Attualità della Perdonanza Celestiniana

La scelta eremitica di Pietro del Morrone, l’elezione al papato, l’istituzione della Perdonanza per la remissione dei peccati (nella basilica di Collemaggio a L’Aquila), le dimissioni. Nell’agosto 2022 la Porta Santa della Perdonanza sarà aperta da papa Francesco

Anche quest’anno, nella ricorrenza festiva di san Giovanni Battista, il 28 e 29 agosto, si è tenuta a L’Aquila, nella splendida basilica di Collemaggio, completamente restaurata dopo il terremoto del 2009, la celebrazione della Perdonanza Celestiniana. Evento importante, non solo perché l’Unesco ha incluso la celebrazione della Perdonanza tra i “Patrimoni Immateriali dell’Umanità”, considerandone la celebrazione «non solo di valore spirituale, ma anche di valenza sociale e politica», ma anche perché il cardinale Giuseppe Petrocchi ha annunciato che il prossimo anno è stato invitato papa Francesco ad aprire la Porta Santa della Perdonanza.

«Un evento in piena e costante crescita», ha commentato il sindaco Biondi, facendo eco alla grande stima di Celestino V testimoniata dagli ultimi pontefici, in particolare Paolo VI, che ne promosse la commemorazione; Benedetto XVI, che il 28 aprile del 2009 volle lasciare il suo pallio, quasi segno premonitore, sulla teca in vetro che racchiude il corpo del santo pontefice che abdicò al pontificato; infine papa Francesco, il quale volle inaugurare il 5 luglio 2014 nella Cattedrale di Isernia – la città che diede i natali a Celestino – l’Anno giubilare Celestiniano, promosso come Giubileo straordinario della Misericordia per il 2015/2016.

Pietro Angeleri detto del Morrone, dal massiccio montuoso della Maiella in cui si ritirò come eremita, nacque nel 1215, e come san Francesco ebbe «un senso fortissimo della misericordia di Dio». I due santi, sottolinea papa Francesco, «non si limitavano a dispensare buoni consigli», ma «loro per primi hanno fatto una scelta controcorrente», affidandosi «alla Provvidenza del Padre» e «hanno sentito il bisogno di dare al popolo, la ricchezza più grande: la misericordia del Padre, il perdono».

Nato da una famiglia di contadini, dopo l’ordinazione sacerdotale a Roma nel 1224, Pietro fa presto la scelta eremitica, ritirandosi sui monti della Maiella, dove fonda l’eremo di Santo Spirito che il Papa Urbano IV farà incorporare nel 1263 nell’ordine benedettino, ottenendo poi il riconoscimento nel 1275 dal papa Gregorio X durante il Concilio di Lione, dove si era recato lo stesso Pietro.

La scelta eremitica significava scegliere una vita di solitudine, di penitenza, di preghiera, che san Tommaso elogerà scrivendo: “la solitudine compete ai perfetti”. Solitudine e contemplazione intesi pertanto come cammino di santità e di unione con Cristo, come anticipo dell’esperienza del Paradiso, per farne partecipare anche gli innumerevoli pellegrini che salivano nei loro eremi per ottenerne le grazie.

La scelta eremitica era infatti la scelta di un amore totale per Dio, unita alla missione di portare tutti a sperimentare l’intimità e il fuoco di quell’amore che unisce il Figlio al Padre. La Maiella, fin dai tempi antichi, fu popolata da eremiti anche provenienti dall’Oriente, e per questo il celebre orientalista Giuseppe Tucci definì l’Abruzzo il “Tibet d’Europa”, quasi a sottolineare come la testimonianza cristiana degli eremiti fosse anche la più idonea a dialogare con le grandi spiritualità e religioni orientali. Laddove la forte valorizzazione dell’uomo come persona, unica e preziosa, ha fatto della spiritualità eremitica un importante punto di riferimento delle culture e delle filosofie personaliste occidentali, attente a valorizzare la dignità e i diritti di ogni singola persona.

