Austria felix
Il 2005 è per l’Austria un anno giubilare sotto tanti aspetti: da 60 anni esiste la seconda repubblica, da 50 è nuovamente uno stato sovrano e da 10 è membro dell’Ue. Un ruolo importante nella storia e nella consapevolezza del popolo austriaco che celebra la firma del Concordato statale avvenuta il 15 maggio del 1955. Esso fu sottoscritto a Vienna come un vero e proprio contratto tra le potenze alleate occupanti (Usa, Urss, Francia e Inghilterra) e il governo austriaco ed entrò in vigore il 27 luglio di quello stesso anno. Nel documento si dichiara che l’Austria è nuovamente una nazione libera, sovrana e democratica. Inoltre vengono regolati i diritti delle minoranze e si proibisce il ricongiungimento alla Germania (l’Anschluss di hitleriana memoria), come pure il ripristino di organizzazioni naziste o fasciste. Come conseguenza del Concordato le forze occupanti abbandonarono entro il 25 ottobre del 1955 il territorio austriaco e l’Austria dichiarò la sua neutralità. Anche se questa non faceva parte del Concordato stesso, è in diretta relazione con esso. Ne abbiamo parlato con Hans Katschthaler già capo del governo della regione di Salisburgo. 50 anni fa – il 15 maggio del 1955 – risuonò dal balcone del castello del Belvedere di Vienna un grido: L’Austria è libera!. Ricorda qualcosa di quella giornata, nella quale il Concordato statale è stato sottoscritto? Naturalmente! Allora studiavo storia a Innsbruck. Noi storici non abbiamo solo preso parte attivamente a questo avvenimento e condiviso la gioia al riguardo, ma ne avevamo seguito con grande attenzione gli sviluppi passo passo. Il 15 maggio del 1955 è stata per noi veramente una giornata storica e il grido: L’Austria è libera! ci ha commosso profondamente, perché fino a quel momento l’Austria era stata solo in parte uno stato sovrano – lo avvertivamo chiaramente, soprattutto nel campo dell’istruzione, dove le quattro potenze di occupazione in maniera pesante e opprimente facevano valere i loro interessi. Ora finalmente potevamo – questa era la nostra speranza – organizzare la nostra terra a nostro arbitrio. Come si considerava allora il Concordato statale? Come prima cosa il Concordato è stato una conquista importante della diplomazia austriaca. L’ultimo grande ostacolo era che le potenze occupanti, soprattutto i russi, sarebbero rimaste volentieri in veste di garanti del Concordato. Avrebbero così avuto il diritto, in ogni più piccola occasione, anche costruita ad arte da loro, di mettere nuovamente le mani sull’Austria. Con trattative intelligenti è stato invece possibile convincere le grandi potenze finché non si sono dichiarate pronte a rispettare il Concordato. Anche l’Unione Sovietica? È dipeso anche dalla caduta di Stalin. Dopo la sua morte nel 1953 si è creata un’aria di maggiore apertura. E, dopo il blocco di Berlino, volendo ripristinare un rapporto più costruttivo, l’Austria appariva all’Unione Sovietica il terreno adatto per accreditare questa nuova linea. Quali sono, secondo lei, i contenuti essenziali del Concordato? Certamente, come prima cosa, la dichiarazione della piena sovranità per l’Austria. Poi la conferma delle frontiere del 1938; come terza cosa, secondo me, la proibizione di allacciamento alla Germania. Importante anche la particolare protezione ga rantita alla minoranza degli sloveni residenti in Carinzia, nonché dei croati e degli ungheresi nella Burgenland. E, non ultima, la chiara definizione di una repubblica democratica come forma di stato – il che significava un netto rifiuto dello stato corporativo, come era stato dal 1934 al 1938. Il Concordato ha dei punti deboli? Direi di no. Sono convinto che si sia raggiunto con esso il miglior risultato possibile. Per questo il Concordato è ancor oggi presentissimo e profondamente radicato nella coscienza degli austriaci. Anche se molti di loro non lo conoscono in tutti i dettagli, la maggior parte degli austriaci sa che si tratta di qualcosa di molto importante e prezioso. Quali effetti immediati ha avuto il Concordato per l’Austria? Nella politica interna segnò in qualche modo la fine di una stretta coesione tra i partiti. Nel periodo tra il 1945 e il 1955 la realizzazione di un Concordato statale di tutti i partiti era un elemento di grande importanza per tutti. Raggiunto questo, gli interessi dei singoli partiti si sono orientati chiaramente in diverse direzioni. Improvvisamente la vita della politica interna è diventata molto più movimentata. E la politica estera? La prima e la più importante conseguenza è stata la neutralità …alla quale l’Austria si è