Attualità della città di Maria
Gli anni ’50 del secolo scorso sono un decennio strano. Il patto che era alla base della redazione della Costituzione, già nel 1948 perde la sua forza, lasciando il nostro Paese orfano della collaborazione fra le due grandi tradizioni politiche popolari.
In quegli anni, però, non mancano voci inquiete e profetiche che invitano a sognare più in grande, a ricercare cooperazione e pace vera: Giuseppe Dossetti, Adriano Olivetti, don Zeno Saltini, Aldo Capitini, Igino Giordani. Figure inascoltate o non comprese, talvolta esiliate dall’arena pubblica.
Una donna, Chiara Lubich, grazie al libro Una città tutta d’or, di Lucia Abignente e Giovanni Delama (Città Nuova 2019, euro 22,00), va oggi collocata fra quelle voci profetiche che partecipano – ognuna a suo modo – alla ricostruzione del Paese, ma conoscono poi un tempo di “oscuramento”.
È sintomatico infatti che la grande “incubazione” del Movimento dei Focolari, pronto ad uscirne negli anni ’60 come “Opera di Maria”, si realizzi lungo gli anni ’50 in un mondo piccolo e in disparte, a Primiero, oasi montana, alpeggio aspro e silenzioso, impoverito dall’emigrazione.
Lo stile di vita sperimentato fino ad allora nelle poche e piccole comunità del focolare, seme sperso nelle città di Trento e Roma, trova nella conca del Primiero ariosità, armonie e proporzioni confacenti allo sviluppo del giovane “popolo di Chiara”.
Da allora la vacanza estiva sarà: città di Maria. Una novità destinata a ripetersi di anno in anno, per poi morire e quindi moltiplicarsi. Tutto è presente in embrione in quei primi 10 anni: dall’internazionalità alla stampa, dai complessi musicali alla rivoluzionaria attenzione ai bambini, dalla comunione dei beni allo spazio dialogante assegnato alla politica. E la centralità di una donna, Chiara, che tutto ordina e conduce, in silenzio.
Primiero è come un laboratorio. Negli stessi anni, nelle stanze romane del Sant’Offizio e poi in quelle della Conferenza episcopale italiana, si inasprisce il «conflitto ecclesiale attorno alla modalità comunicativa di Chiara». Non è un caso che Lucia Abignente sia autrice anche del libro precedente a questo: Qui c’è il dito di Dio ripercorre infatti, in quegli stessi anni, il discernimento del carisma dell’unità da parte della Chiesa.
Il testo Una città tutta d’or prende le mosse e si chiude proprio nel momento drammatico fra le ultime due Mariapoli, 1958 e 1959, quando si prospetta lo scioglimento del Movimento. I due libri quindi dovrebbero essere letti in parallelo: al crescere del fenomeno delle Mariapoli (Una città tutta d’or) corrisponde la difficoltà per l’approvazione (Qui c’è il dito di Dio). La festa in Primiero, però, non ne è guastata, anzi. La profezia diventa certezza del destino inarrestabile della “città di Maria” proprio quando tutto finisce, quando arriva la proibizione di continuare e il conseguente sacrificio della “città temporanea”, accolto con un corale “sì”. La Mariapoli del 1959 sarà infatti l’ultima. Un vero e proprio “martirio collettivo”, da approfondire dal punto di vista sociale e psicologico.
Quello di Chiara è un carisma civile, sfidato dalle domande del presente. E la Mariapoli non nasce per un disegno a tavolino o per un’élite: è utopia concreta, creatura viva che si lascia scoprire più che progettare. Lo spartito è in Cielo. E quando la città di Maria unica sulle Dolomiti finisce, non c’è rimpianto. Chiara sembra addirittura prevedere quello che sarebbe seguito, spiegando che la “Gloria di Dio” deve irraggiare, perché una città non basta!
“Cittadella” è il nome delle Mariapoli “permanenti” sorte nel decennio successivo, con la prima a Loppiano. Il termine richiama le abbazie medievali, motore di rinnovamento economico e sociale, ma dice anche appartenenza da separare e da difendere, come fu per le città murate del frazionamento politico comunale.
Ciò che la pagina poetica La città tutta d’or esprime in visione, si invera nell’ultimo decennio della vita di Chiara. Il “disegno” storico delle Mariapoli si universalizza e arriva a coinvolgere tutte le città: ognuna può essere una Mariapoli, purché qualcuno (due o più) mantenga il fuoco acceso. Questa è l’attualità della città di Maria.
Ecco perché abbiamo tanta gratitudine per questo libro. Ci conduce nel dispiegarsi del “sogno dei sogni”. Ci fa scoprire la nostra grande o piccola comunità civile come il luogo in cui esercitarci ad essere molti e uno.