Astor, esilio e ritorno dal mare al tango
Li restituisce il mare. Il suo rumore. Una voce antica. Poi una musica lontana estratta da un vinile. E un vivace vociare di strada. Fluttuanti a terra trasportati dal suono delle onde, gli 8 danzatori prendono lentamente vita sulle note melodiose di un bandoneón poggiato al centro della scena e preso in mano da Mario Stefano Pietrodarchi, noto musicista dello strumento da tutti conosciuto per la musica di Astor Piazzolla. Porta il suo nome, Astor (sottotitolo Un secolo di Tango), lo spettacolo del Balletto di Roma con la coreografia di Valerio Longo: un suggestivo viaggio in danza che vive delle struggenti sonorità del tango e di quel mondo musicale generato.
Si accenna ad alcuni momenti della vita del compositore argentino, alle musiche che hanno influenzato la sua formazione – da Bach al jazz – e contaminato il suo linguaggio – che dall’Argentina arriva a Parigi e in Europa – fino a farne un innovatore rompendo gli schemi della musicalità, dal “tango viejo” a quel “nuevo tango” che lo ha reso famoso. E si accenna appena al celebre ballo nato a fine ’800 nei sobborghi di Buenos Aires. Longo lo fa vivere in alcuni movimenti dei danzatori, movimenti piegati piuttosto a un ricco vocabolario contemporaneo di cui il coreografo ha fantasia e creatività in abbondanza, ritmo di linee, sinuosità, intrecci, aperture e dinamiche fisiche corroborate da un pensiero emozionale che porta il segno di un respiro corale.
Nell’evocare atmosfere e sentimenti – a cui contribuiscono le suggestive luci di Carlo Cerri, blu e rosso predominanti, e controluci con silhouette stagliate –, Longo plasma di musicalità intrinseca i corpi come strumenti che riproducono l’emozione del vissuto. Sono, quei corpi, la memoria di una storia, di un viaggio passato che ci conduce all’oggi. Sono l’eco di un tempo che è anche il nostro, di partenze e di ritorni, di attese colmate e di abbracci ritrovati, di sguardi che si incontrano, si sfiorano con un gesto e riprendono movimenti tenuti sospesi, espressi con energica gestualità, o con un leggero contatto che dice più delle parole.
È corpo danzante anche il bandoneón live di Pietrodarchi, seduto ai lati accanto a delle piccole valigie, o posizionato in piedi al centro, dialogante con i danzatori attirati in pose di ascolto o sollecitati nel loro vibrare di gesti, di prese e lift, che riempiono lo spazio scenico componendosi in assoli nostalgici, duetti sensuali, terzetti intrecciati, insiemi di coppie, di posture spezzate o all’unisono. Sempre animati dal respiro pulsante del cuore: quello che batte, nella sequenza finale, nel piccolo bandoneón che una danzatrice consegna al musicista, sfiorandolo con un tenero gesto mentre continuano a suonare nell’aria le note dell’Ave Maria di Piazzolla.
“Astor. Un secolo di tango”, concerto di danza con Mario Stefano Pietrodarchi, bandoneón e fisarmonica e i danzatori del Balletto di Roma, concept Luciano Carratoni, coreografia Valerio Longo, musica Astor Piazzolla, arrangiamenti e musiche originali Luca Salvadori, light designer Carlo Cerri, costumi Silvia Califano, regia Carlos Branca. A Roma, Teatro Quirino, dal 19 al 25 dicembre.
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