Alla morte del papa Niccolò IV, nel 1292, il Conclave non riuscì ad eleggere il nuovo papa, sia a causa di un’epidemia di peste, sia per le conseguenze politiche legate all’occupazione aragonese della Sicilia, che comportò divisioni tra gli Stati europei. A motivo della centralità anche politica della Chiesa, occorreva un papa che fosse esperto di diritto, quale sarà il successore di Celestino, ovvero Bonifacio VIII.

I cardinali, ridotti di numero e divisi da diversa nazionalità, decisero allora di designare un uomo la cui santità superava le divisioni politiche e il 5 luglio del 1294 elessero il santo eremita Pietro del Morrone, che lo stesso re Carlo II d’Angiò e suo figlio Carlo Martello andarono a prendere nell’eremo di Sant’Onofrio, per condurlo a dorso di un asino alla basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove il 29 agosto 1294 venne incoronato papa con il nome di Celestino V.

È noto come il 13 dicembre dello stesso anno Celestino si dimise, scrivendo che era «spinto da legittime ragioni, per umiltà e per desiderio di miglior vita, per obbligo di coscienza oltre che per la scarsità di dottrina, la debolezza del mio corpo e la malignità del mondo, al fine di recuperare la tranquillità perduta». A differenza di Dante, che alluse al “gran rifiuto”, Francesco Petrarca nel De vita solitaria, scrisse che egli «fuggì, con tanto giubilo, mostrando tali segni di letizia negli occhi e nella fronte […] tanto che gli sfolgorava in viso qualche cosa d’angelico».

Nei pochi mesi del suo pontificato Celestino fece una cosa memorabile ed ancora oggi pienamente in vita: donò alla città de L’Aquila la “Bolla della Perdonanza”, anche come segno di conciliazione tra potere secolare ed ecclesiastico, ma che soprattutto anticipava il Giubileo cristiano che verrà inaugurato nel 1300 da Bonifacio VIII.

«Celestino Vescovo servo dei servi di Dio, – egli scrive nella Bolla – a tutti i fedeli di Cristo che prenderanno visione di questa lettera, salute e apostolica benedizione […] in ogni ricorrenza annuale della festività assolviamo dalla colpa e dalla pena, conseguenti a tutti i loro peccati commessi sin dal Battesimo, quanti sinceramente pentiti e confessati saranno entrati nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio dai vespri della vigilia della festività di San Giovanni fino ai vespri immediatamente seguenti alla festività».

L’indulgenza plenaria, che veniva concessa solo ai crociati, e che Bonifacio VIII legherà all’anno giubilare, Celestino la concedeva annualmente, come avviene anche oggi con grandissima partecipazione di persone provenienti da numerosi paesi.

Come ha ricordato papa Francesco, «la misericordia, l’indulgenza, la remissione dei debiti, non è solo qualcosa di devozionale, di intimo, un palliativo spirituale, una sorta di olio, che ci aiuta ad essere più soavi, più buoni. No! È la profezia di un mondo nuovo, misericordia è profezia di un mondo nuovo in cui i beni della terra e del lavoro siano equamente distribuiti e nessuno sia privo del necessario, perché la solidarietà e la condivisione sono la conseguenza concreta della fraternità».

Il vero amore, ci ricorda papa Francesco, nasce solo dalla santità, che genera rapporti nuovi e una nuova società: «L’amore come forza di purificazione delle coscienze, forza di un rinnovamento dei rapporti sociali, forza di progettazione per un’economia diversa, che pone al centro la persona, il lavoro, la famiglia, piuttosto che il denaro e il profitto».

La strada dell’amore “non è quella del mondo”, ma “è buona per tutti”; e poiché “sappiamo che siamo peccatori” e che siamo sempre tentati di non seguirla, “ci affidiamo alla misericordia di Dio”. Questo è il senso della Perdonanza Celestiniana, scrive papa Francesco: «Queste due cose: convertirsi e fare opere di misericordia. Questa è proprio la musica, per così dire, di quest’anno, di quest’anno giubilare, di questo anno Celestiniano».

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