Attacco alla cattedrale, la protesta del patriarca Tawadros II
«Vogliamo fatti, non solo parole. Il presidente Morsi ha promesso di fare qualsiasi cosa per proteggere la cattedrale, ma in realtà ciò non è mai avvenuto. […] La giustizia celeste dirà la sua parola al momento opportuno». Con queste parole forti e dirette il patriarca copto-ortodosso Tawadros II ha puntato il dito verso il presidente Morsi e la sua politica, dopo gli assalti ed i morti dei giorni scorsi, che hanno ulteriormente aggravato la situazione di disagio e paura sul proprio futuro della comunità cristiana in Egitto.
La dichiarazione del leader religioso cristiano che dal momento della sua elezione ed installazione, alla fine del 2012, non aveva mai usato parole così chiare per bollare una situazione sempre più precaria, è stata rilasciata nel corso di una intervista alla tv privata ONTV. In questi giorni, infatti, centinaia di giovani cristiani e musulmani hanno organizzato una manifestazione di protesta contro gli attacchi subiti dai cristiani che hanno interessato le loro proprietà e i luoghi di culto, ma anche nel tentativo di rilanciare il dialogo per arrivare ad una unità fra le due componenti della società egiziana.
Dopo gli scontri e le morti dei primi giorni di aprile, Morsi aveva rilasciato una dichiarazione ufficiale, in cui affermava che ogni attacco alla cattedrale copto-ortodosso era un attacco alla sua persona. Molti avevano già letto in queste parole un’affermazione di circostanza. Il patriarca è intervenuto chiaramente contro il presidente, ritenendo Morsi responsabile di quanto accaduto.
«Il suo comportamento rientra nella categoria della negligenza e della cattiva valutazione degli eventi. In duemila anni la nostra cattedrale non ha mai subito un attacco del genere», ha sottolineato Tawadros II, che si è rivolto alle autorità del Paese perché sappiano prendere una posizione precisa. «La situazione ha varcato i limiti della libertà di espressione e ha raggiunto un livello di caos insostenibile». L’attacco durante i funerali di alcune vittime di scontri dei giorni precedenti è avvenuto, infatti, presso la cattedrale di San Marco ad Abbasiyya, quartiere semicentrale del Cairo. Nonostante gli appelli alla calma e la promessa da parte del presidente Morsi di misure di sicurezza straordinarie, i fedeli riuniti per il funerale sono stati presi di mira con lanci di pietre e due persone sono rimaste uccise. L’azione è grave perché terminata tragicamente, ma anche perché portata nelle vicinanze di un luogo di preghiera, che è pure la residenza del Papa di Alessandria.
In quanto alla proposta presidenziale di rilanciare il defunto Comitato per la giustizia e l'uguaglianza, Tawadros II ha sottolineato che «di comitati e gruppi ce ne sono già abbastanza, ma nessuno di essi ha lavorato davvero sul campo. Abbiamo bisogno di azioni e non di parole».
Intanto l’agenzia Asianews ha messo online immagini amatoriali girate da alcuni attivisti della Maspero Youth Union, che mostrano la violenza degli scontri del 7 aprile, con decine di estremisti che cantano slogan anti-cristiani, incitando all'odio verso la minoranza. In un filmato alcuni sconosciuti a volto coperto sparano dall'alto di un terrazzo contro i cristiani.
La rivista Oasis riporta un’interessante analisi della situazione attuale per cui qualsiasi avvenimento, non è mai quello che sembra. La responsabilità sta sempre nella parte avversa. Nell’attentato della Chiesa dei Due Santi nel Capodanno copto del 2011 furono invocate «mani straniere», ma emerse, poi, che la mano era quella di agenti provocatori dell’allora ministro degli Interni.
Molti in Egitto vorrebbero ancora credere o far credere che la violenza non riuscirà a scuotere l’unità nazionale. Ed wahda, “una mano sola”, è stato uno degli slogan della rivoluzione e continua ad essere ripetuto. Ma l’unità nazionale – sottolinea Oasis – presuppone il principio di cittadinanza e non una Costituzione che sembra fatta apposta per dividere. Infine, non si può accettare un attacco a luoghi di culto e, come nel caso della cattedrale di San Marco, al simbolo della Chiesa Copto-ortodossa, oltre che residenza del suo patriarca, papa di Alessandria. La domanda continua ad essere quella già più volte presentata in nostri articoli precedenti e confermata da voci di persone che vivono al Cairo: dov’erano e dove sono le forze di sicurezza?
Gli ultimi avvenimenti e quelli di un mese fa, successivi alle condanne a morte per gli incidenti allo stadio durante una partita di calcio, puntano il dito sulle responsabilità delle autorità governative e su quelle che comandano le forze dell’ordine. La situazione del Paese pare sfuggire sempre più al controllo sia degli islamisti che dei liberali, oltre che ad essere in balia di una crisi economica gravissima, con continui tagli dell’elettricità, mancanza di beni di prima necessità e scioperi che paralizzano il Paese.
Ovviamente, come più volte persone residenti al Cairo mi hanno confermato, ci sono segni di collaborazione tra musulmani e cristiani. Molti, fra gli stessi musulmani, sanno bene che anche gli ultimi incidenti sono stati una provocazione per distrarre l'attenzione da altre tensioni. Gli stessi Fratelli Musulmani, è una convinzione di chi vive al Cairo, non hanno alcun interesse a provocare situazioni che li mettano ulteriormente in cattiva luce davanti all'opinione pubblica occidentale ed i cristiani non hanno mezzi sufficienti per creare reazioni violente. Eppure, purtroppo, la violenza si va mostrando sempre più esplosiva e pericolosa e la fiducia nei confronti del governo è ormai erosa con una situazione economica e sociale in costante degrado.
Il problema che investe l’Egitto va al di là del Paese e sempre più diventa parte del grande nodo medio-orientale.
Fonti: Oasis, AsiaNews oltre a fonti locali