obbligata volentieri o a denti stretti? Non proprio volentieri, ma neanche a denti stretti. Abbiamo visto che la neutralità era il prezzo da pagare per il Concordato, ma che valeva la pena pagarlo per arrivare alla sua formulazione e alla piena libertà che esso ci garantiva. Se si guarda alla nostra storia questa neutralità era di per sé qualcosa di non comune. In precedenza, come grande potenza, l’Austria non era mai stata neutrale e non avrebbe potuto esserlo. Era quindi utile guardare alla Svizzera che praticamente, dopo la guerra dei trent’anni, non aveva più fatto l’esperienza di una guerra. Questa visuale ci ha reso più facile accettare la neutralità. Ma poi quest’obbligo è entrato molto celermente e profondamente nella consapevolezza degli austriaci, diventando parte integrante della nostra mentalità. In una messa di ringraziamento il 15 maggio del 1955 l’allora cardinale di Innbruck Innitzer ha detto: L’Austria diventerà uno stato sovrano e tornerà ad avere la sua missione storica: fare da ponte tra l’ovest e l’est. Non era, questa, una dichiarazione azzardata? Direi piuttosto profetica, se si considera come proprio in questi ultimi anni l’Austria, con l’inserimento nell’Ue, sia passata dalla periferia al centro dell’Ue. Già allora si poteva prevedere che l’Austria con la sua posizione ai confini dei due blocchi e con la sua neutralità avrebbe avuto una funzione particolare. Concretamente la cortina di ferro non era mai stata del tutto impenetrabile al cento per cento. Come si è realizzato questo compito di far da ponte? Attraverso molti contatti diplomatici, soprattutto negli anni della crisi in Ungheria, la rivolta del 1956, o la primavera di Praga del 1968; attraverso molti aiuti umanitari, nel tentativo di far di tutto per entrare in contatto con gli stati limitrofi e rimanere in dialogo con loro. Visto dopo cinquant’anni: quali virtù ha sviluppato l’Austria in questo periodo? Soprattutto abbiamo sviluppato una tradizione democratica-repubblicana molto solida. Anche l’arte di improvvisare descritta dal nostro presidente fa parte delle virtù particolari dell’Austria. Dobbiamo però stare attenti a non rischiare di rimanere nel provvisorio e accontentarcene . Il Concordato statale ha anche oggi la sua funzione o è solo un pezzo da museo nel reliquario della storia? Ha ancor oggi la sua validità ed è parte integrante della costituente. E, più in generale, a che punto è l’Austria oggi? All’interno abbiamo un sistema politico variegato e solido. Esiste – soprattutto nei diversi stati – una forte dominanza dei due grandi partiti classici, il partito popolare e quello dei socialdemocratici. Per fortuna abbiamo messo da parte il gioco politicamente pericoloso di emarginare alcuni gruppi politici. Un partito che non è proibito e che è rappresentato nel Parlamento dovrebbe essere considerato in linea di massima anche come potenziale partito di governo. Chi non vuole lavorare con lui, non è necessario che lo faccia. Inoltre il federalismo nella sua essenza è rimasto immutato. E questo non è proprio ovvio in tempi difficili, nei quali si sente l’esigenza di un alleggerimento. A questo proposito la situazione tedesca è per noi un modello, dato che nella nostra storia esiste piuttosto una tradizione accentratrice. Degno di nota è, secondo me, il fatto che l’Austria faccia parte delle 10-12 nazioni più ricche della Terra. E ciò che più mi dà gioia, è il desiderio di riforme sviluppatosi in questi ultimi anni nel nostro paese. Insomma, se posso esprimermi così, l’Austria può essere molto orgogliosa di sé. Che ruolo svolge l’Austria in Europa? È stata una decisione giusta entrare a far parte, dieci anni fa, dell’Unione europea. Abbiamo sempre considerato l’Ue come un progetto di pace. Nonostante tutti i difetti nei dettagli, è stato possibile nell’Europa Centrale mantenere la pace da più di 60 anni. Sono convinto che nel frattempo possiamo considerarci un membro importante in questa Comunità. E che posto ha l’Austria nel mondo d’oggi? Particolarmente apprezzato è stato l’aiuto dato in situazioni di crisi. Ciò che l’Austria per esempio ha fatto dopo la catastrofe dello tsunami, dimostrando un’estrema prontezza nell’aiuto. Quindi si può ancora parlare di un’Austria felice a tutto campo? Certamente no! C’è ancora tanto da migliorare! L’impegno nostro per l’aiuto allo sviluppo di altri popoli deve crescere. È impossibile che rimaniamo indifferenti davanti al fatto che il primo e il terzo mondo vanno alla rovina ognuno per conto proprio. E la nostra buona situazione economica ci obbliga particolarmente a impegnarci.