Ava ha seminato morte e distruzione
Il momento è quello dei bilanci, dopo il passaggio fatale dell’uragano Ava, che ha colpito il Madagascar all’inizio di gennaio. L’uragano ha attraversato l’isola dell’Oceano Indiano il 5 e 6 gennaio, lasciando sul terreno 51 morti e 22 dispersi, dopo aver costretto 54 mila persone a lasciare le loro case secondo una dichiarazione ufficiale delle autorità malgasce del 15 gennaio.
L’ultimo rapporto ufficiale, pubblicato una settimana prima, aveva parlato di “soli” 29 morti. L’Ufficio nazionale per la gestione dei rischi e dei disastri nel suo rapporto intermedio pubblicato lunedì scorso aveva annunciato che mancavano altre 22 persone all’appello, mentre 161.328 sarebbero state le persone danneggiate e 5.427 le persone sfollate con urgenza.
Forti venti e piogge torrenziali hanno causato l’esondazione di molti fiumi nella parte orientale della Big Island e causato gravi inondazioni, in particolare a Tamatave e nei quartieri inferiori di Antananarivo. Dopo l’uragano Ava, una tempesta tropicale “moderata” (si fa per dire) chiamata questa volta Berguitta si trova a 1450 km a est di Toamasina, secondo il Servizio meteorologico del Madagascar. La forza del vento che l’accompagna è stimata a 83 km/h, con raffiche di 117 km orari nel suo centro. Se per il momento, il Madagascar appare fuori pericolo, non altrettanto si può dire per le isole vicine al Madagascar, cioè Mauritius e Reunion.
Tuttavia, la precauzione è sempre necessaria, e così l’Ufficio nazionale per la gestione dei rischi e dei disastri ha inviato comunque delle squadre di soccorso e prevenzione a Farafangana (nel sud-est) e Ambanja (nel nord) per sostenere le autorità locali e i comitati di gestione locali nel coordinamento delle attività di attesa. Va ricordato che negli ultimi dieci anni il Madagascar è stato colpito da quarantacinque cicloni e tempeste tropicali. Nel marzo 2017, Enawo aveva ucciso almeno 78 persone.