Autonomie. Avanti adagio
L’autonomia regionale differenziata s’ha da fare, anzi no, forse sì, ma vedremo come: per quanto la presentazione delle tre bozze per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – presentate in Cdm dalla ministra per gli affari regionali Erika Stefani – costituisca indubbiamente un significativo passo avanti su questa via, i nodi da sciogliere – politici, più che tecnici – rimangono ancora di rilievo.
Innanzitutto perché su questo fronte si è verificata una spaccatura sia all’interno delle forze di governo che all’interno del Paese: non solo il M5S ha infatti presentato un controdossier in cui, materia per materia, solleva obiezioni e limitazioni alle bozze presentate dall’alleato leghista – per il quale l’autonomia regionale ha sempre rappresentato uno dei punti cardine; ma anche alcuni governatori delle regioni meridionali, di cui si è fatto portavoce il campano De Luca, ha annunciato battaglia contro la “secessione dei ricchi” – sostenendo che la maggiore autonomia, soprattutto in materia fiscale e di sanità, porterà ad aggravare ancora di più il divario tra Nord e Sud dividendo l’Italia. A poco è valso il fatto che la ministra Stefani abbia ricordato che uno dei prerequisiti degli accordi è che siano a saldo zero, non comportando cioè né maggiori oneri per lo Stato (che trasferirebbe alla Regione i capitoli di spesa necessari e alcune competenze fiscali) né diminuzioni ai fondi di perequazione per le zone svantaggiate del Paese; così come che il governatore del Veneto, Luca Zaia, abbia invitato, piuttosto che ad impedire che alcune Regioni abbiano maggiore autonomia, a far sì che tutte ne abbiano di più, superando la logica dell’assistenzialismo.
Proprio Zaia è stato uno dei più attivi nella campagna per l’autonomia, sia ai tempi del referendum – che ormai 8 mesi fa vide i veneti votare a grande maggioranza per il sì, pur senza percentuali bulgare di affluenza alle urne – che in queste ultime fasi di messa a punto della bozza di accordo. Nelle sue ultime dichiarazioni alla stampa, Zaia ha parlato di un “accordo firmabile al 70 per cento”: non tutte le richieste iniziali, infatti, sono state accolte. Non si è ad esempio giunti ad un accordo per quanto riguarda porti, aeroporti, autostrade e ferrovie, rifiuti, bonifiche e valutazione di impatto ambientale, energia; mentre è ancora aperto il confronto per quanto riguarda la regionalizzazione del Fondo unico per lo spettacolo e delle sovrintendenze. Le maggiori soddisfazioni, di contro, si registrano sul fronte della sanità: per quanto manchi ancora l’accordo su farmaceutica, limiti di spesa del personale sanitario e sistema tariffario e di rimborso, la Regione ottiene invece autonomia sul fabbisogno di personale, attività libero professionale, contrattazione integrativa e formazione specialistica dei medici su accordo con le università per affrontare l’annosa questione della carenza di borse di specializzazione. Proprio questo è un realtà uno dei punti contestati da Federspecializzandi, in quanto creerebbe un percorso parallelo che consente di “scavalcare” il concorso nazionale – istituito anche per eliminare squilibri regionali. Accordi significativi raggiunti anche sul fronte dell’istruzione, con competenze in materia di personale, alternanza scuola lavoro, formazione professionale, borse di studio e altro ancora.
Dopo il Consiglio dei ministri del 14 febbraio è stato annunciato il passaggio in Parlamento del testo degli accordi. Tuttavia, mentre la Lega vorrebbe che si utilizzasse lo stesso iter previsto per gli accordi con le confessioni religiose – che prevede che il testo non sia emendabile, altrimenti dovrebbe essere rinegoziato con la parte interessata – il M5S insiste viceversa sulla possibilità di modifica da parte delle due Camere. Una questione che, unita a quel 30 per cento di accordo che Zaia afferma di non voler sottoscrivere, fa presagire che per l’autonomia differenziata non si prospettino tempi brevi.