Azzardo di massa, 150 miliardi bruciati mentre la politica cede alle lobby

Mentre l’attenzione generale è rivolta al pericolo di una grave escalation bellica, un decreto del governo agevola le società del settore. La denuncia del sociologo Maurizio Fiasco, presidente di Alea.
Azzardo di massa ANSA / MATTEO BAZZI

L’azzardo di massa ha superato la raccolta di oltre 150 miliardi di euro nel 2023.  Il dato è stato anticipato alla commissione bilancio della Camera dalla sottosegretaria al MEF Sandra Savino. È la foto di un Paese che rappresenta l’esempio eclatante di una espansione garantita dallo Stato del settore “giochi” che si è tramutata in un fenomeno di diffusa incentivazione di punti vendita e induzione fino a sbarcare sul web senza limiti. Siamo davanti ad una sperimentazione “in vivo” applicata sulla popolazione italiana da circa 30 anni di prevalenza di lobby economiche sulla politica.

Secondo Maurizio Fiasco, presidente di Alea e tra i massimi conoscitori del fenomeno, nel nostro Paese si contano oltre «un milione e mezzo di azzardopatici (dipendenti dal consumo di azzardo, ndr) che fanno parte dell’universo dei consumatori abitudinari, cioè di almeno 5,1 milioni di persone». Sono dati forniti nel 2018 dall’Istituto superiore di Sanità e quindi da considerare certificati, ma da aggiornare dopo cinque anni.

Gli studi più seri in questo campo dimostrano che l’80 per cento degli introiti dell’azzardo provengono da questa frazione di popolazione esposta ad un costante pericolo di cadere nella dipendenza patologica e nelle grinfie dell’usura.

I luoghi dell’azzardo sono chiamati delle vere e proprie “trappole per topi” (parole che si lasciò sfuggire in una intervista il manager di un casinò di Las Vegas).  Manovali della mafia e strozzini sono assidui frequentatori dei punti scommessa, sale slot, bingo, ecc. alla ricerca di potenziali “clienti”, facilmente riconoscibili da chi ha l’occhio clinico del mestiere. Ora le prede si trovano e vengono profilate sul web grazie a server collocati in Paesi compiacenti.

Siamo davanti ad una tragedia inevitabile? Niente affatto. Negli Usa ad esempio, fa notare Fiasco che è intervenuto su Avvenire, è fortemente ostacolato l’accesso alle piattaforme dell’azzardo sul web, mentre il fenomeno in Italia è balzato dai 35 miliardi di euro raccolti nel 2019 (era pre Covid) agli 85 miliardi di euro (proiezione) gettati in tale folle voragine nel 2023. La raccolta on line beneficia di una tassazione netta irrisoria, cioè intorno all’1%.

Ci guadagnano solo le concessionarie dello Stato perché il sistema, è bene ricordarlo, non è gestito da funzionari pubblici, ma è affidato alla gestione di società private, alcune controllate da forti investitori finanziari, riunite in associazioni quali a esempio Confindustria settore Giochi, e altre organizzazioni imprenditoriali che dispongono di agguerriti studi legali. Secondo le loro tesi, la raccolta abnorme dei 150 miliardi di euro era già presente in Italia e sarebbe solo emersa dalla sfera illecita con la legalizzazione incentivata dell’azzardo.

Di fatto, numerose relazioni della direzione antimafia, come esposto più volte su cittanuova.it, hanno confermato l’infiltrazione delle mafie nella filiera dell’azzardo cosiddetto legale.

Davanti a tale quadro anomalo, che richiederebbe l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle complicità di un fenomeno sempre più inquietante, esiste una nota aggiuntiva di preoccupazione perché, con l’attenzione generale giustamente rivolta all’escalation bellica mondiale, il governo ha votato lo scorso dicembre 2023 il testo del decreto legislativo per un “riordino” dei giochi online nel quadro della delega fiscale conferitagli dal Parlamento per tutto il complesso del mercato dell’azzardo.

In pratica, questo decreto abolisce le competenze dell’osservatorio sull’azzardo costituito presso il Ministero della salute per sostituirlo con una “Consulta permanente dei giochi pubblici ammessi in Italia” che riferisce al ministero dell’Economia. In tale consulta si prevederebbe la presenza dei rappresentanti dei concessionari dell’azzardo.

La distinzione della materia tra attività on line, oggetto di questo decreto, e quella fisica (slot, gratta e vinci, ecc.) permetterebbe, tra l’altro, di evitare la trafila del passaggio alla conferenza Stato Regioni (luogo di confronto tra enti locali e ministeri).

L’Osservatorio sulle dipendenze d’azzardo presso il ministero della Salute esclude la presenza non solo delle società concessionarie, ma anche dei soggetti che hanno ricevuto contributi e sponsorizzazioni dalle società del settore. L’Osservatorio, che non è stato convocato per tutto l’anno 2023, si insedierà il 29 gennaio prossimo. Merita però di esser ricordato che ha concluso i lavori trasmettendo una relazione finale, approvata all’unanimità, con sette raccomandazioni al governo incentrate sulla prevalenza della salute pubblica sugli interessi delle società private.

Sta quindi avvenendo un vero e proprio blitz senza alcun ostacolo da parte della politica. È scomparso, infatti, l’intergruppo parlamentare sull’azzardo, mentre anche il M5S resta silente dopo che il senatore Giovanni Endrizzi ha terminato la sua seconda legislatura.

Restano alcuni organi di stampa (Avvenire tra i quotidiani) e associazioni come Alea che raduna alcuni professionisti esperti “nello studio e nella cura del disturbo da gioco d’azzardo”.

Alea ha anche elaborato uno schema per proporre emendamenti al decreto legislativo del Governo. Un lavoro generoso in attesa di qualche deputato o senatore disposto ad esporsi sulla questione. Ma sembra che sia venuto il tempo per avviare una commissione di inchiesta “extra parlamentare” da parte di quella società civile attenta e responsabile in grado di sorprendere.

Non si tratta solo di curare le vittime di un sistema iniquo, ma di agire sulle cause dell’ingiustizia. Ancora una volta la questione dell’azzardo si presta ad essere un caso esemplare per testare la forza del legame sociale davanti a poteri che si ritengono intoccabili.

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