: dalla Direzione Nazionale Antimafia e dalle Forze dell’Ordine audite in commissione Bicamerale Antimafia abbiamo appreso che le mafie traggono verosimilmente i loro grassi affari proprio dal comparto “legalizzato”: riciclaggio di denaro, attività di facciata “regolari” che nascondono Slot e scommesse irregolari, punti gioco legali intestati a prestanome. A chi stiamo facendo un favore?