Atene, Roma e la cittadinanza

La democrazia è tuttora un cantiere aperto e non è nemmeno il sistema di governo adottato universalmente.  Proponiamo un viaggio nella storia con attenzione alla realtà attuale
Atene Antica Grecia Foto di Gonbiana da Pixabay

Alle prese con quel giovane esperimento democratico che si chiama Unione Europea, viene naturale ritornare alle origini della parola democrazia, un concetto che non è più un esclusiva del vecchio continente ma che qui è stato inventato.

In questo viaggio nello spazio e nel tempo ci guida il politologo francese Yves Mèny che con “Le vie della democrazia” pubblicato da Il Mulino, ha ripercorso luoghi ed eventi che hanno portato alla maturazione di questa idea, così decisiva per la nostra vita.

Partiremo da Atene e Roma per arrivare a Bruxelles, passando per Londra, Parigi, Worms, Torino e Siena, San Pietroburgo, con un salto oltre l’Atlantico a Filadelfia. In ognuno di questi luoghi scopriremo parole speciali che hanno fondato e arricchito la democrazia, dalla cittadinanza alle donne, dalla sovranità alle costituzioni.

Possiamo parlare di democrazia “tout court”? Scopriremo nel nostro viaggio che in realtà ci sono state e ci sono tante varianti e tante componenti. La democrazia è tuttora un cantiere aperto e non è nemmeno il sistema di governo adottato universalmente.

Se guardiamo all’” Indicatore di Democrazia” (dati 2022) elaborato dalla rivista inglese The Economist, sulla base di una serie di indicatori (processo elettorale e pluralismo, libertà civili, funzione del governo, partecipazione politica e cultura politica) su 167 Paesi solo l’8% sono considerati “democrazie complete”, il 37.3% “democrazie incomplete”, il 17.9% sono “regimi ibridi” ed il 36.9% sono regimi “autoritari”.

In questo quadro è ancora tutta aperta la sfida di tradurre la democrazia, nata in occidente, in contesti culturali diversi come quello africano.

Tornando al nostro percorso, i primi tentativi hanno duemila anni ma solo negli ultimi duecentocinquanta la democrazia ha codificato concetti come popolo, nazione, sovranità, divisione dei poteri.

Delle mille città-stato greche, che con la varietà di esperienze di governo, hanno fatto da laboratorio per l’idea di democrazia, noi conosciamo soprattutto Atene e la sua collina Pnice sull’Acropoli nella quale si riuniva l’assemblea dei cittadini, l’Ecclesia.

Qual è la grande innovazione iniziale della democrazia greca? Il potere non si origina da un dio ma la sovranità risiede nel popolo. Ecco l’etimologia di democrazia, il demos – popolo, il kratos – potere.

Per la prima volta viene riconosciuta la cittadinanza come diritto e dovere di esercitare il potere. Uno status, che per quanto assegnato solo ad una piccola parte della popolazione (ca. 1%), era molto esigente. Nella democrazia “diretta” greca si partecipava alle decisioni ma anche alla loro attuazione nelle dimensioni civili, ad esempio in magistratura, e militari, combattendo.

Data la coscienza dei costi di partecipazione, da Pericle in poi venne previsto un indennizzo finanziario pari al corrispettivo di una giornata di lavoro. Giova ricordare che quella che oggi conosciamo come una manifestazione sportiva, era la distanza di oltre 40km. per raggiungere la Pnice da parte dei cittadini di Maratona.

Dicevamo della concezione molto ristretta della prima cittadinanza ateniese. Si era cittadini per nascita (ius sanguinis) o naturalizzazione. Erano esclusi gli stranieri, gli schiavi e le donne. Per l’accesso di queste ultime alla cittadinanza dovremo aspettare il 1789 e ne parleremo nella nostra tappa parigina.

E sta proprio, secondo gli storici, nella natura ristretta la grande debolezza della cittadinanza greca. C’è una semplice equazione: pochi cittadini uguale pochi soldati. Una condizione che avrebbe reso agevole la conquista romana delle polis greche.

Di segno diverso è la concezione romana della cittadinanza. I nostri progenitori erano molto interessati all’integrazione dei popoli conquistati cui estendevano la status di cittadini. E in questo ampliamento includevano anche gli schiavi liberati.

Certo nel tempo Roma avrebbe, per i popoli vinti, dissociato la cittadinanza giuridica da quella politica – civitas romana sine suffragio – riproponendo una restrizione alla democrazia. D’altro canto i romani conobbero la repubblica – Res Publica – un’esperienza diversa dalla prima democrazia ateniese, in cui il governo era un mix fra la dimensione aristocratica del Senato e quella popolare – Senatus Populosque Romanus come troviamo scritto in molti edifici dell’Urbe.

Come Pnice ad Atene anche Roma vanta un colle significativo, l’Aventino dove i plebei nel 494 a.c. si ritirano a causa di promesse non mantenute dai patrizi, rifiutandosi così di partecipare alla guerra contro i Volsci. Aventino sarebbe così diventato sinonimo di astensione volontaria dalla vita politica come forma di protesta, anche questa espressione di cittadinanza.

Se la democrazia ateniese era tendenzialmente “diretta”, quella romana assumeva una forma “rappresentativa-elitaria”. Quindi Greci e Romani, pur partendo dallo stesso concetto di cittadinanza hanno sviluppato istituzioni e percorsi politici profondamente diversi.

Dopo duemila anni il dibattito sulla cittadinanza è tutt’altro che sopito. Segno anche del grande valore di questo status, tanto che molti Paesi ne limitano l’estensione agli stranieri ed alcuni paesi come Malta lo mettono in vendita.

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