Atene, Onu,Internet e Bologna
Quale l’utilità di un incontro non designato a prendere decisioni e non autorizzato a fornire linee guida o raccomandazioni? Forse un contentino alla società civile che già da Ginevra e Tunisi (ne abbiamo già parlato) faceva pressione per essere ascoltata? Tanto poi, come sempre, le decisioni si sarebbero prese altrove… Invece no, qualcosa di nuovo è accaduto all’Internet Governance Forum (Igf) di Atene, dal 30 ottobre al 2 novembre 2006. Città nuova n.2 2007 32 Immaginate quattro giornate intense in cui 1500 persone provenienti da un centinaio di nazioni, che rappresentano governi, aziende, organizzazioni internazionali, istituti di ricerca e accademie, ong e società civile (senza dimenticare quanti vi partecipavano virtualmente in Rete) cercano accordi su un tema serio quale il governo della Rete. Già questa è una novità, una prima volta per le Nazioni unite, un esperimento di dialogo. Come conseguenza di questa partecipazione così varia, il forum si è articolato in tavole rotonde multi-stakeholder, termine che vuol dire semplicemente che chi ha degli interessi non pretende di avere ragione da solo e decide di non agire con la forza per imporre il proprio punto di vista, ma accetta la discussione e il dialogo. A ben guardare, questa è proprio una delle fondamentali acquisizioni dovute alla Rete: ogni processo che vuole utilizzare le nuove tecnologie a favore dello sviluppo globale, per avere successo deve essere frutto della collaborazione e dell’accordo tra governi, aziende, società civile e altre entità interessate. In queste tavole rotonde non si è menato il can per l’aia: si sono trattati argomenti che interessano in fondo noi tutti, o quasi: ad esempio la libertà di espressione e la libera circolazione di informazioni e conoscenza sulla Rete; oppure la sicurezza e l’affidabilità di Internet, senza dimenticare la tutela della privacy e la lotta ai diversi tipi di crimine informatico (adescamenti pedofili o a sfondo pornografico, imbrogli finanziari, diffamazione…). Si è pure parlato del rispetto delle diversità e della promozione del multilinguismo; per finire col diritto all’accesso alla Rete per tutti, il che implica la riduzione dei costi di connessione e l’utilizzo di standard aperti, cioè di piattaforme tecniche che permettono ai vari servizi offerti di interagire tra di loro. E tutto ciò sia che si scelga di usare software firmato (o proprietario, come l’universalmente conosciuto Windows per intenderci) che software libero (come Linux, invece, vivamente consigliato da tanti). Che si vada avanti lo dice la vicenda di Icann, cioè l’autorità che assegna gli indirizzi Internet (ad esempio il nostro www.cittanuova.it). Dopo che nei primi tre anni di lavoro sul governo di Internet c’era stato appena il tempo di iniziare il dibattito tra chi sosteneva il ruolo determinante di Icann (controllata dagli Stati Uniti) e chi invece voleva una gestione più democratica e aperta (meno statunitense), con il tempo, il dibattito che si era arenato su chi comanda Internet, si è invece spostato sul cosa e sul come va governato. Guarda caso, è stata riconosciuta una maggiore indipendenza dell’Icann dal governo Usa, come è stato messo in luce dalla partecipazione attiva della stessa Icann a tutti i dibattiti in programma, mentre in precedenza era rimasta sempre nell’ombra, come un padrone oscuro. Inoltre, se dopo Tunisi e Ginevra tanti osservatori avevano fatto presente che, come succede di solito ai summit Onu, era stata prodotta una montagna di bei documenti condivisi, senza conseguenze pratiche, lettera morta, il tempo sta mostrando che l’opinione pubblica un qualche potere di pressione ce l’ha. Prendiamo il caso Cina: Microsoft, Yahoo e Google, che si erano piegate alla censura cinese, ora vogliono rivedere i loro rapporti col gigante asiatico. E che dire del ben noto Patriot Act voluto da Bush per la lotta contro il terrorismo? Esso ha intaccato i diritti civili, e le pressioni per sopprimerlo sono ormai universali. Il governo italiano ha giocato un proprio ruolo con una proposta di rilievo, già partita a Tunisi con la campagna Tunisi mon amour in cui si chiedeva alle Nazioni unite di definire ed adottare ufficialmente una Carta dei diritti degli utenti della rete. Ma c’è di più, perché si è andati alle radici del mercato, da tanti considerato come taumaturgico: esso oggi pare in effetti reggersi sulla competizione che, per