Attualità del sogno africano
«A quando Africa?», si chiedeva con un suo libro-intervista Joseph Ki-Zerbo, storico burkinabé e coniatore del concetto di “sviluppo endogeno”.
«A quando l’Africa?» è una domanda che molti preferiscono evitare, tanto l’Africa sembra priva di futuro, apparentemente condannata a rimanere oggetto della storia, ancora predata da potenti gruppi esterni e da lotte interne; incapace di trovare una sua unità e una propria identità, troppo spesso governata da classi politiche convinte che ci sia poco da recuperare dalla “cultura africana”.
Ma questa stessa domanda si sono posti alcuni studenti africani iscritti all’Università di Firenze, consapevoli delle potenzialità della “madre di tutti i Continenti” che, secondo le previsioni, nel 2050 raddoppierà la sua popolazione. «A quando l’Africa?».
Chiediamo a Constant Nzimbala, congolese della Repubblica Democratica del Congo, neolaureato in geologia, già presidente di Usaf (l’Unione degli studenti africani di Firenze) e a Xavier Armando Mabiala (dell’Associazione culturale angolana), quale sia l’obiettivo del convegno da loro promosso il 13 giugno 2018.
Constant. Abbiamo voluto inserirci nelle celebrazioni della cinquantacinquesima Giornata dell’Africa, che prende vita dalla creazione dell’Organizzazione dell’Unione africana, avvenuta il 25 maggio del 1963 ad Addis Abeba, con l’adesione di 30 dei 32 Stati indipendenti dell’Africa. Oggi, più che mai, di fronte a un’Africa espropriata e divisa, desideriamo essere protagonisti del sogno dell’unità africana, che fu proprio di grandi personalità come Césaire, Senghor, Lumumba, Tévoedjrè, Mandela, Tutu e molti altri.
Xavier. Con questo incontro, abbiamo voluto suscitare e continuare un confronto tra giovani che facciano proprio e orientino il profondo cambiamento del Continente, tale da ridimensionare gli equilibri planetari. L’Africa così ricca di risorse e con una popolazione in forte aumento, deve avere un ruolo nel contesto internazionale. Noi vogliamo che favorisca il benessere per tutti, la giustizia, la pace. L’Africa è un continente ricco di risorse naturali e in cui la solidarietà è ancora viva, ma è costretta a importare i prodotti industriali e la tecnologia; dipende da tutti e ci sono generazioni di africani che non conoscono quasi niente del proprio passato e delle proprie radici culturali. Il convegno è stato un tentativo per sollecitare il recupero di questo gap culturale e favorire l’impegno comune per l’Africa dei giovani che si stanno formando all’estero, di fronte a una nuova pericolosa spartizione dell’Africa, che favorisce guerre e non porta sviluppo, da parte di coloro a cui non interessa minimamente il bene dei popoli.
Perché avete chiesto ospitalità al Centro internazionale studenti La Pira?
Xavier. Anzitutto per una ragione storica. Le prime associazioni di studenti africani a Firenze, hanno avuto sede al centro. Qui gli studenti internazionali hanno sempre trovato una porta aperta. E poi c’è da ricordare l’amicizia e la comune visione tra il sindaco Giorgio La Pira e il presidente Léopold Sedar Senghor.
Infatti, La Pira coltivava l’idea di riunire a Firenze i dirigenti dei nuovi Stati africani indipendenti e, nel 1962, aveva chiesto a Senghor (il poeta-presidente del Senegal) di rivolgere, da Palazzo Vecchio, il messaggio dell’Africa ai Padri che si stavano riunendo a Roma per il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo. La Pira fu poi invitato al convegno dei capi di Stato africani che si tenne a Dakar.
Constant. La storia del presente e il futuro del Continente africano deve suscitare l’interesse dell’umanità intera, soprattutto della gioventù, perché il Continente, riscrivendo la sua storia potrà contribuire a riportare al mondo un nuovo equilibrio. Per questo, vogliamo trovare risposta a tante domande: dove stiamo andando noi giovani africani della diaspora, quale può essere il nostro contributo di potenziali persone-ponte per lo sviluppo sociale, economico, politico, spirituale, relativo ai diritti, alla democrazia? In un mondo globalizzato, l’Africa da sola non può farcela. Ci piacerebbe sollecitare la politica italiana ed europea per favorire investimenti per la formazione, le esperienze in azienda, la cooperazione, per lo sviluppo autonomo del Continente, perché ci sia giustizia e benessere per tutti. La conseguenza è la pace.