Ave Cesare, icona del calcio italiano
«Devono aver organizzato una Champions lassù. I più grandi giocano insieme e sorridono. Ciao favoloso campione e uomo dolcissimo. #RIPCesare». Con questo tweet di domenica 3 aprile, Pierluigi Pardo, uno dei telecronisti e presentatori più noti dell’attualità sportiva italiana, ha salutato Cesare Maldini, indimenticabile icona del calcio italiano venuta a mancare pochi giorni dopo l’addio a Johan Cruyff, altro memorabile campione che ha segnato la storia del calcio internazionale.
Morto ad 84 anni, Cesare Maldini è stato uno dei più noti difensori del Milan, società della quale, come lo stesso figlio Paolo, altro inarrivabile campione, è divenuto bandiera avendo collezionato, dal 1954 al 1966, 347 partite (con 3 gol) e vincendo 4 scudetti, una Coppa Latina e soprattutto, nel 1963 da capitano, la prima Coppa dei Campioni conquistata dal Milan e dal calcio italiano, in un tempio del calcio internazionale come lo stadio di Wembley, dopo aver battuto il Benfica del grande bomber portoghese Eusebio.
Nato a Trieste il 5 febbraio 1932, Maldini ha onorato anche la maglia nazionale disputando 14 partite, tra cui 2 nel Mondiale del 1962 in Cile, e portando anche la fascia da capitano nella stagione 1962-63. Appesi gli scarpini al chiodo, si cimentò con identica passione nelle vesti di allenatore, portando il Parma dalla C1 alla B, dopo essere stato il vice di Nereo Rocco nello stesso Milan e aver allenato anche Foggia e Ternana. Divenuto nel 1980 vice di Enzo Bearzot in Nazionale, nell’82 con lo stesso incarico concorre a porta l’Italia alla vittoria degli storici Mondiali di Spagna.
Ma è soprattutto alla nazionale Under 21 che il suo nome di tecnico si impone sulla scena internazionale: dal 1986 lascia la Nazionale maggiore per iniziare un decennio alla guida degli “azzurrini”, con i quali vince il campionato europeo per 3 anni consecutivi. Sotto la sua gestione, soprattutto lo stesso figlio Paolo, quindi Alessandro Nesta, Fabio Cannavaro, Roberto Baggio, Alessandro Del Piero, Christian Vieri, Andrea Pirlo, Rino Gattuso, Francesco Totti e tante altre stelle azzurre consacrano sé stesse e il grande calcio italiano quali battistrada mondiali dell’eccellenza.
Nel 1998 passa a guidare la Nazionale ai Mondiali in Francia, perdendo i quarti di finale ai rigori contro i padroni di casa transalpini, che vinceranno il titolo portando agli onori della cronaca il talento cristallino e carismatico di Zidane, Thuram, Deschamps, Blanc, Henry, Trezeguet, ovvero un’altra formidabile generazione di fenomeni che avrebbe segnato gli anni successivi… Solo un cruccio, nell’occasione, offusca nel Paese la leadership del Cesare nazionale: perché, mister, insistere su Alessandro Del Piero, convalescente da un infortunio muscolare, anziché lasciare solo qualche scampolo di partite a Roberto Baggio, reduce da una stagione straripante?
Dopo l’esperienza mondiale da Ct, Maldini assume il ruolo di coordinatore degli osservatori del Milan, coadiuvando anche in panchina nel 2001, per alcuni mesi, gli allenatori Tassotti e Terim. Sceglie come ultima avventura di rilievo di portare il Paraguay ai Mondiali in Corea del Sud e Giappone nel 2002, dove esce agli ottavi. Cesare Maldini non è mai stato uomo mediatico o appariscente, né in campo né in panchina: un gigante del calcio mondiale che, seppure impegnato in difesa, preferiva l’entrata chirurgica sul pallone, con eleganza e una certa inevitabile delicatezza, come da carattere, piuttosto che quella dura e decisa di molti colleghi di reparto; un tecnico umile e di poche parole, decise e pacate, mai supponente o presuntuoso e forse per questo sempre più amato di tanti altri ancora più vincenti, come testimoniato dall’indimenticabile imitazione che il comico Teo Teocoli gli ha riservato con successo per anni.
Il funerale verrà celebrato martedì 5 aprile alle 11 nella basilica di Sant’Ambrogio, a Milano, ha annunciato la famiglia, ringraziando «tutti per l’enorme testimonianza di affetto ricevuta per la scomparsa del nostro Cesare». Ave Cesare, il calcio mondiale ti rende onore.