Auguri, carissima Città Nuova!
Carissimi lettori e carissime lettrici,
vi scrivo per l’ultima volta da direttrice della testata Città Nuova di cui mi sono sentita onorata di avere la responsabilità negli ultimi sei anni e che giusto oggi, 14 luglio, festeggia il suo 67° compleanno.
Come tanti di voi oramai sanno, era questo l’arco di tempo per il quale avevo inteso dare la mia disponibilità all’allora presidente dei Focolari, Maria Voce, quando nel 2017 mi aveva conferito l’incarico, decisione che avevo poi ribadito già un anno e mezzo fa alla nuova presidenza del Movimento di cui Città Nuova è espressione. Credo molto, infatti, nell’alternanza dei ruoli, così come credo fortissimamente che una persona non debba mai essere identificata nel ruolo che svolge, tanto più se lo svolge come un servizio che dura un certo tempo, passando poi il testimone ad altri. Senza timore per un futuro diverso, dopo 25 anni a Città Nuova, ma col desiderio di fare nuove esperienze, in una altrettanto bella città della nostra Italia, Palermo, dove mi trasferirò prossimamente.
Dunque si concludono questi meravigliosi anni vissuti insieme, ma prosegue, anche se in modalità diversa, il mio apporto a Città Nuova. Continuerò a seguire, infatti alcune delle pubblicazioni del settore informazione: i Passaparola, Teens e il progetto scuole, il progetto carceri, la formazione agile, la sezione “Spiritualità” del mensile.
Ma veniamo a Città Nuova, che è quello che mi sta più a cuore (scusate se ho preso spazio per alcune note più personali, ma mi sembrava doveroso rispondere a chi ha posto queste domande).
Normalmente, alla fine di un mandato, si fa un bilancio. Ed è giusto che sia così, più che altro per rendere conto ai lettori di quello che è stato fatto, dei risultati raggiunti, come degli obiettivi mancati. Chi mi conosce sa che non ho mai gradito esibire i risultati, ritenendo un dovere morale fare e dare il massimo ed essendo piuttosto incline a prendermi la responsabilità delle scelte difficili e degli errori commessi per i quali chiedo scusa.
Ma lascio la parola ai tanti lettori e collaboratori che in questo periodo mi hanno scritto, in risposta alla comunicazione sulla fine del mio mandato con la quale ho raggiunto personalmente tanti di loro nel maggio scorso. Tralasciando, logicamente, gli apprezzamenti (davvero generosi e inaspettati!) rivolti alla mia persona, che custodisco nel mio cuore, mi ha colpito la “lettura” che di Città Nuova emerge dai vari messaggi giunti via mail e WhatsApp, come da diverse telefonate.
Parlano di una trasformazione significativa dell’informazione di Città Nuova che ha continuato a sviluppare la molteplicità della sua offerta. Un collega, già tempo fa, mi aveva mandato un file che riassumeva le “cose fatte ex novo” in questi sei anni: un elenco di 31 voci tra cui, ad esempio, l’inserimento di giovani giornalisti in redazione e fra i collaboratori; la messa a punto della formazione agile; l’avvio della produzione multimediale e lo sviluppo dei social, sebbene ancora molto da implementare; l’aumento del numero dei collaboratori, persone appartenenti ai Focolari, ma anche no; i tanti progetti nati nelle scuole di ogni ordine e grado attorno a Big, il giornalino per i bambini, e Teens, la rivista degli adolescenti; lo sviluppo del progetto carceri che da decenni porta la presenza di Città Nuova in tanti istituti penitenziari italiani e che in questi ultimi due anni ha preso vigore e organicità grazie ad una rete di operatori diffusa su tutto il territorio nazionale; e, a proposito di reti, la preziosità di quella che collega tutti coloro che promuovono e diffondono la cultura dell’unità di Città Nuova in Italia: persone meravigliose, appassionate e creative, con le quali il rapporto è diventato sistematico, talora quotidiano, con cui ci sentiamo una squadra e verso le quali non trovo le parole adatte ad esprimere una profonda gratitudine.
Una sorta di “miracolo” quello a cui abbiamo assistito – tanto più se consideriamo che tre di questi sei anni li abbiamo vissuti a tu per tu con la pandemia che ha richiesto anche a noi un’improvvisa e significativa riorganizzazione – reso possibile dalla grande motivazione ideale che ha animato tutti noi e che è il capitale più prezioso di Città Nuova. Tra il resto ha permesso al settore informazione quel pareggio economico che, con gli opportuni investimenti, fa sperare in un futuro, difficile sì, ma possibile!
