Azzardo legale. Il modello alternativo finlandese
Con Marco Dotti, del magazine Vita, abbiamo un dialogo aperto che parte dalla questione dell’azzardo per andare alla scoperta di quello che emerge dal profondo della società italiana. Dotti è tornato da poco dalla Finlandia, dove si è recato per approfondire una modalità per regolare l’offerta del cosiddetto “gioco” d’azzardo alternativa rispetto a quella operante in Italia. Anche qui, come su molti campi, si tratta di abbattere quel dogma imperante sulla mancanza di alternative, spesso fondato su una concezione pessimistica dell’essere umano.
Perché questo interesse per la Finlandia?
«L'interesse per la Finlandia è l'interesse per un modello, per una policy se così la vogliamo chiamare, non integralmente affogata dalla politics. Intendo dire: in Finlandia, sul tema dell’azzardo e del suo rapporto con Stato e società civile, possiamo osservare de visu che cosa significhi una strategia di lungo termine. In Italia, il dibattito biecamente politico affoga ogni visione strategica in questioni di mera tattica o in un decisionismo di facciata che lasciano il tempo che trovano. C'è poi un interesse critico. Critico nei confronti di alcune retoriche. La prima: riemerge carsicamente l'idea che "si debba finanziare il welfare" con i proventi dell'azzardo e, superficialmente, alcuni analisti citano il caso-Finlandia.
Andare a fondo su questo presunto paradiso in terra risponde alla necessità di smontare la finta opposizione (che solo nel pollaio italiano ha presa) tra opzioni proibizioniste e antiproibizioniste. Una strategia di lungo termine prevede che vi siano regole. Quindi, se parliamo di regole, a me interessava verificare come, in un Paese come la Finlandia, che ha slot machine dislocate in ogni dove, dai supermarket alle tabaccherie, si sia regolato il fenomeno».
Cosa avviene in questo Paese scandinavo?
«In Finlandia le slot sono ovunque, come ho detto, ma i privati non ci sono (se non nell'enclave delle isole Aland – che è un po’ come la nostra città di Campione d’Italia – o come partner tecnologici: ricordo che Lottomatica è partner tecnologico di Veikkaus, che gestisce lotto e bingo). La regolamentazione del gambling o azzardo legale, in Finlandia, la chiamiamo proibizionista o antiproibizionista? Io lo chiamo un modello. Attenzione, non “il” modello”, ma “un” modello. Un modello che si regge su un rigido monopolio statale, contro il quale a nulla sono valsi i ricorsi in sede europea. Il sistema finlandese regge da 80 anni e concede a tre società pubbliche la gestione di slot, lotto e ippodromi. I proventi vengono interamente usati per finanziare welfare, scuole e tutela ambientale. Ma anche qui, stiamo attenti a una particolarità: in Italia, pur arrogandosi il “monopolio” dell’azzardo pubblico, lo Stato lo “concede” a 13 concessionari lo sfruttamento privato dello stesso. Poi, attraverso previsioni di legge – l’ultima, nella cosiddetta Legge Delega che prevede un fondo chiamato “Buone Cause” che dovrebbe essere alimentato proprio in questo modo, per una cifra annua di 200 milioni di euro! – e tentativi di introdurre una tassazione di scopo, chiede a quei privati che parte dei loro incassi o dei tributi che dovrebbero versare all’Erario vadano a finanziare in forma diretta attività di recupero, di formazione o quant’altro. Non solo il circolo italiano, molto più lungo e, mi si passi il termine, “vizioso”, è aberrante. Ma è anche un modello che non può funzionare, se non per futuri scandali e future “Roma capitale”. In Finlandia il rapporto è diretto, ma tracciabile, fino all’ultimo centesimo, per quanto riguarda gli stanziamenti che seguono un complesso e rigoroso iter di valutazione preventiva e consuntiva. È proprio la visione ad essere diversa. In Italia ogni visione affonda nella politica dell’“umma umma”».
Ma la Finlandia non è troppo diversa da noi per essere un modello da replicare?
«Chiaramente il modello finlandese non è in toto esportabile in Italia e non sarebbe nemmeno auspicabile. Ciò detto, io credo che alcuni elementi positivi vi siano, alcune esperienze potrebbero esserci utili, anche solo come esercizio per lo sguardo. Credo infatti si debba uscire dalla nicchia dell'autoreferenzialità tutta italiana e tutta parlamento-centrica e si debba iniziare a comparare esperienze politiche diverse dialogando e osservando e ponendosi delle domande. Le domande, in Finlandia e in Italia, sono le stesse. Le risposte, ahinoi!, variano di molto. E in Italia non so nemmeno se si possano chiamare risposte (legge delega docet)».