fare un solo esempio, eviterebbe i monopoli e aiuterebbe a moderare i costi. Internet ha contribuito a valorizzare non solo la competizione ma anche la cooperazione, preziosa per colmare il divario digitale nei Paesi in via di sviluppo (in soldoni, la differenza di diffusione degli strumenti informatici nel mondo tra Paesi ricchi e Paesi poveri). Per fare progredire la conoscenza serve comunione dei saperi, si dice ormai tra chi gestisce Internet. Perché la Rete stessa è frutto della cooperazione, e non esisterebbe nelle attuali dimensioni se gli inventori di Internet e del web avessero accettato di mettere un copyright su di esso. Anche NetOne, coordinamento di comunicatori promosso dai Focolari, ha partecipato attivamente al Forum di Atene, in particolare nel contribuire alle dynamic coalitions, cioè alle associazioni spontanee tra gli interessati a uno specifico argomento (la privacy, lo spam, i formati aperti…) che daranno contributi importanti in vista del prossimo appuntamento che sarà a Rio de Janeiro nel novembre 2007. Chissà che tutto ciò che ruota intorno alla Rete non sia una culla per una nuova democrazia più partecipata, una più autentica cittadinanza planetaria? BOLOGNA Cocci coniugali e diritto di famiglia Quando lui e lei non ne vogliono più sapere di stare assieme c’è la possibilità di non cercare solo il proprio interesse, ma anche quello dell’altro? Operatori della giustizia a confronto. Nei processi dove le parti si trovano l’una contro l’altra, il diritto può essere usato come strumento per creare comunione o per accentuare i contrasti. La scelta di operare in questo settore, secondo i princìpi di fraternità, ha l’obiettivo di cercare non solo il proprio interesse ma la verità e la giustizia. Inoltre, la possibilità di ascolto reciproco permetterà, inoltre, di trovare la soluzione migliore per l’una e l’altra parte. Possono sembrare illusorie teorie giuridiche ma sono indicazioni maturate da diversi operatori del diritto, nelle aule dei tribunali o negli studi degli avvocati, a contatto con famiglie che non vogliono essere più tali. Si è discusso di questi argomenti a Bologna, nel convegno Il principio di fraternità nei rapporti giuridici. Applicazioni nel diritto di famiglia, lo scorso 25 novembre, organizzato da Comunione e Diritto, che fa riferimento al Movimento dei focolari. Città nuova n.2 2007 34 Nella suggestiva Cappella Farnese a Palazzo D’Accursio, nel pieno centro di una città che negli anni ha vissuto la fraternità trasformata nel più laico principio del benessere sociale, come ha ricordato Libero Mancuso, assessore agli Affari istituzionali del comune di Bologna, si sono alternati princìpi giuridici enunciati da Maria Voce e Giovanni Caso (Comunione e Diritto) e da Andrea Nicolussi (ordinario di Diritto privato all’Università cattolica di Milano), a esperienze di vita in campo giuridico. La riflessione è stata arricchita anche dagli interventi del preside della facoltà di Giurisprudenza di Bologna, Stefano Canestrari, dell’assessore alle Politiche sociali della Regione Emilia Romagna, Anna Maria Dapporto, e del presidente della Provincia, Beatrice Draghetti. Comunione e diritto – ha insistito da parte sua Giovanni Caso, presidente onorario della Cassazione – cerca di diffondere l’idea di fraternità a partire da testimonianze personali: siamo certi che solo così si potrà arrivare ad una legislazione rinnovata . Se il diritto assumesse tra i suoi elementi ispiratori il principio di fraternità – ha detto Maria Voce – la vita della società potrebbe divenire autentica comunione, ed essere così più a misura d’uomo. Oggi, ad esempio, la persona condannata alla detenzione subisce la vendetta della società. Sarebbe interessante invece studiare come colmare la frattura creata fra la persona con la comunità, e nel conferirle la pena si potrebbe privilegiare una comunità di lavoro piuttosto che forme detentive che aggravano il problema . Per venire al tema specifico del convegno, Andrea Nicolussi ha evidenziato come il diritto si interessi alla istituzione famigliare e come la famiglia sia funzionale alla società e viceversa; da qui l’esigenza che il diritto tuteli la famiglia e la sostenga. Da parte loro, Antonio Caputo (notaio) e Annalisa Gianfelice (giudice) hanno dimostrato in modo toccante attraverso le loro testimonianze di quanto possa arricchirsi in umanità l’attività professionale verso le persone a cui è destinata.