Azzardo e nuovo governo
Nell’ attuale governo esistono alcune forze che hanno condotto una battaglia contro la diffusione incontrollata dell’azzardo “legale” fino a farne una bandiera. È quindi ragionevole pretendere dai gruppi parlamentari di maggioranza e dai ministri del governo, segnatamente dei M5S, di realizzare quanto promesso finora. È chiaro che ogni tipo di intervento, per essere efficace, dovrà realizzarsi nel segno di un cambio complessivo di paradigma dell’azzardo e tale da tradursi in una revisione radicale del sistema di concessioni pubbliche.
Nell sostanza si tratta di lavorare verso un obiettivo di carattere generale che consiste nel sottrarre ingenti risorse ad un sistema che produce pochissimo valore e danni ingenti alla società per favorire gli investimenti in settori dell’economia a più alto valore aggiunto. Si prenda, ad esempio, la spesa annua nazionale in attività culturali e sportive: nel 2017 gli italiani hanno buttato in slot machine, vlt e scommesse sportive sul web ben più della somme spese per il cinema (634 milioni di euro), per il teatro (396 milioni di euro) e per vedere dal vivo una partita di calcio (315 milioni di euro) messe assieme.
Se si considera tutto il fatturato dell’azzardo legale (incluso il payback, che viene redistribuito ai soli vincitori rispetto ai milioni di utenti che spendono) e cioè 101 miliardi di euro, si supera di molto quanto gli italiani spendono in sanità o quanto lo Stato (e quindi gli italiani con le loro tasse) e i cittadini spendono per l’istruzione.
A partire da tale premessa esistono due tipi di intervento, realizzabili in fretta, che non prevedono un costo di realizzazione e che avrebbero da subito un effetto positivo sulla riduzione della domanda e sul contenimento della penetrazione della criminalità nell’azzardo legale. Parliamo di scelte che non prevedono una revisione in Commissione Bilancio e cioè un passaggio che, in passato, ha determinato un rallentamento decisivo dei tentativi di interventi normativi presentati dalle altre commissioni parlamentari.
Il primo provvedimento consiste nel decretare il divieto assoluto di pubblicità, comprensivo di ogni tipo di sponsorizzazione diretta e indiretta.
Il governo e, in particolare il vice presidente del consiglio Di Maio, ha annunciato che presenteranno nel breve periodo una proposta di legge che vieti in maniera definitiva qualsiasi forma di pubblicità e sponsorizzazione delle società del settore dell’azzardo. Ci auguriamo che questa battaglia, portata avanti nella scorsa legislatura da alcuni parlamentari pentastellati si concluda nella maniera più degna per lo sport e la libertà di informazione oltre che per tutti i cittadini. I media e lo sport sono infatti intasati da pubblicità invasive e sono sotto scacco degli inserzionisti fra i più importanti in termini di spesa.
Le persone, in particolare quelle più deboli, più giovani e più anziane, non solo vengono letteralmente bombardate da messaggi illusori, ma si immergono in un contesto in cui l’azzardo entra nella dimensione del gioco reale e di un’apparente spensieratezza. Come movimento Slot Mob abbiamo potuto dimostrare al precedente sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, che disponeva della delega del Parlamento ai “giochi”, che numerose sentenze in sede europea supportavano tale importante riforma, facendo cadere l’alibi della libertà d’impresa. E lo stesso possiamo fare con chi è stato chiamato a sostituirlo.
Prima di ogni riforma radicale, bisogna agire sulla trasparenza che, nel mondo dell’azzardo, richiede di essere articolata su diversi livelli.
In prima battuta, la trasparenza sulla identità effettiva dei concessionari è fondamentale per limitare la presenza delle mafie nel settore dell’azzardo legale che, per essere coerenti, dovrebbe essere gestito con la massima correttezza direttamente da parte dello Stato per prevenire ogni incentivazione.
In materia esiste una norma molto chiara che, tuttavia, non viene applicata. Il codice antimafia (D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159), infatti, prevede l’obbligo in capo alle società concessionarie di giochi pubblici di produrre la documentazione antimafia anche per quei soci che detengono direttamente o indirettamente una partecipazione superiore al 2%. Il rispetto di questa regola consentirebbe di svelare i reali proprietari delle concessionarie che spesso si nascondono dietro società fiduciarie o fondi di investimento con sedi in Paesi a fiscalità privilegiata (Lussemburgo, la City di Londra, ecc.) o in Stati con norme di trasparenza societaria estremamente più blande rispetto a quelle italiane (Malta e Gibilterra su tutte). Con la semplice applicazione della normativa in vigore diventerebbe quindi possibile combattere la presenza nell’azzardo, in particolare online, delle mafie (la ndrangheta su tutte). In assenza di un vero filtro all’ingresso delle concessioni infatti, molte inchieste, con sequestri da centinaia di milioni di euro che hanno investito il mondo dell’azzardo, sono nate da indagini sulle mafie e quasi mai viceversa.
Al di là dei moltissimi concessionari online, la lista di quelli che si avvalgono dei vantaggi offerti dalla tipologia dei Paesi indicati comprende le aziende più famose del settore: Lottomatica, di proprietà del gruppo IGT con sede legale a Londra; Sisal, alla cui cima della catena di controllo si è sistemato un altro fondo di private equity, Cvc Capital Partners, con mente operativa a Londra ma sede nella più comoda Lussemburgo; Global Starnet, la ex Atlantis Bplus di Corallo, con sede a Londra; il gruppo Gamenet Intralot, il cui azionista di maggioranza è diventato il fondo anglo-americano Trilantic Capital Partners, con sedi a Londra, Lussemburgo e nell’isola di Guernsey, nel Canale della Manica. Una puntata all’isola di Malta va fatta per individuare Reel Italy Ltd, concessionaria in Italia della piattaforma Pokerstars.
Ma è la stessa trasparenza del sistema delle concessioni a rivelarsi un tema altrettanto decisivo. È praticamente impossibile accedere ai contratti di concessione che l’Agenzia dei Monopoli ha stipulato con le aziende concessionarie dell’azzardo. Ciò ovviamente comporta una discreta difficoltà nel tentare di modificarli e ri-scriverli, in termini di limitazione, e non di espansione del settore, come già sembrerebbe previsto da quelle in essere.
L’opacità dei dati è poi un ulteriore elemento che complica l’intera materia. Appare incredibile che i concessionari abbiano i dati, in tempo reale, persino degli IP dei giocatori online (con importanti opportunità di profilazione della clientela), mentre la società civile e gli enti locali devono aspettare la pubblicazione una volta l’anno dei dati sul consumo d’azzardo tramite il “libro bianco” dei Monopoli di Stato. La battaglia che alcuni comuni stanno portando avanti per ricevere i dati scorporati per città (e sarebbe necessario anche per quartiere) è necessaria per attuare politiche mirate sul territorio. Le diverse espressioni della società civile, delle istituzioni territoriali e del mondo accademico potrebbero, allo stesso tempo, promuovere uno studio approfondito del fenomeno tramite l’accesso a tali informazioni. Ed è chiaro che queste analisi potranno risultare propedeutiche all’adozione di un programma di riduzione radicale dell’azzardo legale in Italia, in particolare attraverso la revisione delle concessioni alla loro scadenza.
Francesco Naso e Gabriele Mandoolesi *Movimento Slot Mob