Altri messaggi parlano di Città Nuova come casa. Una casa aperta a tutti, dove ciascuno può trovare il suo spazio indipendentemente dalla propria idea, appartenenza politica, credo religioso (o meno). Una casa dove è sempre possibile incontrare gli altri, ascoltarli, prendersi cura, offrire ristoro, condividere gioie e dolori, interrogativi, aspirazioni, progetti, sogni. Sì, perché non è mai mancata, a partire dalla redazione, la capacità di sognare e l’augurio è che i tanti sogni rimasti ancora nel cassetto, possano quanto prima, non appena condizioni migliori lo permetteranno, prendere vita.
Altri ancora parlano di coraggio nel non sottrarsi alle questioni scottanti, di capacità di entrare nelle spaccature e di disponibilità al dialogo sui temi controversi, con l’ascolto e l’accoglienza delle posizioni differenti e talora divergenti. Anche collaboratori con cui non è mancata una certa dialettica, hanno ringraziato perché non abbiamo cercato le scorciatoie al dialogo per un falso… amor di pace, ma, senza puntare alla contrapposizione, abbiamo provato ad offrire il nostro punto di vista con garbo e umiltà, anche se magari con determinazione, pronti sempre a trovare insieme la proposta migliore.
Infine, anche se potremmo ancora continuare, un dato che emerge da tanti, se non da tutti, è la bellezza e l’efficacia del lavoro a squadra, un vero e proprio modus operandi prima di tutto in redazione, dove ogni giorno abbiamo condiviso le piccole e grandi scelte, senza per questo venir meno alla responsabilità personale come al rispetto dei ruoli e sviluppando le proprie capacità professionali al servizio del Gruppo editoriale.
Sembrerebbe, a sentire questi commenti, che tanti degli impegni che avevamo preso sei anni fa li abbiamo mantenuti e che la creatività ci ha accompagnato con costanza, portandoci anche laddove non avevamo pensato di arrivare, come è necessario in un mondo, quello dell’informazione che è sempre in evoluzione.
Tutto bene, dunque? No, sarebbe da ipocriti pensarlo! A parte il concetto di fondo che ogni cosa può essere fatta meglio, sicuramente rimane da far fronte al calo degli abbonamenti che da qualche decennio ci accompagna; resta da migliorare la fruibilità del mensile, motivo per cui nei mesi scorsi abbiamo pubblicato sul nostro sito un questionario dei cui risultati si farà tesoro nei mesi a venire; c’è da crescere molto sul piano del marketing – da sempre il tallone d’Achille della nostra produzione -, avvalendosi di figure professionali dedicate; bisogna capire come mantenere alta la qualità dell’informazione sul sito e sulla rivista a fronte della riduzione dell’organico, dei bassi introiti pubblicitari e della scarsa propensione dei lettori ad acquistare i prodotti digitali. E poi, il sogno nel cassetto che con grande rammarico non sono arrivata a vedere realizzato da direttrice: il nuovo sito cittanuova.it!
Sono sicura, però, che il nuovo direttore, Giulio Meazzini, col quale abbiamo condiviso ancora dal 2008 la vita di redazione, saprà portare avanti con la passione e la convinzione che lo caratterizzano, quanto servirà a Città Nuova. Per questo a lui e alla nuova dirigenza faccio i miei migliori auguri!
Concludo con i dovuti e sentiti ringraziamenti. Sarebbe lungo l’elenco di persone che avrei voluto fissare nella foto che accompagna quest’editoriale: la redazione, i collaboratori, gli abbonatori, la rete degli incaricati della diffusione in ogni città e regione, i lettori, insomma la nostra grande comunità. Non potendo realizzare uno scatto di questo tipo, ho scelto una foto che, a mio avviso, esprime il senso di tutto ciò: luce, colore e calore.
Permettetemi, però, un ringraziamento particolare a chi nel 2017 mi ha voluta alla direzione di Città Nuova: le persone, cioè, che all’epoca erano alla dirigenza del Gruppo editoriale, del Movimento dei Focolari a livello italiano e del Centro internazionale (hanno avuto persino il coraggio di nominare la prima donna direttrice dopo oltre sessanta anni di direzione al maschile). Non avrei potuto accettare l’incarico se non li avessi sentiti un tutt’uno con me e con Città Nuova mettendoci la faccia, sostenendo, incoraggiando, dando fiducia, esprimendo stima, condividendo, consigliando se richiesti, mai interferendo nel lavoro né limitando la libertà di azione e di espressione.
E come ultimissima cosa – scusate se questa volta mi sono dilungata troppo –, vi suggerisco di ascoltare questo podcast, realizzato grazie a Maria Gabriella Marino di Artèteca, con l’accompagnamento musicale di Carlo Gorio, che ho voluto dedicare a Città Nuova.
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