Attualità di Lorenzo lotto

Morire sconosciuto, oblato alla Santa Casa di Loreto, poverissimo dove si era ridotto infermo di corpo e di mente. Tanto che nessuno conosce il giorno esatto della scomparsa e del corpo nessuna traccia. Lui, aveva voluto così, nell’ultimo tempo di una vita drammatica, segnata dalla fatica di essere un grandissimo artista. Egli lo intuiva, altri lo ammiravano, molti non lo capivano. Alcuni, lo contrastavano. Certo, trovarsi a lavorare nel primo Cinquecento tra giganti come Raffaello, Leonardo, Giorgione, Correggio – per quanto a noi oggi possa sembrare affascinante – doveva essere per un carattere sensibilissimo, ombroso e instabile come quello di Lorenzo, una fatica, un dramma. Eppure, aveva cominciato come una sicura promessa a fine Quattrocento, dopo la scuola con Vivarini. Due esempi. Il Ritratto del vescovo de’ Rossi, dal realismo pungente e dal nitore cristallino, o la Pala di santa Cristina al Tiverone, di fattura antonelliana lucida e forte: rivelavano un pittore originale, un grande talento. Che non amava idealizzare cose e persone, ma descriverle oggettivamente, con una punta di aggressività. Quasi in anticipo, un secolo prima, di Caravaggio. E questo indagare la vita e la natura gli sarebbe rimasto addosso, come sua peculiarità, sino alla fine. Negli anni 1508-10, collaborando con Raffaello nelle Stanze vaticane, il suo stile indagatore ed il cromatismo acuto nelle pale come nei ritratti, non risultò vincente, anzi. Era fuori corso, nella Roma papale che conciliava classicità e cristianesimo. Così, Lotto aveva iniziato uno dei suoi viaggi di eterno pellegrino, con nel cuore una delusione tremenda. Se ne coglie l’eco nella Deposizione di Recanati – nelle Marche, la terra dove va e viene di continuo – con il discepolo che stringe coi denti il sudario di un Cristo brutto: una smorfia dall’anima delusa di Lorenzo. Che di queste amarezze ne ha provate molte. Infatti, scegliendo sul 1513 Bergamo come patria – e non la natale Venezia, dove c’era Tiziano in ascesa che occupava tutto l’occupabile – Lotto entra in una oscurità interiore rivelata da dipinti diseguali, disarmonici. Ha come perso la strada. Ma, faticando studiando interessandosi ai colleghi – da Gaudenzio Ferrrari a Correggio ai nordici – in una vita pressoché ascetica, ritrova faticosamente sé stesso. Nascono opere che oggi affascinano per la libertà inventiva, la fantasia originale, l’accostamento dissonante dei colori ed i caratteri introversi e impulsivi dei personaggi. Sono pale e ritratti certo, ma è Lotto che scrive con noi e per noi il suo diario. Non si nasconde mai, ti butta addosso la sua anima come farà più tardi un Goya. Non cerca l’arte sublime che sfida i secoli con il colore, l’armonia, la forza come Michelangelo Raffaello Tiziano. La Pala di san Bernardino a Bergamo (1521) è una vibrazione di gente affannata a dirsi qualcosa, sotto un tendone verde a riparare dall’afa estiva. Stanno sopra un altare campagnolo improvvisato, con tanti fiori sparsi – come pezzi di pensiero – dappertutto, che poi si raccolgono intorno a quell’angelo che si volta fulmineo a guardarci. In quello sguardo aguzzo, diritto è la firma di Lorenzo che raccoglie nel ragazzo i frammenti del suo discorso per noi. Lotto fotografa la vita, fa della religione un fatto di comunione immediata, spiazza il riserbo e noi ci sentiamo presi dalla verità: quest’uomo timido e insicuro, quando dipinge, apre tutti gli orizzonti dell’animo, ripulisce ogni angolo e gli dà vita. È davvero un altro rinascimento, quello degli umili che parlano una lingua semplice e diretta. Così anche il suo è un vangelo del popolo. Nel 1527 affresca la cappella Suardi a Trescore. Sotto un Cristo-vite il film delle sante Agata e Barbara scorre con tinte bozzettistiche, Lotto racconta quasi una fiaba per i bambini a colori accesi, non trascura nessun dettaglio e noi rimaniamo stupiti in questa Sistina padana senza giganti ma con gente che sa la fatica, mentre il Sacco di Roma mette fine all’idealismo spensierato del Rinascimento. Luterano, Lorenzo? Si è supposto. Certo no, ma di sicuro portato ad un evangelismo popolare e corale. Fiuta ancora con decenni di anticipo i temi