Attentato in Thailandia. Perché?

Il luogo dell'esplosione, vicino al tempio di Erawan, nel cuore di Bangkok, è ritenuto sacro ed inviolabile dalla popolazione ed è da sempre meta dei turisti. Mentre i thailandesi cercano di andare avanti compatti, la polizia continua ad indagare
Una donna prega nel tempio di Erawan dopo l'attentato foto Ap

Perché? È la domanda che continuo a ripetermi e come me, penso, tantissima gente nel mondo: perchè quest’attentato? Perchè colpire quel luogo, il tempio di Erawan, che i Thailandesi reputano un luogo sacro ed inviolabile­, meta giornaliera di visite e preghiere? Nessun thai, penso, possa avere il coraggio di profanare un luogo così speciale, dove da generazioni le persone venerano Phra Phrom, la rappresentazione thai di un dio Hindu della creazione, il dio Brahma. Ad ogni modo, nella credenza popolare, mai si può distruggere un luogo venerato e santo, se non con gravi conseguenze personali e per la propria famiglia.

 

Costruito nel 1956 per scacciare un ‘cattivo karma’ legato al luogo (l’incrocio di Ratchaprasong era usato in tempi antichi per esporre al pubblico i criminali), diventò ben presto una meta di preghiere, offerte e poi d’attrazione turistica sia per i thai che per stranieri, soprattutto per quelli di origine cinese: singaporiani, taiwanesi, malesiani, indonesiani, della Cina continentale e di Hong Kong. Al momento attuale, i turisti di origine ‘cinese’ rappresentano la più grande fonte di guadagno per il turismo della Thailandia.

 

Il tempio di Erawan è un luogo affollato fin dal primo mattino, soleggiato, con danzatrici ‘sacre’, con musica sacra tipica thai e una quantità incredibile d’incenso bruciato nell’aria e di fiori offerti al dio Brahma: è una festa di cultura, religioni e colori giornaliera, sicuramente uno dei luoghi pubblici più conosciuti, fotografati e frequentati di Bangkok.

 

Colpire questo luogo significherebbe, per un thai, assicurarsi la sfortuna per questa vita e per molte altre, nonché per i propri familiari, per generazioni e generazioni. L’incrocio di Ratchaprasong, dove è situato il tempio di Erawan, rappresenta anche un luogo con un alto significato politico per la nazione; nella storia recente è stato letteralmente ‘preso’ nel 2010 dalle camice rosse (che appoggiano Taksin Shinawatra e la sua famiglia) all’inizio della loro rivoluzione contro il governo di Aphisit Wejjajiva, primo ministro dal 2008 al 2011 e attuale capo del parito democratico. Fu occupato per mesi con gravi disagi per tutta la capitale, poi il 19 maggio 2010 i militari ripresero il possesso del famoso incrocio con la forza e non senza spargimento di sangue.

 

Ratchaprasong fu poi occupato dall’altra fazione politica, le camice gialle, verso la fine del 2013 fino al maggio del 2014, quando i militari fecero il colpo di stato e instaurarono il presente governo. Insomma, ‘toccare’ Ratchapransong vuol dire fare politica e di quella ‘pesante’; mettere un ordigno al tempio di Erawan vuol dire attaccare l’industria del turismo che è la spina dorsale dell’economia del paese e dare un segno politico; direi sfidare l’intera nazione thailandese, dimostrando che non si teme nessuno, né il sacro come il dio Brahma né tanto meno il profano, come una giunta militare.

 

Perchè, vien da chiederci, questa lotta politica senza esclusioni di colpi? Un attentato del genere è indubbiamente un grande dolore per tutta la nazione thailandese. Nella storia Thai, questo è l’attacco terroristico più forte, più scioccante della città di Bangkok. Un attentato che ha fatto subito il giro del mondo e che colpisce non solo la migliore industria thailandese che conta arrivi per circa 30,5 milioni di vacanzieri all’anno: tutta la nazione è colpita nel suo intimo.

 

Al momento in cui scrivo quest’articolo non ci sono notizie certe sull’autore o sugli autori materiali (si parla di 3 persone) e tanto meno dei mandanti dell'attentato. Ci sono delle persone sospettate, ma le ipotesi sono molte, come le teorie politiche che si accavallano dando la colpa a questa o quella fazione politica. Una cosa è certa; che la gente, la nazione sono state ferite, spaventate nella loro anima gentile ed educata, nella loro credenza popolare. Non si è più sicuri nemmeno a Bangkok.

 

La risposta della gente è stata univoca; unirsi per pregare per la nazione, per i morti, per curare i feriti, "affrontando il pericolo col sorriso", come è stato detto dal primo ministro, Prayut Chan-O-Cha. La nazione sta rispondendo bene, come sempre ha dimostrato nei momenti duri e difficili della sua storia, del resto. Spontaneamte centinaia di cittadini sono andati a donare il sangue presso la croce rossa; ci sarà una preghiera in questi prossimi giorni, con le 5 maggiori religioni del paese (Buddhismo, Islam, Cristianiesimo, Hindu, Sick). Lo slogan che i telegiornali mandano in onda è: "la nostra casa, il nostro paese, tutti insieme siamo più forti". Direi una risposta che sono un popolo come quello Thai è capace di dare.

 

Intanto si pregano i morti e si curano i feriti: e la gente è ritornata, appena riaperto il piccolo tempio, a pregare ed offrire fiori. Bisogna andare avanti e continuare acredere e costruire una società dove la tolleranza sia la norma; dove la lotta politica non baratti le vite innocenti dei cittadini e dei turisti con il potere; dove la gente si rispetti. È necessario andare avanti in questi momenti difficili, di odio e di sospetto. Bisogna mettere l’amore dove qualcuno vorrebbe diffondere l’odio. Questo è l’esempio che oggi ci dona la Thailandia col suo splendio popolo. La nostra redazione si stringe unanime col popolo thailandese per dare tutto il proprio supporto d’affetto e di stima.

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