Attacco suicida in Kashmir

Quaranta militari uccisi sul colpo ed altri 4 morti nelle ore successive: questo il tragico bilancio, almeno fino ad ora, dell’attacco terroristico più drammatico compiuto nella martoriata regione del Kashmir

Teatro dell’attentato è Pulwama, una cittadina di poco più di 15 mila abitanti a meno di 25 km da Srinagar, la capitale estiva dello Stato del Kashmir. Un’auto piena di esplosivo guidata da un giovanissimo terrorista suicida ha fatto saltare in aria un convoglio di militari dell’esercito regolare dell’India.

La storia di questo angolo dell’India, uno dei più belli perché incastonato nella catena dell’Himalaya, all’estremo Nord del Paese, è al centro di un contenzioso che dura dall’indipendenza di India e Pakistan, risultato di una partizione arbitraria su basi religiose voluta dagli inglesi alla fine degli anni ’40. Il controllo del territorio del Kashmir, rimasto quasi interamente all’India sebbene in maggioranza musulmano, è reclamato dal Pakistan proprio sulla base dell’adesione religiosa della popolazione della regione. In questi 70 anni si sono susseguite varie guerre fra i due Paesi e non mancano continue scaramucce in un drammatico conflitto di posizione sempre latente, combattuto anche sui grandi ghiacciai himalayani a temperature impossibili.

Negli anni si sono susseguiti numerosi tentativi di stabilire l’indipendenza e il conflitto latente, a cui si accennava, e alcune vere guerre combattute anche solo per pochi giorni dai due Paesi hanno provocato decine di migliaia di morti, di cui la maggior parte tra i civili. La situazione non è mai stata risolta, anche per interessi di entrambi i Paesi a tenere aperto un conflitto che, nei momenti di rispettive crisi interne, è sempre risultato la carta vincente per coagulare l’opinione pubblica nazionale. Dopo alcuni anni relativamente tranquilli, la tensione ha cominciato a crescere nuovamente nel 2016, in occasione della morte di Burhan Wani, il separatista kashmir ucciso dalle forze militari indiane. Anche in quell’occasione, i militanti separatisti si erano vendicati con una operazione terroristica contro i militari dell’esercito regolare indiano, entrando nella base militare di Uri dove avevano ucciso 18 soldati. Sono seguiti mesi molto difficili per l’intera popolazione del Kashmir con un serrato coprifuoco e un’escalation di tensioni.

India Kashmir Explosion

Dopo l’attacco di Pulwama, come era prevedibile, sono subito scattate le accuse dell’India nei confronti del Pakistan con presa di posizione del governo di Delhi che ha affermato che farà di tutto per isolare il vicino a livello internazionale. D’altra parte, il governo di Islamabad ha condannato l’atto terroristico che è stato, tuttavia rivendicato dall’Isi, nota organizzazione militante che da anni insanguina l’India con attentanti di matrice politico-religiosa. Si ricorderà la spettacolare azione portata a termine, nel novembre del 2008, da terroristi parte di questa organizzazione a Mumbai dove morirono anche turisti in un attacco al Taj Mahal Hotel della metropoli indiana.

L’operazione terroristica di questi giorni avviene in un momento molto delicato della vita socio-politica dell’India, dove, negli ultimi tempi, il dibattito politico è diventato aspro e teso, soprattutto in vista delle prossime elezioni generali di maggio, che fino a qualche mese fa sembravano essere facile appannaggio di Modi e del suo partito, il Bharatya Janata Party (BJP), attualmente al potere. Il cammino di avvicinamento alla tornata elettorale della prossima estate (maggio nel sub-continente è il mese più caldo) è diventato più complesso negli ultimi mesi dopo la sconfitta del governo nelle elezioni locali in alcuni degli Stati indiani. La questione Kashmir, inoltre, da sempre rappresenta un dossier delicato e, spesso, chiave nell’approssimarsi delle consultazioni politiche e questa operazione terroristica rischia di gettare la nazione in una pericolosa situazione caotica.

Intanto la polizia e i servizi segreti indiani hanno appurato che il sabotatore suicida è un giovane 19enne, Adil Ahmad Dar, che con tutta probabilità rappresenta l’emblema di come l’indottrinamento possa trasformare un musulmano credente in un terrorista senza scrupoli. I parenti del giovane hanno dichiarato alla stampa locale che Adil era da sempre un musulmano che si ispirava al movimento sufi e che solo recentemente si era schierato su posizioni più violente. Il gruppo terroristico Jaish-e-Mohammad, che propone l’ideologia violenta a cui si ispirano queste operazioni, segue la tradizione nota in India e Pakistan come Deobandi Movement, molto distante dalle posizioni sufi, che si ispirano a un Islam mistico. Il gruppo di cui faceva parte Adil, il Barelvis Movement, incoraggia pellegrinaggi verso luoghi sacri e visite a santuari e moschee, atteggiamenti ben lontani dalla violenza del terrorismo militante. Non solo il giovane seguiva questa tendenza musulmana, ma l’intero villaggio da cui proviene, hanno dichiarato i suoi parenti, è influenzato da questa tradizione sufi e ne segue le pratiche religiose. Ovviamente il giovane era stato coinvolto in uno dei numerosi processi di indottrinamento che le organizzazioni dei terroristi che si ispirano al jihad violento islamista hanno messo in moto all’interno dell’Islam del Kashmir.

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