che saranno di un Caravaggio. E anche la sua angoscia. Da questo momento i momenti sereni saranno rari in Lorenzo. Nei soggiorni marchigiani – sempre più lunghi e frequenti – sparge le sue tele per borghi sopra le colline. Iesi, Ponteranica, Ancona, Cingoli, Mogliano, Monte san Giusto son testimoni in date diverse di un girovagare irrisolto che non lascia respiro a lui ed anche a noi. Perché le sue opere hanno una bellezza commovente per la passione che il pittore ci mette, uno slancio di poesia campestre – penso agli angeli che gettano petali di rosa a Cingoli -, un fare romantico – il notturno della Crocifissione di Monte san Giusto -, che aprono squarci d’anima dove ben pochi prima e dopo di lui sanno farci entrare. La tenerezza del colore, l’affetto per la natura e i suoi elementi – un fiore, un prato, un lago -, colloquiano sinfonicamente con i personaggi sacri. Tutto è respiro, preghiera fervida. Ma anche una generosa, sofferta malinconia. Qui tocchiamo il punto nevralgico dell’arte di Lorenzo Lotto. Sono i ritratti a veder circolare questo che non è solo un momento emotivo, un sentimento passeggero, bensì uno stato spirituale altissimo e profondo. Racchiude infatti non solo la vicenda personale del pittore ma la voce di un’epoca e, ancor più, dell’uomo che ha perso la luce, che non sa dove sia la sua direzione. Non è una tristezza passeggera quella dei suoi personaggi, è una notte esistenziale, che talora assume dimensioni cosmiche come nel paesaggio tempestoso sottostante la Pala di san Nicola a Venezia. Già il giovanile Busto di giovane con lucerna, dagli splendidi occhi verdi, sta per dire una parola seria, anzitempo; il Gentiluomo nello studio veneziano o quello della Galleria Borghese a Roma sono uomini dagli occhi scuri per l’angoscia e il pianto su un dolore che a noi sfugge, ma che cela ansietà, timore. I colori cupi, i gesti studiati, l’atteggiamento pensoso rendono questi ritratti storie di anime di sempre, quando è assente la luce dalla storia. Nessuna gloria, nessun eroismo come in Tiziano che ridicolizza pubblicamente – perché ne teme la grandezza – Lotto. Il quale, percosso da una nevrosi che l’ipersensibilità accentua con gli anni – comune a tanti spiriti geniali -, disistimato da molti contemporanei, coglie la desolazione che è nell’aria di un’Europa devastata dalla disunità: la vede negli occhi della gente che non ha più mete, e la raccoglie. Se penso alla tristezza del Balestriere di Roma, macchia su macchia come nell’estremo Caravaggio, avverto l’attualità di Lorenzo che descrive anche per noi il disorientamento che ci circonda, versandoci addosso un immenso bisogno d’affetto. Pure, questa voce solitaria del Cinquecento non ha mai perduto la speranza. Il Notturno di Brescia con gli angeli dalle ali candide e la luna romantica sa di presepe contadino nutrito di fede umile: una pastorale che tuttora commuove. E l’incompiuta Presentazione al tempio di Loreto, dallo scenario neutro dove le figure agiscono come spettri o macchie- come in un Goya o in un Bacon, ma senza la loro disperazione – è un corale basso come il pennello del vecchio solitario Lotto che si incanta ancora nel sorriso di Maria e degli astanti davanti al Bambino. Ma occorre avvicinarsi alla tela per sfiorarlo questo bagliore di speranza, tanto Lorenzo è discreto e l’anima sua ormai delicata. Nell’età in cui non ha più niente e non è più niente – chi si ricorda di lui? – Lorenzo canta un’arte scabra, ridotta ad un piccolo lume. Quello che soltanto i grandi spiriti sanno dire e lasciare alla fine. Ma, a ben guardare, questa luce fioca possiede una forza straordinaria, una verità, che ci scuote la coscienza nostra distratta dalla vanità. Poi, il 1° luglio 1557 a Loreto annoteranno che han venduto il materasso del vecchio Lorenzo, morto giorni prima… Ma lui ha sanato l’angoscia. CELEBRAZIONI MARCHIGIANE 23 capolavori del pittore sparsi per i colli della regione, un vero museo diffuso. Dopo un convegno internazionale ad aprile, la Regione propone un calendario di visite organizzate nei luoghi lotteschi, tra Jesi Ancona e le altre località, unendo arte e natura. www.rosifontana.it

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