Avvitando le brugole della vita
È un’encomiabile macchina scenica. Un congegno ad orologeria perfetto. Un meccanismo ad incastro non solo di parole puntuali e ben costruite – che gioca con intelligenza su molti luoghi comuni e banalità -, ma anche di tecnica di avvitamenti, di montaggio e smontaggio, di moduli variabili. Che offre infinite possibilità. Sulla scena i due indaffarati protagonisti – una coppia, e un terzo personaggio, Brugola, l’inventore dell’oggetto in questione, che sbucherà improvvisamente da dietro uno scatolone verso il finale – hanno a disposizione sette tavole rosse, cinquantaquattro viti e due brugole con le quali, per cinquanta minuti, danno forma a molteplici arredi: letto, tavolo, biblioteca, armadio, banco di scuola, tapin roulant, e altro ancora, con la semplice, ma in realtà assai complessa, operazione di smontatura e assemblaggio. Quelle assi della libreria Billy diventano il simbolo, per la facile funzionalità e accessibilità economica, della precarietà esistenziale della giovane coppia e dei loro estemporanei progetti di vita.
Brugole è il titolo di questo spettacolo nell’arguta e sorprendente scrittura di Lisa Nur Sultan, che ne cura anche la regia insieme ad Emiliano Masala. Vincitore di vari premi, fra cui Nuove Sensibilità del 2008, lo spettacolo nasce «da una riflessione sulle costrizioni invisibili di cui siamo vittime – spiegano i registi –, i divieti interiorizzati, gli imperativi acriticamente accettati, la fede nelle scelte di massa». Nella frenesia di un illusorio riempimento della vita, di scelte da fare, di felicità da quiz da inseguire, di confusione di idee e alienazione contemporanea, sempre con quelle brugole e bulloni in mano in azione, si dialoga a raffica. Ci si racconta, si fanno domande cui prontamente l’altro risponde o controbatte; ci si nega, si litiga, si balla, si urla, si ride. Ma il loro è solo un girare a vuoto, un supplire ad una mancata progettualità di vita, ad una precarietà non solo lavorativa ma esistenziale. L’autrice la sa raccontare con umorismo e leggerezza, senza la pesantezza di un argomento oggi realisticamente e drammaticamente serio. Pone interrogativi, riflessioni serie, divertendo. E sono bravissimi, nella manualità frenetica ed espressiva, Elisa Lucarelli e Leonardo Maddalena – e lo stesso Masala – a formulare opportunità, sogni ad occhi aperti, ansie, espressi in quella trappola scenica che essi stessi si costruiscono, e dalla quale liberarsi.
Al teatro Angelo Mai di Roma, venerdì 18 novembre