Assoluzione annullata per Gabetti e Grande Stevens
I tempi sono cambiati. Negli anni Cinquanta era più facile far valere le ragioni pubbliche verso le aziende. Il ministro degli interni, Amintore Fanfani, davanti a un licenziamento collettivo ingiustificato come quello della fonderia del Pignone di Firenze, decise di togliere il passaporto all’azionista di riferimento della Snia Viscosa che controllava l’azienda in dismissione. Una pressione che portò a salvare il lavoro, con l’intervento dell’Eni di Enrico Mattei e la conversione dalla produzione bellica a nuovi prodotti d’eccellenza.
Nella situazione attuale di mobilità estrema dei capitali, i margini operativi sono assai ridotti e l’autorità delle sentenze ne risente, come quella sull'obblgo di assunzione degli operai Fiom a Pomigliano. Ma esiste contemporaneamente, al riguardo, un’altra decisione importante che riguarda la Fiat: la Corte di Cassazione ha annullato l’assoluzione dal reato di aggiotaggio per Gabetti e Grande Stevens, due grandi consulenti e garanti della famiglia Agnelli, accusati di aver agito sui mercati in maniera illecita per assicurare il controllo della Fiat, con il 30 per cento del capitale posseduto, da parte della società finanziaria Exor, a sua volta controllata dalla società cassaforte degli eredi Agnelli e Nasi.
Senz’altro uno degli avvenimenti più importanti per il capitalismo italiano con la sua maggiore società manifatturiera, giunta ad un passo dal perdere il controllo dell’attività a favore delle banche creditrici. Anche in questo caso si tratta, perlopiù, dell’affermazione di un punto di diritto, dato che questo tipo di reato si prescrive a febbraio 2013 e per quella data è difficile che il tribunale, incaricato di giudicare nuovamente il caso, potrà giungere ad una nuova sentenza.