Avella ospitale
Ciò che su una cartina turistica sembra di facile accessibilità può risultare talvolta irraggiungibile sul posto, specie in mancanza di qualcuno a cui chiedere un’informazione. Così è successo a me quel giorno ad Avella, questo piccolo centro dell’Avellinese famoso fin dai tempi di Plinio il Vecchio per la produzione di nocciole nonché per il cippus abellanus (un trattato in lingua osca con la vicina Nola). Infatti, appena uscito dalla stazione della Circumvesuviana, il paese mi si presentava come una di quelle cittadine sperdute di tanti film western: strade deserte sotto un sole abbacinante, finestre e persiane chiuse a difesa della calura, serrande dei negozi abbassate… e nessuna indicazione turistica! Dove dirigermi? Sto quasi per cedere allo sconforto, quando da sotto un porticato vedo sopraggiungere un ragazzotto. Lo interpello, gli spiego che desidererei visitare le antichità locali. Lui casca dalle nuvole, ma dopo aver pensato un po’, mi indica una certa stradina, suggerendo di chiedere lì del signor Nicola Montanile. Busso speranzoso al portoncino descritto; mi apre una giovane donna che risponde – vengo a sapere in seguito – al nome beneaugurale di Fortunata. Suo marito – è la risposta cordiale alla mia richiesta – si trova in biblioteca, ma basterà avvisarlo al telefono e lui verrà. Pochi minuti dopo, infatti, arriva Nicola, che si rivela come l’uomo della provvidenza: scopro infatti che padroneggia la storia di Avella dalle sue origini ad oggi come forse nessun altro: autore di libri e pubblicazioni, è responsabile della biblioteca comunale, a due passi da lì. Senza indugio, insiste per accompagnarmi lui stesso sui luoghi… anzi no: siccome è quasi l’ora, mi invita a pranzo. Qualche disposizione a Fortunata e in poco tempo eccomi seduto a gustare un ottimo pasto in un clima semplice con tutta la famiglia, composta anche da due bambini: Antonio ed Emanuele. Dopo il caffè, Nicola mi accompagna al piccolo antiquarium locale, dove un amico custode fornito di auto si presta gentilmente a condurci a visitare l’anfiteatro, delle dimensioni all’incirca di quello di Pompei e tra i più antichi della Campania, e alcuni notevoli monumenti funerari, fra i quali una cagna ha trovato alloggio con la sua cucciolata. Diversamente non so come avrei fatto, trattandosi di luoghi distanti tra loro, fuori dal centro abitato. Nel nostro girovagare, Nicola mi ragguaglia sulla storia locale dell’antica Abella, le cui origini sembrano risalire al 700 a. C., epoca della colonizzazione greca della regione. Sotto l’influenza prima osca, poi etrusca, sannitica e infine romana, nel tardo impero gradualmente si dissolse come città in seguito alle invasioni barbariche, tra cui quelle di Alarico e Genserico. L’abitato moderno ricalca in parte quello della colonia romana, di cui restano testimonianze disseminate nel tessuto urbano oltre che negli immediati dintorni. Nicola mi segnala lapidi e cippi incastonati nei palazzotti del centro storico, mi indica in lontananza i ruderi del castello normanno in cima ad una collina (peccato non avere il tempo per visitarlo, ma se torno non mancherà di condurmici). Inserisce perfino una puntata negli uffici chiusi della biblioteca comunale, dove mi carica di opuscoli che potrebbero tornarmi utili. E per finire mi tiene compagnia alla stazione finché arriva il trenino per Napoli… e a questo punto viene spontaneo darci del tu. Ormai per me Avella ha la fisionomia ospitale e gentile di Nicola.